T4 ANALISI ATTIVA - Il cadavere di Liliana

T4

Il cadavere di Liliana

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, cap. 2

Ingravallo era già stato nel palazzo di via Merulana a seguito di un furto di gioielli. Dopo pochi giorni vi ritorna per un altro caso: questa volta si tratta di omicidio, e la vittima è la sua amica Liliana Balducci.

«Dottor Ingravallo, senta. Me manna er1 commissario capo», abbassò2 ancora la
voce: «a via Merulana… è successo un orrore… stamattina presto. Hanno telefonato
ch’ereno3 le dieci e mezza. Lei era appena uscito. Il dottor Fumi4 lo cercava.
Tratanto m’ha mannato subbito a vede,5 co due agenti. Credevo quasi de trovallo6
5      là… Poi ha mannato a casa sua a cercallo».
«Be’, che è stato?».
«Lei ce lo sa già?».
«C’aggia sapé? mo7 me ne jevo a spasso…».8
«Hanno tajato9 la gola, ma scusi… so che lei è un po’ parente».
10    «Parente ’e chi?…»,10 fece Ingravallo accigliandosi, come a voler respingere ogni
propinquità con chi si fosse.11
«Volevo dire, amico…».
«Amico, che amico! amico ’e chi?». Raccolte a tulipano le cinque dita della
mano destra, altalenò quel fiore nella ipotiposi12 digito-interrogativa13 tanto in uso
15    presso gli Apuli.14
«S’è trovato la signora… la signora Balducci…».
«La signora Balducci?». Ingravallo impallidì, afferrò Pompeo per il braccio. «Tu
sei pazzo!», e glielo strinse forte, che a lo Sgranfia15 parve glielo stritolasse una
morsa, d’una qualche macchina.
20    «Sor dottó,16 l’ha trovata suo cugino, il dottor Vallarena… Valdassena.17 Hanno
telefonato subbito in questura. Mo è là puro18 lui, a via Merulana. Ho dato disposizzioni.
Mi ha detto che lo conosce. Dice», alzò le spalle, «dice ch’era annato a trovalla.
Pe salutalla, perché ha d’annà19 a Genova. Salutalla a quell’ora? dico io. Dice che l’ha
trovata stesa a terra, in un lago de sangue, Madonna! dove l’avemo20 trovata puro
25    noi, sul parquet, in camera da pranzo: stesa de traverso co le sottane tirate su, come
chi dicesse in mutanne. Il capo rigirato un tantino… Co la gola tutta segata, tutta tajata
da una parte. Ma vedesse che tajo, dottó!». Congiunse le mani come implorando,
si passò la destra sulla fronte: «E che faccia! ch’a momenti svengo! già fra poco
dovrà vedello. Un tajo! che manco er macellaro.21 Mbè, un orrore: du occhi! che
30    guardaveno fisso fisso la credenza. Una faccia stirata, stirata, bianca da paré un panno
risciacquato… che, era tisica?…22 come si avesse fatto una gran fatica a morì…».
Ingravallo, pallido, emise un mugolo23 strano, un sospiro o un lamento da
ferito. Come se sentisse male puro lui. Un cinghiale co una palla24 in corpo.
«La signora Balducci, Liliana…», balbettò, guardando negli occhi lo Sgranfia.
35    Si tolse il cappello. Sulla fronte, in margine al nero cresputo dei capelli, un allinearsi
di gocciole: d’un sudore improvviso. Come un diadema di terrore, di dolore.
Il volto, per solito olivastro-bianco, lo aveva infarinato25 l’angoscia. «Andiamo,
va’!». Era ▶ madido, pareva esausto.
Giunti a via Merulana, la folla. Davanti il portone il nero della folla, con la
40    sua corona de rote26 de bicicletta. Fate passare, polizia. Ognuno si scostò. Er portone
era chiuso. Piantonava un agente: con due pizzardoni27 e due carabinieri. Le
donne li interrogavano: loro diceveno a le donne: Fate largo! Le donne voleveno
sapé.28 Tre o quattro, deggià,29 se sentì che parlaveno de nummeri: ereno d’accordo
p’er dicissette, ma discuteveno sur tredici.30
45    I due salirono in casa Balducci, l’ospitale casa che Ingravallo conosceva, si può
dire, col cuore. Su le scale un parlottare di ombre, il susurro delle casigliane.31
Un bimbo piangeva. In anticamera… nulla di particolarmente notevole (il solito
odore di cera, l’ordine abituale) eccettoché due agenti, muti, attendevano disposizioni.
Sopra una seggiola un giovane col capo tra le mani. Si alzò. Era il dottor
50    Valdarena. Apparve poi la portiera, emerse, cupa e cicciosa,32 dall’ombra del corridoio.
Nulla di notevole si sarebbe detto: entrati appena in camera da pranzo, sul
parquet, tra la tavola e la credenza piccola, a terra… quella cosa orribile.
Il corpo della povera signora giaceva in una posizione infame,33 supino, con
la gonna di lana grigia e una sottogonna bianca buttate all’indietro, fin quasi
55    al petto: come se alcuno avesse voluto scoprire il candore affascinante di quel
dessous,34 o indagarne lo stato di nettezza.35 Aveva mutande bianche, di maglia
