IL PRIMO OTTOCENTO

Se il Romanticismo dà voce ai sentimenti dell’individuo, alla contemplazione della natura e alla lotta per la libertà dei popoli, elevando a soggetto dell’arte anche i drammi della storia contemporanea, il Realismo rappresenta la cruda realtà e conferisce dignità artistica agli umili protagonisti della vita quotidiana.

La Storia

L’Ottocento si aprì in Europa con la fulminea ascesa di Napoleone Bonaparte (1769-1821). Nel 1804, uscito vittorioso dalle campagne militari del 1798 in Egitto e del 1800 in Italia, il generale francese fu incoronato imperatore, dopo aver sottomesso gran parte dell’Europa e creato un impero paragonabile a quello dell’antica Roma. L’ambizione però lo tradì: nel 1815, durante la disastrosa campagna di Russia, Napoleone fu definitivamente sconfitto a Waterloo e il Congresso di Vienna sancì l’inizio della Restaurazione, cioè il ritorno al potere dei regimi monarchici. Ma ormai l’Europa non era più la stessa. A più riprese, tra il 1820 e il 1848, i moti rivoluzionari sconvolsero l’Europa continentale. In Austria, Germania e Francia i tumulti popolari fecero ottenere importanti riforme politiche e sociali, mentre in Italia, dove questo periodo è noto come Risorgimento, le guerre d’indipendenza si conclusero nel 1861 con l’unificazione nazionale. Solo la Francia tornò, con l’elezione di Napoleone III nel 1852, a rafforzare la sua politica autoritaria.

Vivere nel primo Ottocento

La libertà dei popoli

I moti rivoluzionari che sconvolsero l’Europa nella prima metà dell’Ottocento si ispiravano a un’idea di “nazione” che non coincideva più con i semplici confini politici di uno stato ma che si rifaceva al concetto più ampio di “popolo”, cioè un insieme di persone che condividono la stessa lingua, le stesse tradizioni e la stessa cultura.
Si rivendicava di conseguenza il diritto dei popoli ad affermare la propria identità, a vivere ciascuno entro i confini di un unico stato nazionale: gli italiani per esempio, da secoli divisi tra molti stati, lottavano per l’unificazione nazionale e per liberarsi dal controllo straniero, il che portò, in particolare, alle insurrezioni contro il governo austriaco nel Regno Lombardo Veneto e contro i Borboni nel Regno delle Due Sicilie. I moti rivoluzionari, come quelli che nel 1830 incendiarono la Francia, chiedevano inoltre forme di governo più democratiche attraverso la concessione di una costituzione che limitasse il potere dei sovrani.

L’epoca della soggettività

Dopo l’epoca trionfalistica delle conquiste napoleoniche e la Restaurazione promossa dal Congresso di Vienna, la fiducia nella “ragione” diffusa dagli ideali illuministi nelle coscienze di tutta Europa lasciò il passo a incertezze, dubbi, tendenza all’introspezione. Nacque il Romanticismo, movimento che, in sintonia con il nuovo atteggiamento mentale, operò una rottura profonda con la tendenza a razionalizzare tipica della mentalità neoclassica, privilegiando la soggettività, l’istinto, il sentimento, l’emozione. I riflessi di questo mutamento si rilevano in ogni campo della cultura.

La nuova cultura romantica

Musica, filosofia, poesia, romanzo, pittura cominciarono a esprimere ogni sfumatura dell’animo umano. Fu questo il secolo di grandi musicisti come Beethoven, Schubert, Chopin; di filosofi come Fichte, Schelling, Hegel; di poeti e romanzieri i cui scritti ebbero molti punti di contatto con l’arte figurativa. Gli scrittori raccontavano, come facevano anche i pittori del tempo, la storia ma anche la realtà contemporanea, con tutte le sue angosce e contraddizioni: fra questi, Victor Hugo in Francia, Tolstoj e Dostoevskij in Russia, Manzoni in Italia, Poe negli Stati Uniti.

Una nuova capitale artistica

Nel corso dell’Ottocento Parigi si affermò sempre di più come la culla delle nuove tendenze artistiche. La “vetrina” più importante a cui ambivano gli artisti era il Salon, un’esposizione di pittura e scultura che dalla fine del Seicento si teneva con scadenza biennale o annuale al Louvre. La grande novità per lo sviluppo delle arti figurative si verificò a seguito della Rivoluzione francese: nel 1791 il Salon, prima riservato ai membri dell’Accademia reale, cioè agli esponenti della pittura ufficiale, fu aperto a tutti, e qualche anno dopo venne creata una giuria di ammissione eletta a suffragio universale. Ben presto, tuttavia, la giuria manifestò un atteggiamento conservatore e tradizionalista, ma proprio le critiche (e talvolta il rifiuto) rivolte ad alcuni quadri portarono paradossalmente all’attenzione dell’opinione pubblica opere oggi considerate dei capolavori.

Arte Attiva 
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