Intrecci visivi

Intrecci visivi

Fotografia, cinema e arti visive dialogano tra loro nelle ricerche delle avanguardie

A meno di un secolo dalla nascita delle fotografia, negli anni Venti la macchina fotografica è ormai un fantastico mezzo in mano all’artista per “fare arte”, testimoniare i suoi stati d’animo, provocare, documentare performance.
La fotografia è un’opera d’arte a tutti gli effetti e dialoga in molti modi con pittura, scultura e cinema, come puoi vedere in queste pagine. Anche il cinema dal canto suo ha molti punti di contatto con le arti figurative, e negli anni del Nazismo diviene persino un mezzo di propaganda politica. È il caso del celebre film Olympia di Leni Riefensthal, regista tedesca che enfatizza con giochi di luce ed effetti spettacolari la bellezza atletica esaltata dai folli piani di Hitler.

Un americano a Parigi

Nel 1915 l’americano Man Ray (1890-1976), che dipinge e fotografa a New York, conosce il pittore Marcel Duchamp, che allora abitava negli Stati Uniti: insieme fondano il primo museo di arte contemporanea a New York, allora chiamato Societé anonyme e finanziato da una ricca pittrice di avanguardia, Katherine Dreier. Nel 1921 l’artista si trasferisce a Parigi dove Duchamp lo introduce fra i dadaisti. Dal 1922 comincia a sperimentare nuove tecniche come i rayographs, immagini ottenute appoggiando gli oggetti su di una carta sensibile che ne riproduce le forme senza l’uso della macchina fotografica. Il suo studio a Montparnasse diventa punto d’incontro di artisti, scrittori, modelle. L’artista americano si avvicina alle ricerche dei surrealisti e realizza anche alcuni film. Il suo eccezionale contributo all’intreccio fra arte, cinema e fotografia nel XX secolo è stato fondamentale anche per le più recenti sperimentazioni nel campo delle videoinstallazioni e della fotografia.

Magritte come Fantomas

Uno dei tanti intrecci di quegli anni fra arte, cinema, fotografia e fumetto: il pittore surrealista René Magritte si fotografa nel 1927 con un suo quadro, purtroppo andato perduto nella Seconda guerra mondiale. Il dipinto, intitolato in modo enigmatico Le barbare (Il barbaro), raffigura un fortunato personaggio di romanzi e fumetti, Fantomas, misteriosa figura abilissima nei travestimenti, dall’intelligenza diabolica e senza scrupoli, che Magritte aveva conosciuto grazie al manifesto di un film del 1913. Per Magritte, che si fotografa con l’autoscatto nella medesima posa di Fantomas, questi è una sorta di “doppio”, un alter ego, che lo affascina perché rappresenta la trasgressione a ogni convenzione della società.

Fotomontaggi d’avanguardia

L’artista ungherese Lázló Moholy-Nagy (1895-1946) ha cominciato a dedicarsi alla pittura dopo la Grande Guerra, aderendo in un primo momento al Neoplasticismo olandese e collaborando alla rivista “De Stijl”. Trasferitosi nel 1922 in Germania, dove insegna alla scuola di design del Bauhaus, si interessa in particolare al cinema e alla fotografia, avvicinandosi alla ricerca sperimentale di Man Ray. Oggi Moholy-Nagy viene considerato il precursore della Op Art (Optical Art), un movimento che si diffonderà negli Stati Uniti attorno al 1960 e che si dedicherà all’analisi dei fenomeni della percezione ottica.


CONFRONTI

Confrontando queste due immagini (a sinistra un quadro, a destra una fotografia) puoi capire quanto le ricerche pittoriche di un artista come Moholy-Nagy abbiano influenzato i suoi esperimenti con la macchina da presa e la fotografia: Tra cielo e terra è una specie di performance, un fotomontaggio che sfrutta i concetti visivi di astrazione geometrica della sua stessa pittura.


Lázló Moholy-Nagy, Cerchio giallo, 1923, olio su tela. New York, MacCrory Collection.


Lázló Moholy-Nagy, Tra cielo e terra II, 1926.

 

Arte Attiva 
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