Il mercato globale

Il gruppo dei Paesi più sviluppati, leader dell'economia mondiale, ha conosciuto negli ultimi vent'anni del Novecento trasformazioni profonde, sintetizzabili con i termini di new economy e "terza rivoluzione industriale".

LA NUOVA ECONOMIA

Il concetto di new economy si riferisce a società postindustriali, nelle quali i servizi - distribuzione, comunicazione, informazione, cultura, intrattenimento, gestione finanziaria e aziendale - prevalgono sulla produzione industriale di beni materiali. Si affermano quindi nuovi settori: microelettronica, computer, telecomunicazioni, macchine e robot industriali, scienza dei materiali, biotecnologie, aviazione civile. Tutti questi ambiti sono caratterizzati dall'importanza della progettazione e della ricerca, e spesso collegati alla produzione di informazioni: si tratta di un'economia più leggera, meno materiale, più qualitativa e veloce. Protagonista e simbolo di questa nuova rivoluzione industriale - dopo quella del carbone, del vapore e del treno e quella dell'elettricità, dell'acciaio e dell'automobile - è il computer. Lo sviluppo di questo mezzo e delle tecnologie digitali ha portato all'affermarsi di nuovi prodotti, dai PC sempre più piccoli e potenti ai cellulari "intelligenti", gli smartphone, fino ai dispositivi come i tablet; ha aperto una nuova frontiera nel settore dell'automazione (ora si richiede meno lavoro, ma più qualificato); e infine ha determinato un diverso modo, più flessibile, di organizzare la produzione, che fa sempre più affidamento su Internet. La new economy si è affermata in un contesto caratterizzato dall'affermazione di politiche, dette neoliberiste, che hanno dettato le regole della globalizzazione in gran parte dei Paesi del mondo, ricchi e poveri. Queste regole prevedono l'eliminazione dei controlli statali sull'economia, soprattutto dei vincoli sulle attività finanziarie, la privatizzazione delle imprese nazionali, oltre a una riduzione della spesa pubblica anche nei settori sociali.

Il mondo in Borsa

La globalizzazione ha interessato in modo particolare i mercati finanziari, grazie alle straordinarie possibilità offerte dalla rete telematica mondiale, accessibile 24 ore su 24, e alla libera circolazione del denaro sia sul mercato azionario, in cui si comprano e si vendono azioni di società e titoli di credito, sia su quello valutario, dove si comprano e si vendono monete in base al cambio. Le operazioni finanziarie che cercano di trarre guadagno semplicemente dalla compravendita di valute, titoli, ma anche delle principali merci, si possono moltiplicare decine e decine di volte in tutte le Borse del mondo, muovendo "valori" assai superiori a quelli monetari dell'economia "reale", cioè dei beni e dei servizi effettivamente prodotti e disponibili. Centinaia di miliardi di dollari si spostano così virtualmente ogni giorno su scala planetaria.

LA FABBRICA GLOBALE

Oltre alla finanza, anche l'economia "reale" si è ampiamente globalizzata, come conseguenza della distribuzione su scala mondiale delle diverse fasi della produzione.
Molte imprese, grandi e piccole - soprattutto nordamericane, europee, giapponesi - si sono riorganizzate trasferendo le attività produttive in Paesi - asiatici, latino-americani, dell'Europa Orientale - in cui il costo del lavoro più basso, a parità di qualifica e produttività, consente profitti più alti.
Questa delocalizzazione ha riguardato non solo lavori ad alta intensità di manodopera e bassa tecnologia (come nel tessile, per esempio), ma anche la produzione e l'assemblaggio di prodotti elettronici in vari Paesi del mondo su licenza e controllo delle imprese "madri"; inoltre ha interessato (e di conseguenza modificato) un settore molto importante come quello dell'industria automobilistica. Infine a essere delocalizzati sono oggi anche i servizi, specialmente quelli legati alle tecnologie dell'informazione (IT), come la programmazione o la gestione di archivi informatici: è ciò che accade in India, attraversata da profondi problemi di diseguaglianza e povertà, ma forte dei suoi molti ingegneri e dei suoi molti abitanti anglofoni.

