Vagava, nella casa, come cercando il sentiero misterioso che l’avrebbe condotta
ad incontrare qualcuno: o forse una solitudine soltanto, priva d’ogni pietà e d’ogni
30 imagine. Dalla cucina senza più fuoco alle stanze, senza più voci: occupate da
poche mosche. E intorno alla casa vedeva ancora la campagna, il sole.
Il cielo, così vasto sopra il tempo dissolto,20 si adombrava talora delle sue cupe
nuvole;21 che vaporavano rotonde e bianche dai monti e cumulate e poi annerate
ad un tratto22 parevano minacciare chi è sola nella casa, lontani i figli, terribilmente.
35 Ciò accadde anche nello scorcio di quella estate, in un pomeriggio dei primi
di settembre, dopo la lunga calura che tutti dicevano sarebbe durata senza fine:
trascorsi una diecina di giorni da quando aveva fatto chiamare la custode, con le
chiavi: e, da lei accompagnata, era voluta discendere al Cimitero. Quella minaccia23
la feriva nel profondo. Era l’urto, era lo scherno di forze o di esseri non conosciuti,
40 e tuttavia inesorabili alla24 persecuzione: il male che risorge ancora, ancora
e sempre, dopo i chiari mattini della speranza. Ciò che più la soleva sgomentare fu
sempre il malanimo impreveduto di chi non avesse cagione25 alcuna da odiarla, o
da offenderla: di quelli a cui la sua fiducia così pura si era così trasportatamente26
rivolta, come ad eguali e a fratelli in una superiore società delle anime. Allora ogni
45 soccorrevole esperienza e memoria, valore e lavoro, e soccorso della città e della
gente, si scancellava a un tratto dalla desolazione dell’istinto mortificato, l’intimo
vigore della consapevolezza si smarriva:27 come di bimba urtata dalla folla, travolta.
La folla imbarbarita degli evi persi,28 la tenebra delle cose e delle anime erano
un torbido enigma, davanti a cui si chiedeva angosciata – (ignara come smarrita
50 bimba) – perché, perché.
L’uragano, e anche quel giorno, soleva percorrere con lunghi ululati le gole paurose
delle montagne, e sfociava poi nell’aperto contro le case e gli opifici29 degli
uomini. Dopo ogni tetro accumulo di sua rancura, per tutto il cielo si disfrenava alle
folgori, come nel guasto e nelle rapine un capitanaccio dei lanzi a gozzovigliare tra
55 sinistre luci e spari.30 Il vento, che le aveva rapito il figlio verso smemoranti cipressi,31
ad ogni finestra pareva cercare anche lei, anche lei, nella casa. Dalla finestretta
delle scale, una raffica, irrompendo, l’aveva ghermita32 per i capegli:33 scricchiolavano
da parer istiantare i pianciti e le loro intravature di legno:34 come fasciame, come
di nave in fortuna:35 e gli infissi chiusi, barrati, gonfiati da quel furore del di fuori.
60 Ed ella, simile ad animale di già ferito, se avverta36 sopra di sé ancora ed ancora le
trombe efferate della caccia,37 si raccolse come poteva nella sua stremata condizione
a ritrovare un rifugio, da basso, nel sottoscala: scendendo, scendendo: in un canto.38
Vincendo paurosamente quel vuoto d’ogni gradino, tentandoli uno dopo l’altro,
col piede, aggrappandosi alla ringhiera con le mani che non sapevano più prendere,
65 scendendo, scendendo, giù, giù, verso il buio e l’umidore39 del fondo.