Le immagini sacre

Le immagini sacre

Grandi croci dipinte, pitture su tavola, affreschi e mosaici rivestono le pareti della chiesa romanica

Quando pensiamo alle chiese romaniche, siamo portati a immaginare un interno severo, ricco di decorazioni scolpite ma con pareti spoglie: niente di più falso! Quanto resta della pittura murale è una percentuale esigua, perché gli affreschi sono stati spesso coperti in epoche successive o sciupati dal tempo. Sappiamo tuttavia che sulle pareti delle chiese, soprattutto nella parte absidale, erano dipinte grandi scene con la medesima spiccata fantasia decorativa che portava gli artisti romanici a ornare di mosaici i pavimenti e i portali, e ad arricchire i capitelli di sculture. In genere si usava l’affresco (pittura sulla parete intonacata di fresco), talvolta combinandolo con la tempera o con la pittura a secco, stesa sull’intonaco asciutto. Anche la pittura su tavola compare in questo periodo e mostra uno stile ancora rigido, con figure rappresentate in posizione frontale e influenzate dall’arte bizantina.

Una Madonna ancora bizantina

Questa raffinata Madonna col Bambino in trono, dipinta su fondo ligneo dorato, è impreziosita da borchie a rilievo e da un’aureola che sporge dalla tavola. È stata dipinta agli inizi del Duecento, ma mostra ancora un linguaggio ispirato all’arte bizantina: il corpo è frontale, lo sguardo è fisso e privo di espressione, come in gran parte delle pitture romaniche ad affresco.

Il Cristo trionfante

Le grandi croci dipinte su fondo ligneo dorato, alte anche oltre 3 metri, sono nate in questo periodo: nelle chiese erano poste ben in evidenza, all’attenzione di tutti i fedeli, sopra l’altare maggiore o sopra l’iconostasi, la struttura che negli edifici sacri medievali separa le navate dal transetto (vedi a pagina 123). Le figure risultano dipinte direttamente sul legno oppure su fogli di cuoio o pergamena incollati sulla tavola sagomata a forma di croce.
La grande croce qui a fianco, di 302 x 231 centimetri, si deve a un maestro fiorentino ancora influenzato, nella staticità della figura e nella fissità del volto, dall’arte bizantina. Il volto di Cristo, raffigurato in vita, cioè trionfante sulla sofferenza e sulla morte (per questo detto “Cristo trionfante”), mostra ancora una posizione frontale. Il gusto per la narrazione, tipico dell’arte romanica, è affidato alle scenette con Storie della Passione e della Resurrezione, nei riquadri ai lati del corpo di Gesù e ai suoi piedi.


Il Pantocrator, l’onnipotente

Nelle chiese romaniche la zona concava dell’abside (catino absidale), aperta solo da finestrelle strette come feritoie, permetteva di decorare, a mosaico o ad affresco, una vasta superficie curva, adatta a ospitare la figura maestosa del Cristo benedicente o pantocrator (cioè creatore dell’Universo), in alcuni casi racchiuso entro una forma a mandorla, presente talvolta anche nello spazio concavo delle cupole. In certi casi gli artisti avevano previsto che in un particolare giorno dell’anno la luce del sole proveniente da una feritoia andasse a illuminare la figura di Cristo creando un effetto di grande suggestione.

Arte Attiva 
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