Multinazionali e transnazionali

Le multinazionali sono imprese, spesso di dimensioni colossali, che a partire da un polo direttivo situato quasi sempre nel "centro del mondo" (USA, Canada, Europa o Giappone) controllano filiali e capitali in molti altri Paesi. Alcune, come le grandi compagnie petrolifere (dalla britannica BP alla statunitense Exxon, all'italiana ENI) o le multinazionali della distribuzione (Wal-Mart, Carrefour), dell'automobile (General Motors e Peugeot) o dell'agro-alimentare (come Nestlé o Coca-Cola), hanno un fatturato superiore a molti bilanci nazionali (vedi il grafico sotto) e sono in grado di trattare da posizioni di forza con i Governi dei Paesi poveri.
Più generale e moderno è il termine "azienda transnazionale": sono transnazionali le imprese, anche medie e piccole, che sfruttando le tecnologie informatiche e la continua riduzione dei costi di trasporto decentrano per intero la produzione, fino a trasformarsi in pure centrali di progettazione, controllo, distribuzione di licenze e marketing. Nike, primo produttore mondiale di abbigliamento e accessori sportivi, non ha stabilimenti propri ma fa produrre le sue scarpe in centinaia di fabbriche sparse nel mondo, vendendo in realtà un'immagine (caratterizzata da un logo distintivo) sapientemente pubblicizzata in ogni angolo della Terra. Allo stesso modo, il colosso informatico statunitense Apple si occupa esclusivamente di progettare, distribuire e pubblicizzare i propri prodotti, ma la fabbricazione vera e propria viene delegata a grandi fabbriche di elettronica cinesi.

L'espansione del commercio internazionale

Nel 1995 la nascita dell'Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization o WTO) ha determinato una grande spinta all'estensione del commercio mondiale: oltre 150 Paesi, tra cui la Russia e la Cina, sono ormai coinvolti nell'area di libero scambio e la liberalizzazione, cioè l'eliminazione o la riduzione delle barriere tariffarie, si è estesa dal campo delle merci (materie prime e manufatti) a quello dei servizi e delle proprietà intellettuali.
Anche il commercio internazionale è gerarchico: lo dominano per valore di scambi l'Europa, l'Asia, il Nord America e lo controllano largamente le multinazionali, concentrate quasi tutte nei Paesi a più alto reddito, al centro dell'economia mondiale.


Un modello in crisi?

La globalizzazione economica ha di fatto collegato ogni Paese del mondo in una rete di scambi commerciali e finanziari ininterrotta. Ogni cambiamento in un punto delle rete può avere pesanti ripercussioni all'altro capo del globo, e un momento di difficoltà economica, che riguarda magari solo un Paese o un particolare settore economico, può "contagiare" tutto il sistema in una reazione a catena che può avere conseguenze a lungo raggio. È quanto accaduto nel corso della grave crisi economica cominciata negli Stati Uniti nel 2007 e allargatasi a macchia d'olio negli anni successivi, fino a colpire molti Paesi europei e del resto del mondo. Molti Stati in breve tempo sono entrati in recessione, cioè il loro PIL è diminuito rispetto a quello degli anni precedenti, con un conseguente calo dei consumi, un rallentamento delle attività produttive e un aumento della disoccupazione.
Diversi studiosi hanno attribuito le cause di questa crisi proprio alle politiche neoliberiste che hanno favorito la globalizzazione. La mancanza di controlli più stretti sulle attività economiche e finanziarie da parte degli Stati avrebbe infatti favorito le cosiddette "bolle speculative", cioè quei fenomeni per cui si verifica un aumento del valore di un particolare settore economico ingiustificato rispetto al suo valore "reale". Quando questa differenza diventa evidente, il valore "gonfiato" crolla, facendo perdere denaro a tutti quelli che avevano investito nel settore. D'altra parte, un singolo Stato non può più sperare di regolamentare da solo scambi economici che coinvolgono decine di Paesi e spostano una quantità di ricchezza spesso superiore al suo stesso PIL. È evidente che si dovranno studiare accordi intemazionali per regolamentare gli eccessi più pericolosi di un'economia sempre più globale e diffìcile da controllare.