a punto gentile, sottilissimo, che terminavano a metà coscia in una delicata orlatura.
Tra l’orlatura e le calze, ch’erano in una lieve luce di seta, denudò se stessa la
bianchezza estrema della carne, d’un pallore da clorosi:36 quelle due cosce un po’
60    aperte, che i due elastici – in un tono di lilla – parevano distinguere in grado,37
avevano perduto il loro tepido senso, già si adeguavano al gelo: al gelo del sarcofago,
e delle taciturne dimore. L’esatto officiare del punto a maglia,38 per lo sguardo
di quei frequentatori di domestiche,39 modellò inutilmente le stanche proposte
d’una voluttà40 il cui ardore, il cui fremito, pareva essersi appena esalato dalla
65    dolce mollezza del monte, da quella riga, il segno carnale del mistero…41 quella
che Michelangelo (don Ciccio ne rivide la fatica, a San Lorenzo) aveva creduto
opportuno di dover omettere.42 Pignolerie! Lassa perde!43
Le giarrettiere tese, ondulate appena agli orli, d’una ondulazione chiara di
lattuga:44 l’elastico di seta lilla, in quel tono che pareva dare un profumo,45
70    significava a momenti la frale46 gentilezza e della donna e del ceto, l’eleganza
spenta degli indumenti, degli atti, il secreto modo della sommissione,47 tramutata
ora nella immobilità di un oggetto, o come d’uno sfigurato manichino.
Tese, le calze, in una eleganza bionda quasi una nuova pelle, dàtale (sopra il
tepore creato) dalla fiaba degli anni nuovi,48 delle magliatrici blasfeme:49 le
75    calze incorticavano50 di quel velo di lor luce il modellato51 delle gambe, dei meravigliosi
ginocchi: delle gambe un po’ divaricate, come ad un invito orribile.52 Oh,
gli occhi! dove, chi guardavano? Il volto!… Oh, era sgraffiata, poverina! Fin sotto
un occhio, sur naso!… Oh, quel viso! Com’era stanco, stanco, povera Liliana, quel
capo, nel nimbo,53 che l’avvolgeva, dei capelli, fili tuttavia operosi della carità.54
80    Affilato nel pallore, il volto: sfinito, emaciato dalla suzione atroce della Morte.55
Un profondo, un terribile taglio rosso le apriva la gola, ferocemente. Aveva preso
metà il collo, dal davanti verso destra, cioè verso sinistra, per lei, destra per loro
che guardavano: sfrangiato ai due margini come da un reiterarsi dei colpi,56 lama
o punta: un orrore! da nun potesse vede.57 Palesava come delle filacce rosse,58
85    all’interno, tra quella spumiccia nera59 der sangue, già raggrumato, a momenti; un
pasticcio! con delle bollicine rimaste a mezzo. Curiose forme, agli agenti: parevano
buchi, al novizio, come dei maccheroncini color rosso, o rosa. «La trachea»,
mormorò Ingravallo chinandosi, «la carotide! la iugulare… Dio!».60
Er sangue aveva ▶ impiastrato tutto er collo, er davanti de la camicetta, una manica:
90    la mano: una spaventevole colatura d’un rosso nero, da Faiti o da Cengio61
(don Ciccio rammemorò subito, con un lontano pianto nell’anima, povera mamma!).
S’era accagliato62 sul pavimento, sulla camicetta tra i due seni: n’era tinto
anche l’orlo della gonna, il lembo rovescio63 de quela64 vesta de lana buttata su, e
l’altra spalla: pareva si dovesse raggrinzare65 da un momento all’altro: doveva de
95    certo risultarne un coagulato66 tutto appiccicoso come un sanguinaccio.67
Il naso e la faccia, così abbandonata, e un po’ rigirata da una parte, come de chi
nun ce la fa più a combatte, la faccia! rassegnata alla volontà della Morte, apparivano
offesi da sgraffiature, da unghiate: come ciavesse68 preso gusto, quer boja,69
a volerla sfregiare a quel modo. Assassino!
100  Gli occhi s’erano affisati70 orrendamente: a guardà che, poi? Guardaveno, guardaveno,
in direzzione nun se capiva da che, verso la credenza granne,71 in cima in
cima, o ar soffitto. Le mutandine nun ereno insanguinate: lasciaveno scoperti li
du72 tratti de le cosce, come du anelli de pelle: fino a le calze, d’un biondo lucido.
La solcatura del sesso…73 pareva d’esse a Ostia d’estate, o ar Forte de marmo de
105  Viareggio,74 quanno so sdraiate su la rena a cocese,75 che te fanno vede tutto quello
che vonno.76 Co quele maje tirate tirate77 d’oggigiorno.
Ingravallo, a capo scoperto, pareva lo spettro di se stesso. Domandò: «L’avete
mossa?». «No, dottore», gli risposero. «L’avete toccata?». «No». Del sangue era stato
portato attorno dai tacchi, da le suole di qualcuno, sur parquet de legno, che
110  poi si vedeva bene che ci aveveno messo drento78 li piedi, in quer pantano de spavento.79
Ingravallo si irritò. Chi era stato?! «Sete na massa de burini!»,80 minacciò.
«Brutti caprari de la Sgurgola!».81

