Uno sguardo a Oriente: l’arte di Bisanzio

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Uno sguardo a Oriente: l'arte di Bisanzio

La civiltà bizantina tra Occidente e Oriente

Dall’antica denominazione di Costantinopoli, Bisanzio, deriva l’aggettivo bizantino, che indica la storia, la civiltà e l’arte dell’Impero d’Oriente, i cui imperatori si proclamano eredi dell’Impero romano. Il legame culturale della civiltà bizantina con la storia di Roma è evidente anche nell’arte. Sebbene molti studiosi sottolineino l’importanza degli apporti delle civiltà del Vicino Oriente, uno dei principali fondamenti dell’arte bizantina risiede infatti nell’arte tardoantica, come si vede già nella Base dell’Obelisco di Teodosio (35), eretta intorno al 390 nell’ippodromo di Costantinopoli per sostenere un obelisco egizio in granito. La base è un parallelepipedo di marmo bianco decorato con rilievi che raffigurano l’imperatore con i figli e la corte che assistono ai giochi; la frontalità e la simmetria delle composizioni, già presenti nell’arte dell’età di Costantino, sono qui accentuate e diventeranno caratteristiche di tutta l’arte bizantina.
Rispetto all’Europa occidentale, i cambiamenti stilistici avvengono in modo lento e poco appariscente, tanto da rendere difficili le distinzioni cronologiche; i vari periodi della storia artistica prendono perciò il nome dalle dinastie che si succedono sul trono imperiale. Uno dei caratteri fondamentali dell’arte bizantina è la tendenza a eliminare il rilievo. Mentre in Occidente perde importanza il tutto tondo ma si continuano a eseguire rilievi (e talvolta anche statue in legno o metallo), in Oriente la scultura si limita a manufatti di piccole dimensioni, soprattutto in avorio o in metalli pregiati.

Basilica di Santa Sofia 

Sotto Giustiniano, che regna dal 527 al 565 e lega il proprio nome alla riconquista di parte dell’Italia e alla compilazione del Corpus iuris civilis (raccolta delle leggi del diritto romano), viene ricostruita la Basilica di Santa Sofia (36-37), a Costantinopoli, poi trasformata in moschea e attualmente in museo. Nata come chiesa di palazzo, non è dedicata a una santa ma, come spesso si verifica in Oriente, a un concetto astratto, la Divina Sapienza (Hághia Sophía).
Costruita fra il 532 e il 537 da Isidoro di Mileto (442-537) e Antemio di Tralle (474 ca.-534), combina lo schema della pianta centrale con quella longitudinale (38): si articola infatti in un grande spazio quadrato coperto da una cupola (crollata durante un terremoto e ricostruita nella seconda metà del VI secolo dal nipote e omonimo di Isidoro) e fiancheggiato da navate laterali. Queste, come i matronei, erano riservate ai fedeli, secondo un criterio di organizzazione liturgica affermatosi proprio agli inizi del VI secolo. La luce, che penetra all’interno da finestre distribuite uniformemente, fa sembrare le strutture meno pesanti. L’edificio dimostra in pratica la suggestiva definizione dell’architettura come «applicazione della geometria alla materia» data da Antemio di Tralle, noto anche per i suoi studi di matematica. Anche i capitelli (39) presentano la stessa leggerezza immateriale dell’intero edificio; la forma riprende quella del capitello composito dell’arte imperiale romana, con foglie di acanto e volute, ma la reinterpreta con intagli sottili e delicati, dagli effetti pittorici.

Dalla crisi iconoclasta al Grande scisma

Un drammatico momento di cesura nella storia bizantina è segnato, tra il 725 e l’843, dal movimento iconoclasta (dal greco eikón, "immagine", e kláo, "rompere"). Le icone, cioè le immagini sacre raffiguranti Cristo, la Vergine o i santi, per lo più dipinte su tavola, ma anche a mosaico, servivano al culto pubblico ed erano oggetto di venerazione privata. Gli imperatori bizantini, influenzati da alcuni aspetti della filosofia neoplatonica e della religione islamica, aderiscono al movimento iconoclasta, che rifiuta il culto delle immagini sacre, e ne ordinano la distruzione, propugnando un’arte basata su motivi decorativi e vegetali.
Superata questa fase, il culto e la produzione delle immagini riprendono con forza, tanto da assumere un ruolo fondamentale nelle Chiese orientali (ortodosse), che con il cosiddetto Grande scisma si staccano da Roma nel 1054, sotto l’imperatore Costantino IX Monomaco. Dopo la fine dell’Impero d’Oriente, la produzione di icone proseguirà, tra l’altro, anche a Creta e in Russia.
Il manoscritto detto Salterio di Teodoro (40), un libro di Salmi scritto e decorato nel monastero di San Teodoro Studita nel 1066, rievoca dopo due secoli la lotta contro le immagini. Nel margine della pagina si vedono due santi (Niceforo e Teodoro) che reggono un’icona di Cristo, mentre in basso i due ammoniscono l’imperatore a non sostenere la lotta iconoclasta, rappresentata da tre uomini che attaccano un’immagine con un bastone.
Il mosaico della Madonna col Bambino in trono tra gli imperatori Giustiniano e Costantino, in Santa Sofia (41), fu eseguito nel periodo della dinastia Macedone, fra il X e l’XI secolo, e raffigura i due imperatori che presentano alla Vergine le realizzazioni architettoniche da loro promosse, rispettivamente la chiesa stessa e le mura della città. L’opera presenta i caratteri iconografici, compositivi e stilistici tipici della pittura bizantina. Maria, su un trono senza schienale, è presentata frontalmente, secondo lo schema che nella tarda antichità si attribuisce all’imperatore e che l’arte cristiana del Medioevo utilizzerà per Cristo e la Vergine. I personaggi sono identificati da sigle (quelle nei tondi ai lati della Vergine significano Méter Theoú, in greco "Madre di Dio") e iscrizioni. L’artista non è interessato a rendere la terza dimensione né a documentare fedelmente le fisionomie o le espressioni dei volti, ma a creare un’immagine di culto di grande imponenza e splendore materiale.

L'arte bizantina in Italia

Il dialogo con l’arte bizantina è un aspetto molto importante della produzione medievale dell’Europa occidentale, non soltanto nelle zone politicamente dominate dall’Impero d’Oriente. Un esempio di architettura di matrice bizantina in territorio italiano è la Cattolica di Stilo, in Calabria (42). Il nome di questo edificio suggestivo e pittoresco, nella terminologia relativa agli edifici ecclesiastici bizantini, indica la chiesa di un complesso monastico (del quale però non ci sono tracce). La costruzione risale forse all’XI secolo: Puglia e Calabria furono infatti colonie dell’Impero d’Oriente fra il 970 e il 1071, quando vennero conquistate dai Normanni. La pianta è una croce greca inscritta in un quadrato. L’interno è diviso in nove spazi quadrati, dei quali quello centrale e quelli agli angoli sono coperti da cupole su tamburi cilindrici: le cupole sono complessivamente cinque e questa struttura, comune ad altri edifici bizantini, è detta quinconce. La chiesa è costruita in laterizi, che all’esterno formano dei motivi decorativi: cornici di mattoni disposti a dente di sega attorno alle finestre ad arco e mattonelle quadrate a losanga sui tamburi. La presenza all’interno di due iscrizioni in lingua e caratteri arabi fa supporre che per un certo periodo l’edificio sia stato utilizzato per il culto islamico.

Dossier Arte - volume 1 
Dossier Arte - volume 1 
Dalla Preistoria al Gotico