Un ritorno al classicismo

Un ritorno al classicismo

Tre pittori emiliani insegnano a dipingere dal vero ispirandosi alla compostezza classica

Stanchi degli artifici e delle forme distorte del tardo Manierismo, i due fratelli emiliani Annibale e Agostino Carracci, assieme al cugino Ludovico, si propongono di “ridare vita alla pittura” grazie allo studio dal vero, che i manieristi avevano tralasciato. I Carracci, attivi anche a Roma, ricercano nelle loro opere una bellezza ideale, ispirata al classicismo di Raffaello e alla purezza di forme dell’antichità. Nel 1582 i Carracci fondano a Bologna un’Accademia, cioè una scuola d’arte, nella quale insegnano a dipingere secondo le loro concezioni pittoriche: inaugurano così una vera e propria corrente classicista, presto seguita da artisti italiani e stranieri.

Una bottega in fermento

Annibale Carracci (1560-1609) si è dedicato a molti generi diversi. Il suo capolavoro sono gli affreschi con Gli amori degli dei di Palazzo Farnese, a Roma, in cui sono evidenti i richiami all’arte antica, a Raffaello e alla monumentalità di Michelangelo. Il desiderio di tornare al “vero” lo spinge però a raffigurare anche momenti di vita quotidiana e scene di un certo realismo, come questa veduta della bottega di un macellaio: si tratta di una pittura d’interni, uno dei nuovi generi che si affermeranno nel Seicento.

Tra Raffaello e Caravaggio

Nell’Accademia fondata dai Carracci si distingue, tra i tanti, un giovane artista bolognese, Guido Reni (1575-1642), che segue la corrente classicista. Il costante modello di riferimento di Guido Reni resta Raffaello, ma la sua pittura mostra un carattere autonomo e potente che risente anche delle ricerche di Caravaggio. Il suo capolavoro è l’Atalanta e Ippomene, una tela di così gran successo che Reni ne ha realizzate diverse repliche. La scena è caratterizzata dalla contrapposizione “geometrica” delle due figure, dalle forme armoniose come quelle di Raffaello e luminose come i personaggi di Caravaggio. Reni sfrutta l’episodio mitico dei due giovani futuri sposi per “disegnare” in primo piano due corpi atletici e monumentali, concepiti secondo pose contrapposte e illuminati da una luce quasi irreale.

La campagna romana di Poussin

Un artista francese, appassionato dei monumenti antichi, si reca a Roma nel 1624 e vi resta per diversi anni. È Nicolas Poussin (1594-1665), che rientrato a Parigi tornerà pittore del re. Sentendo poi la mancanza dell’Italia, Poussin vi torna per restarvi fino alla morte. I suoi dipinti equilibrati e composti hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo del classicismo, e soprattutto nell’evoluzione della pittura di paesaggio. I suoi paesaggi sono quelli della campagna romana, nella quale appaiono immagini idealizzate di monumenti e figure ispirate ai miti dell’antichità. A differenza di Caravaggio, che “attualizza” gli eventi antichi vestendo i personaggi con abiti moderni, Poussin abbiglia “all’antica” le sue figure, entro una cornice fuori dal tempo.

Arte Attiva 
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