 >> pagina 677 

ANALISI ATTIVA

I contenuti tematici

L’attenzione, degna di uno scrittore naturalista, con cui la penna di Gadda si sofferma sui dettagli, anche macabri, del cadavere (la posizione indecorosa assunta dalla donna, la terribile ferita alla gola) provoca un senso di orrore e di disgusto: il narratore non lascia nulla sottinteso e riporta la realtà, con tutto il suo dolore e il suo disordine. Il bellissimo corpo di Liliana, il suo candore, la sua eleganza, l’equilibrio del suo volto e delle sue forme: tutto si perde e si sfalda di fronte allo strazio della morte, diventando quella cosa orribile (r. 52) e un pantano de spavento (rr. 110-111). Il “pasticcio”, che fino a questo punto del romanzo era stato rappresentato in modo grottesco e quasi comico, assume i caratteri della tragedia, irrompendo in modo inaspettatamente brutale.

 >> pagina 678 

1. Come reagisce Ingravallo alla notizia? Individua i verbi che ne descrivono le reazioni.

La figura di Liliana, che agli occhi di Ingravallo incarna una sorta di essere puro, rovescia il modello della donna italiana veicolato dalla propaganda fascista, che esalta le madri prolifiche: se esse devono servire a “dare figli alla patria”, il personaggio è invece sterile, come persino il suo cognome da nubile sottolinea (Valdarena, “valle d’arena” ovvero “deserto”); non a caso il narratore indugia in modo quasi ossessivo sui dettagli intimi, dalle mutande alla pelle delle cosce, dalle giarrettiere alle calze fino, soprattutto, al monte di Venere. Ora la sua nascosta femminilità si anima di un’energia paradossalmente sottile e insinuante. La morte sembra d’un tratto aver donato alla defunta una desiderabilità prima mai avuta: perfino gli agenti burini (r. 111) sembrano colpiti dalla macabra sensualità del cadavere.

2. Individua nel testo i termini afferenti al campo semantico dell’eros.

D’altro canto, la continua ricerca condotta dalla donna per trovare “nipoti” da adottare (come si saprà nel prosieguo del racconto) lascia intravedere da un lato il bisogno di sublimare la maternità, dall’altro manifesta un interesse ambiguo, forse di natura omosessuale. Queste ragazze sono viste come figlie, e se – come sembra – è stata proprio una di loro a ucciderla, l’omicidio si presenta ancora una volta come un matricidio, proprio come avviene nella Cognizione del dolore. Anche nel Pasticciaccio, dunque, Gadda inscena il proprio dramma personale, alludendo al consueto, autobiografico, insanabile senso di colpa. Pertanto non va sottovalutato il fugace riferimento che viene messo tra parentesi: don Ciccio rammemorò subito, con un lontano pianto nell’anima, povera mamma! (rr. 91-92), unico momento in cui nel romanzo si accenna al passato del commissario. Si tratta chiaramente di una sovrapposizione tra personaggio e autore.

