Leonardo

   2.  IL CINQUECENTO >> I grandi maestri

Leonardo

La biografia di Leonardo da Vinci (Vinci 1452-Amboise 1519) è molto complessa, tanto che spesso è difficile seguirne puntualmente le tappe e precisare aspetti fondamentali per conoscere l’artista e la sua straordinaria e poliedrica attività di pittore, scultore, architetto e ingegnere. Le datazioni delle sue opere, al pari delle relazioni con alcuni committenti, o ancora le circostanze in cui prendono forma alcuni dei suoi più celebri capolavori, sono questioni ancora dibattute fra gli studiosi. La frammentarietà dei documenti per alcune fasi della sua vita, infatti, rende spesso difficile chiarire passaggi nodali del suo percorso artistico e tutto ciò ha contribuito a sviluppare una visione distorta della sua figura, che soprattutto i mass-media presentano e celebrano, in maniera superficiale e inadeguata, come precursore di invenzioni del futuro, genio isolato e del tutto fuori dal proprio tempo. È invece ben chiaro che le riflessioni tecniche di Leonardo e i suoi progetti di macchine, anche i più innovativi, sono profondamente radicati in una cultura tecnologica diffusa nel Rinascimento che Leonardo sviluppa e rinnova grazie a un originale acume, a uno spiccato spirito di osservazione e una peculiare sensibilità per la matematica e la geometria.
In questo quadro, è importante tracciare alcune coordinate di base che consentono di ancorare le opere alle fasi principali della vita dell’artista, dalla formazione fiorentina alla morte che lo coglie alla corte francese del re Francesco I Valois.

Tra Firenze e Milano

Leonardo (15) nasce a Vinci, un piccolo borgo della Toscana, figlio di una contadina e del notaio ser Piero di Antonio. Gli antenati di ser Piero si erano trasferiti a Firenze già alla metà del XIV secolo, assumendo la denominazione del luogo di origine. Accolto a tutti gli effetti nella famiglia paterna, il giovane Leonardo entra nella bottega di Andrea del Verrocchio a Firenze, una delle più prestigiose e attive del tempo. Verrocchio era scultore, fonditore, orafo e pittore e in questo contesto Leonardo matura precocemente interessi diversificati nei vari campi della pratica artistica, che egli sviluppa in virtù di una spiccata abilità nel disegno che va di pari passo a una singolare capacità di osservazione della realtà.
È ancora argomento di discussione la sua partecipazione in questi anni giovanili all’ambiente del "giardino di San Marco", ovvero a quella sorta di accademia frequentata da artisti e letterati sotto la protezione di Lorenzo il Magnifico, dove si approfondiva soprattutto lo studio dell’Antico. Il soggiorno fiorentino si conclude nell’inverno 1481, quando Leonardo si reca a Milano, al servizio di Ludovico Sforza: al 1482 si data la famosa lettera con cui l’artista si presenta al signore della città e dove una peculiare enfasi è riservata agli aspetti tecnici, sia civili sia militari, della sua operosità; vi si trovano, in particolare, riferimenti specifici a lavori di ingegneria idraulica e all’architettura. Solo la chiusa della lettera - quasi un artificio retorico, una captatio benevolentiae - contiene il riferimento alla sua attività di artista e alla possibilità di realizzare un grandioso monumento equestre in bronzo per celebrare il duca Francesco Sforza, padre di Ludovico, opera a lungo meditata da Leonardo in disegni (16) e appunti ma mai realizzata. 
Il periodo milanese, tanto fecondo per lo sviluppo della pittura leonardesca, come anche per gli approfondimenti sui temi delle fortificazioni e della difesa del suolo dalle esondazioni, si conclude nel 1499 in concomitanza con l'assedio delle truppe francesi e la presa della città. 
Dopo soggiorni a Venezia e Mantova (brevi ma significativi sul piano dell'approfondimento culturale e delle relazioni con la committenza), Leonardo torna a Firenze dove si trattiene fino al 1506, alternando numerose assenze. In questi anni, che lo vedono impegnato in opere fondamentali quali la perduta Battaglia d'Anghiari Monna Lisa, l'artista compie alcuni viaggi importanti come, per esempio, quello a Roma nel 1501, durante il quale si reca a visitare i resti di Villa Adriana, residenza romana di età imperiale a Tivoli. Inoltre nel 1502, in qualità di ingegnere militare, segue per un anno Cesare Borgia, figlio naturale di papa Alessandro VI, nella sua campagna militare fra le Marche, la Toscana e la Romagna. 