Nuove potenze economiche a Est... e a Sud

Proprio mentre i Paesi più sviluppati economicamente, come gli Stati Uniti e le nazioni europee, sono entrati nel tunnel di una grave crisi economica, Paesi come Cina, India e altri Stati definiti un tempo "in via di sviluppo" stanno vivendo un periodo di rapida e intensa crescita economica, che ha cambiato gli equilibri intemazionali e gli scenari dell'economia globale.
Già negli anni Ottanta del secolo scorso le cosiddette "Tigri asiatiche" (vedi pagina 160) si erano lanciate sul mercato internazionale, esportando prodotti elettronici ma anche servizi bancari e finanziari e richiamando capitali esteri. Ancor prima si era affermato il modello giapponese, capace di combinare istruzione tecnico-scientifica, disciplina e partecipazione.
A partire dall'inizio del nostro secolo sono Cina e India, insieme ad altri due grandi Paesi in forte crescita economica come Russia e Brasile, ad aver formato il gmppo chiamato dagli economisti BRIC (dalle iniziali dei rispettivi nomi): forti di una straordinaria ricchezza di materie prime e di popolazioni numerose, che forniscono abbondante manodopera a basso costo e garantiscono un importante mercato interno per le merci prodotte, le economie di questi Paesi hanno fatto registrare uno sviluppo che dovrebbe portare anche, non senza inevitabili problemi e diseguaglianze, a un miglioramento del tenore di vita e del benessere dei loro abitanti.
Secondo molti studiosi, il XXI secolo sarà l'epoca della "rivincita" dell'Est e del Sud del mondo nei confronti di secoli di dominio economico e culturale dell'Occidente. In effetti basta guardare i numeri impressionanti della Cina: si prevede che nel 2030 il suo PIL possa superare quello dell'attuale superpotenza mondiale, gli Stati Uniti.

MULTINAZIONALI DEL CRIMINE

Come sappiamo dai giornali e dai telegiornali, nell'economia globale si insinua anche il crimine che, come insegna la storia della mafia italo-americana, dei confini non ha mai avuto paura. Basti pensare alla dimensione mondiale del traffico della droga che coinvolge una moltitudine di soggetti, dai contadini poveri che coltivano oppio in Afghanistan, Laos, Thailandia o coca nei Paesi andini ai trafficanti internazionali clandestini di eroina e cocaina come i narcos messicani, agli spacciatori nelle zone di consumo dei Paesi ricchi.
"Multinazionali" sono anche le organizzazioni criminali che controllano le reti del traffico d'armi, della prostituzione, dell'emigrazione clandestina, e globale è il mercato finanziario che consente il riciclaggio del denaro sporco, cioè l'investimento dei profitti illegali in attività lecite.

Studio e imparo

1   Quali termini usano gli studiosi per sintetizzare le trasformazioni vissute dai Paesi più sviluppati alla fine del Novecento?
2   Quali cambiamenti si sono verificati a livello economico nelle società postindustriali?
3   Quali sono le caratteristiche della nuova economia?
4   Quali sono le regole dettate dalle politiche neoliberiste?
5   In che modo la globalizzazione ha interessato i mercati finanziari?
6   In che cosa consiste la delocalizzazione? 

7   Quali sono le caratteristiche delle multinazionali? E quelle delle aziende transnazionali? 

8   Quali sono i Paesi emergenti nell'economia mondiale?

Geo Parole

Società postindustriali • Nuova rivoluzione industriale • Delocalizzazione • Multinazionali • Aziende transnazionali

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Geo Touring - volume 3
Geo Touring - volume 3
Gli Stati del mondo