Le isole non esistono solo nella geografia fisica: come abbiamo visto, ci sono anche le “isole linguistiche”, cioè piccole aree in cui si parla una lingua diversa da quella dei territori circostanti. A formarle concorrono fenomeni migratori e condizioni geografiche, per esempio la presenza di montagne, che favoriscono la conservazione delle lingue originarie rendendo difficili i contatti con le realtà sociali vicine. Così in Italia, lungo l’arco alpino, si contano numerose comunità germanofone: dai villaggi walser intorno al Massiccio del Monte Rosa, tra Piemonte e Valle d’Aosta, ai Cimbri della Lessinia, dei Sette comuni dell’altopiano di Asiago nel Veneto e di Luserna in Trentino; dalla valle dei Mocheni in Trentino alle comunità della Carnia (Sappada, Sauris, Timau) e della Valcanale in Friuli; si tratta in tutti questi casi dell’esito di migrazioni di popolazioni germaniche tra il X e il XIII secolo. Tutt’intorno alle valli dolomitiche, invece, si estende un’area di lingua ladina conservatasi come minoranza tra popolazioni di lingua tedesca. Nell’entroterra appenninico tra Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e soprattutto Calabria si trovano poi le comunità di lingua arbëresh, formate tra il XV e il XVIII secolo dalla migrazione di popolazioni albanesi in fuga dall’espansione ottomana.
Nella Sardegna Sud-Occidentale esiste infine un’isola vera e propria che è anche un’isola linguistica: si tratta dell’Isola di San Pietro, i cui abitanti discendono da popolazioni liguri e parlano il tabarchino, una variante del ligure.