Dall'ultimo soggiorno milanese alla partenza per la Francia

Nel 1506 Leonardo lascia nuovamente Firenze per la Lombardia. In questo secondo periodo milanese, che si prolunga fino al 1513, l’artista si dedica anche agli studi di anatomia, intesi come mezzo di
conoscenza del corpo umano, oltre che fondamentale strumento di avvicinamento alla scultura. Elemento principe di questi studi è il disegno (17), inteso come un mezzo per conoscere, indagare e restituire il dato naturale.
In questo periodo, inoltre, Leonardo arricchisce la propria biblioteca con alcuni testi di grande importanza: la presenza di opere di Aristotele (fra cui i Meteorologica, opera dedicata ai moti dell’acqua e dell’aria), il De architectura di Vitruvio e un volume di Archimede delineano un processo di sistematizzazione delle sue conoscenze teoriche che trova riflesso nelle centinaia di pagine scritte e nei moltissimi disegni che realizza in questi anni. Di grande rilievo sono anche gli studi sui fiumi e i laghi lombardi: quello sulle acque appare ormai un ambito di ricerca fondamentale dell’universo leonardesco, che ha ripercussioni dirette anche nel linguaggio pittorico, come rivelano gli sfondi dei suoi più celebri dipinti.
L’ultima parte della vita dell’artista è segnata dalla permanenza per quasi tre anni a Roma alla corte di papa Leone X Medici, nel momento in cui sono presenti anche Raffaello, Michelangelo e Bramante. Nel 1516 Leonardo parte per la Francia, dove si reca su invito del re Francesco I. Alla corte del Valois morirà nel 1519, non prima di aver lasciato riflessioni grafiche di grande rilievo sul tema del palazzo reale (18) e sul riassetto del sistema idrografico della Loira, fra Amboise e Romorantin.
Proprio in quest’ultima località sono stati rintracciati recentemente i resti di strutture di fondazione riconducibili ai lavori iniziali per la realizzazione del progetto leonardiano, interrotto per la morte dell’artista.

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Le opere pittoriche

Annunciazione 

L’esordio di Leonardo pittore si riconosce, oltre che nel già citato angelo che completa il Battesimo di Cristo di Verrocchio (► p. 149), nell’Annunciazione (19) datata 1472 circa, dove l’artista declina gli insegnamenti del suo maestro anticipando alcuni esiti della sua successiva produzione pittorica. Se infatti l’impianto della scena non si discosta dai consolidati esempi tre-quattrocenteschi nella posizione dell’angelo e della Vergine, l’accuratezza nella resa dei particolari risponde alla ricerca della minuziosa raffigurazione del dato naturale che diverrà carattere distintivo della sua operosità artistica.
Il tema iconografico dell’annuncio alla Vergine è riletto da Leonardo in modo originale nella definizione dello spazio in cui ambienta l’episodio, interamente aperto. L’architettura delimita soltanto la scena sulla destra, lasciando intravedere l’interno dell’abitazione di Maria: in primo piano è raffigurato un giardino con un rigoglioso prato fiorito, mentre nello sfondo aspre montagne incombono su una città portuale. Anche se permangono alcune ingenuità nella resa anatomica e si nota una certa rigidità nei gesti e nelle pose, la bellezza e la grazia dei volti dei protagonisti rivelano già a questa data le capacità tecniche e compositive dell’artista. Si notano alcuni "errori" nella rappresentazione prospettica, particolarmente evidenti nella restituzione del muretto che separa l’esterno della casa dal giardino (come la parte terminale nel punto in cui diviene tangente con lo spigolo dell’edificio), che sono stati variamente interpretati: si tratterebbe di variazioni ottiche introdotte nella versione definitiva del dipinto in relazione a una sua specifica collocazione; oppure, secondo altre ipotesi, vi si può riconoscere una deliberata scelta dell’artista al fine di accentuare la resa fluida e continua dello spazio.
Il leggìo della Vergine è ispirato al sarcofago scolpito nel 1472 da Verrocchio per la tomba di Giovanni e Piero de’ Medici nella Sacrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze. La sua presenza nel dipinto rivela lo studio attento dell’Antico mediato attraverso le sue riproposizioni nella Firenze del Quattrocento, colto nei suoi aspetti più fioriti e decorativi tipici dell’età di Lorenzo il Magnifico. I panneggi delle vesti della Madonna hanno un aspetto quasi scultoreo e rivelano l’influenza di Verrocchio sul giovane Leonardo.