3. A quale momento della vita del commissario Ingravallo, condiviso anche dall’autore stesso, si allude nel testo?

Le scelte stilistiche

Ogni evento reale ha tante facce e può essere raccontato da prospettive diverse: questo sembra volerci dire lo scrittore nel narrare una delle scene centrali della storia. Solo in tal modo è possibile avvicinarsi alla completezza della realtà. Per rendere stilisticamente la sua visione delle cose, egli adotta la tecnica della moltiplicazione dei punti di vista. L’occhio dei personaggi si ferma più volte, per esempio, sulla ferita mortale alla gola, prima con l’accenno dello Sgranfia (Co la gola tutta segata, tutta tajata da una parte. Ma vedesse che tajo, dottó! […] Un tajo! che manco er macellaro, rr. 26-29), poi con un’osservazione a metà tra il clinico (Aveva preso metà il collo, dal davanti verso destra, cioè verso sinistra, per lei, destra per loro che guardavano, rr. 81-83) e l’addolorato («La trachea», mormorò Ingravallo chinandosi, «la carotide! la iugulare… Dio!», rr. 87-88).
In particolare, lo sguardo di Ingravallo si segnala per commozione e pietosa partecipazione (Oh, gli occhi! […] Oh, quel viso! Com’era stanco, stanco, povera Liliana, rr. 76-78), ma possiamo verosimilmente attribuire a lui anche le colte annotazioni suggerite dall’aspetto del cadavere, puntualmente registrate dal narratore: i vocaboli preziosi (dessousr. 55; clorosi, r. 59; sommissione, r. 71; nimbo, r. 79), i riferimenti alti (Michelangelo, le Parche), le immagini poetiche (la lieve luce di seta, r. 58; il segno carnale del mistero, r. 65), le espressioni auliche (al gelo del sarcofago, e delle taciturne dimore, rr. 61-62; il volto […] emaciato dalla suzione atroce della Morte, r. 80).

4. Con quale tecnica narrativa vengono rese le impressioni suscitate nel commissario Ingravallo dalla visione del cadavere?

 >> pagina 679 
La voce di don Ciccio non è però l’unica: a essa si affianca quella, più bassa e grossolana, che riflette altre prospettive, come quelle dei presenti nella stanza, nel cui immaginario espressivo abbondano piuttosto metafore culinarie e considerazioni popolari (come ciavesse preso gusto, quer boja, r. 98; pareva d’esse a Ostia d’estate, r. 104).
A complicare la situazione intervengono alcune interferenze linguistiche che rompono l’omogeneità stilistica di un periodo o di un brano. Durante l’esame di Ingravallo, infatti, lo stile viene improvvisamente contaminato da un sur naso! (r. 78) che non appartiene al suo modo di parlare e di osservare. Al contrario, nei capoversi finali in romanesco (da r. 89 in poi) compare il rapidissimo riferimento alle cime del Faiti e del Cengio che ripropongono bruscamente la focalizzazione sul commissario e sul suo lontano ricordo materno. La sovrapposizione dei codici linguistici e dei punti di vista è insomma volutamente ingarbugliata, come a dare l’impressione che lo strumento letterario non sia mai sufficiente a rendere con completezza ciò che la realtà mostra.

5. Individua almeno due periodi in cui convivano registri linguistici differenti.

Un’altra caratteristica notevole del brano è rappresentata dalle tonalità cromatiche. I colori che prevalgono sono il bianco e il rosso, un rosso scuro che sfuma verso il nero. Se il bianco rappresenta la purezza e la morte, ed è associato esclusivamente a Liliana (candida sin nel nome, che deriva dal latino lilium, ovvero giglio, il fiore bianco per eccellenza), alla sua pelle, alla sua biancheria intima, il rosso/nero evoca il sangue raggrumato che oltraggia il pallore della carne, raffigurando l’orrore del caos e la violenza che stravolge l’ideale di bellezza simboleggiato dalla donna (filacce rosse, r. 84; spumiccia nera, r. 85; maccheroncini color rosso, r. 87).

6. Individua nel testo gli elementi a cui sono associate diverse tonalità di colore.


 Colori chiari Colori scuri 
 

 

Educazione CIVICA – Spunti di realtà

OBIETTIVO
5 PARITÀ DI GENERE


Quello di Liliana oggi sarebbe chiamato “femminicidio”, sostantivo che il Vocabolario Treccani definisce così: «uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica o annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale». Un termine forte ma che rende l’idea delle tante violenze subite dalle donne per aggressioni domestiche o fuori di casa, per mano di familiari, compagni, congiunti.


• Che cosa si può fare per porre fine a questa tragica emergenza sociale? Secondo la giornalista Concita De Gregorio, «il più bel centro antiviolenza del mondo è la scuola». Sei d’accordo? Pensi che la scuola potrebbe svolgere questo ruolo? E in che modo, secondo te? Argomenta le tue opinioni in un testo di circa 40 righe.

Il magnifico viaggio - volume 6
Il magnifico viaggio - volume 6
Dalla Prima guerra mondiale a oggi