I miti della Pop Art

I miti della Pop Art

La cultura popolare americana raccontata attraverso linguaggi differenti e materiali disparati

Fumetti, divi, cibi in scatola, fotogrammi di film: è questo il variegato, ironico, piacevole mondo della Pop Art (abbreviazione di Popular Art, Arte popolare). Nata a New York negli anni Sessanta come reazione all’arte severa e astratta del decennio precedente, la Pop Art guarda al mondo dei desideri privati, delle “icone” del quotidiano, cioè delle immagini che con lo sviluppo aggressivo di pubblicità e mezzi di comunicazione di massa, soprattutto la televisione, invadono le case degli americani (e subito dopo quelle degli europei) promettendo un mondo facile, “consumistico”, che spinge a fare acquisti spesso superflui a dispetto delle ristrettezze che il dopoguerra aveva imposto. Gli artisti pop diventano star, come i divi del cinema e del rock che amano ritrarre con colori acrilici e i più svariati materiali. Una singola immagine viene ripetuta infinite volte, come vedrai fare a Andy Warhol, oppure viene isolata da una striscia di fumetti per creare un dipinto, come fa Roy Lichtenstein. Ma attenzione: nonostante il nome, la Pop Art si rivolge a un pubblico elitario e non tradizionale, quello giovanile dei campus universitari, che in quegli anni contestava l’opulenta civiltà dei consumi e una nuova, inutile guerra, quella del Vietnam.

Combinazioni inaspettate

Robert Rauschenberg, nato in Texas nel 1925 e scomparso nel 2008, dà spazio nelle sue opere al mondo dei media e della cultura popolare. Agli inizi degli anni Cinquanta a New York comincia a realizzare assemblaggi di rifiuti e nel 1954 dà l’avvio alla sua serie di Combine Paintings (quadri-assemblaggi) che giocano sulla combinazione di pittura e scultura. Gli oggetti quotidiani diventano per lui opere d’arte grazie a un’interpretazione giocosa e ironica, erede della tradizione dada del ready-made (vedi a pagina 420), tanto che lo stile di Rauschenberg viene definito new dada.

Una finta realtà

Jasper Johns (1930) è considerato un anticipatore della Pop Art, perché fin dagli anni Cinquanta realizza colorati bersagli dipinti e lattine di birra scolpite in gesso, in resina mista a polvere di alluminio o in bronzo, oltre alle sue celebri bandiere a stelle e strisce. Sono immagini tratte dal banale quotidiano che offrono lo spunto per giochi di trasformazione, ma, a differenza di quanto facevano Picasso e gli artisti dada, quelli di Johns non sono più oggetti reali che vengono usati in assemblaggi e ready-made, bensì opere eseguite appositamente con nuovi materiali che imitano gli oggetti veri. La serie Bandiera, impostata sulla raffigurazione della bandiera statunitense, fu spesso ritenuta antipatriottica dalla mentalità conservatrice della società americana del dopoguerra: per il solo fatto di essere state create da un artista, le opere di Johns sembravano contestare l’idea che i simboli dello stato fossero fissi e inviolabili e che non potessero essere rappresentati al di fuori di un contesto patriottico. Per paradosso oggi le bandiere vengono spesso mostrate come un manifesto di patriottismo, anche se l’artista ha affermato di recente: “Ma io non avevo intenzione di fare dichiarazioni patriottiche. Molti hanno invece pensato che fosse un’opera sovversiva e sgradevole. È buffo vedere come i sentimenti si ribaltino”.

Arte Attiva 
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