Vergine delle Rocce 

La Vergine delle Rocce è giunta a noi in due versioni, conservate a Parigi e a Londra e ancora non è chiaro, nonostante le numerose proposte, perché esistano di uno stesso soggetto due esemplari quasi identici tra loro. 
Nel 1483 Leonardo stipula un contratto con i membri della Confraternita della Concezione di Maria, nella Chiesa di San Francesco Grande a Milano, per la realizzazione di un polittico complesso. Tra il 1483 e il 1486 Leonardo realizza una prima versione, oggi al Louvre, ma questa non sarà mai consegnata alla Confraternita. La prima attestazione documentaria risale a un inventario di opere della corte francese del 1625, dove era giunta probabilmente già all’inizio del Cinquecento. Forse in ragione di questa mancata consegna ai committenti, Leonardo e i suoi collaboratori realizzarono un dipinto sostitutivo per l’altare della Confraternita - quello oggi a Londra - eseguito per le sue parti fondamentali fra il 1491-1494 e il 1503, ma portato a termine solo fra il 1506 e il 1508, da collaboratori del maestro. La prima versione forse non piacque ai committenti, come vedremo, per motivi iconografici e iconologici: il dipinto di Londra presenta infatti una composizione più chiara e didascalica nella rappresentazione dei personaggi, con un carattere decisamente più monumentale.
Nella Vergine delle Rocce del Museo del Louvre (20) Leonardo concepisce una composizione inconsueta. Immersi in un paesaggio rappresentato con estrema dovizia di particolari, si trovano insieme san Giovanni Battista bambino, la Vergine, l'arcangelo Gabriele e Gesù: i personaggi sono disposti secondo uno schema piramidale e appaiono attraversati da una profonda quiete. Fa da sfondo il gruppo roccioso che ha dato il nome al dipinto, reso con intenso realismo, al pari del terreno in primo piano, caratterizzato dalla presenza di fiori e piante che coprono superfici pietrose parzialmente ruvide e irregolari. Il significato della scena è oscuro e sembra essere stato ispirato all'artista da un testo che contiene affermazioni quasi eretiche, l'opera del beato Amedeo Mendes da Silva, che circolava alla corte sforzesca in quegli anni e che risulta fra i libri di Leonardo; questo testo riconosceva alla Madonna un ruolo di assoluta importanza, come simbolo della conoscenza universale, paragonabile a quello del Battista e superiore a quello del Cristo. Questa interpretazione spiegherebbe la ritrosia dei francescani (l'Ordine che reggeva la Chiesa di San Francesco Grande dove era ospitata la Confraternita) a esporre nel proprio complesso un dipinto non perfettamente rispondente all'ortodossia della Chiesa. Le rocce nella parte alta del dipinto assumono la conformazione di una grotta che lo studioso Pietro Marani ha interpretato come un utero dalle cui profondità si genera la vita, a prospettare un altro sottile legame con l'universo simbolico mariano. 
La Vergine delle Rocce della National Gallery (21) si caratterizza per una semplificazione della scena nel suo insieme e per la modifica delle figure, sia nelle dimensioni (accresciute rispetto al paesaggio) sia nei gesti, che cambiano la gerarchia dei personaggi e il loro ruolo nella composizione: per esempio si nota l'angelo che non indica più san Giovanni Battista, ma il Bambino Gesù, ripristinando la centralità del legame Maria-Gesù, fondamentale nella trasmissione del messaggio evangelico. Analogo alla versione del Louvre è invece il paesaggio in controluce, fatto di rocce scheggiate attraversate da rivoli d'acqua. A lungo si è creduto che le aureole fossero un inserimento contestuale al successivo completamento del dipinto da parte dei collaboratori dell'artista, realizzato ai fini di una chiarificazione del contenuto religioso; in realtà, invece, si tratta di un'aggiunta di fine Cinquecento, per normalizzare e rendere più chiare e immediatamente riconoscibili le figure sacre. 

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò