I primi romanzi e La cognizione del dolore

I primi romanzi e La cognizione del dolore

La suddivisione e la catalogazione dell’opera gaddiana risultano per molti versi convenzioni editoriali e critiche, in quanto il continuo riutilizzo fatto dall’autore di interi brani o capitoli fa sì che le stesse pagine compaiano sia in romanzi sia in raccolte di racconti o all’interno di scritti di altro genere. Sebbene si tratti di opere mai pienamente compiute, è comunque tra i romanzi che si trovano le creazioni più originali di Gadda.

LA MECCANICA

La stesura dell’opera risale agli anni compresi tra il 1924 e il 1929. Alcuni brani escono prima sulla rivista “Solaria”, quindi vengono inseriti nella raccolta di racconti Novelle dal Ducato in Fiamme, ma il romanzo esce in volume solo nel 1970, con l’aggiunta di tre capitoli, solo abbozzati.

La trama si incentra sul triangolo amoroso tra la popolana Zoraide, suo marito Luigi e l’amante Franco. Le vite dei due uomini si incrociano al fronte, durante la Grande guerra, quando Franco salva Luigi, malato di tisi, dal fuoco dell’artiglieria nemica. Questi, durante una licenza per far visita alla moglie, la scopre in compagnia dell’amante. Sconvolto, l’uomo muore, e poco dopo il suo funerale Franco viene insignito della medaglia d’argento al valor militare.
Il pretesto narrativo dell’adulterio, tipico di molti romanzi e drammi borghesi, serve a Gadda per descrivere la società milanese di quel tempo, concentrandosi sul contrasto tra due classi sociali: il proletariato, rappresentato dal falegname socialista Luigi, e l’alta borghesia, rappresentata da Franco e della quale l’autore denuncia l’ipocrisia e l’angusta mentalità. Pur con una lingua semplice, non ancora “espressionista”, Gadda impiega qui una molteplicità di registri stilistici, tra inserti dialettali e squarci lirici.

RACCONTO ITALIANO DI IGNOTO DEL NOVECENTO

Scritto tra il 1924 e il 1925 e pubblicato postumo nel 1983, è un romanzo incompiuto: delle tre «sinfonie», ovvero parti, previste dallo scrittore, solo la prima assume un aspetto definito. Il racconto degli intrecci amorosi tra alcune coppie di giovani serve all’autore per descrivere l’Italia che sta per scivolare nella dittatura: un paese in crisi, lacerato dagli scontri tra socialisti e fascisti.

LA COGNIZIONE DEL DOLORE

Il romanzo, la cui prima composizione risale alla fine degli anni Trenta (subito dopo la morte della madre), esce in prima edizione sulla rivista “Letteratura” tra il 1938 e il 1941. È però solo dopo una vera e propria avventura editoriale, durata più di trent’anni, che esso trova la forma che conosciamo e leggiamo oggi: il 1963 è infatti la data dell’uscita in volume, ma solo nel 1970 Gadda aggiunge gli ultimi due capitoli, che tuttavia non presentano un finale compiuto.
Il titolo già dichiara il senso e la sostanza del romanzo. Il termine «cognizione», infatti, non indica un dato acquisito per via teorica o una conoscenza appresa una volta per tutte, ma piuttosto un processo, un percorso conoscitivo interiore doloroso e amaro, che può avvenire anche attraverso le esperienze di vita più strazianti.

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Il testo è diviso in due parti. La prima, a sua volta ripartita in quattro capitoli o «tratti», si concentra su una sorta di introduzione sociale, geografica e antropologica del contesto in cui si dipana la linea narrativa, un contesto rappresentato da un immaginario Stato latino-americano, il Maradagàl, che richiama la Lombardia e, ancor di più, la Brianza degli anni Trenta. La seconda parte, suddivisa in cinque «tratti», è incentrata sulla figura della mamma (dietro la quale non è difficile scorgere la figura reale della madre dell’autore) che vive, insieme al figlio, l’ingegnere quarantenne Don Gonzalo Pirobutirro d’Eltino (alter ego di Gadda, con le sue stesse manie e fobie), nella villa di Lukones, il luogo irreale che corrisponde però alla località di Longone, dove la famiglia Gadda trascorreva le vacanze.

Profondamente autobiografico, La cognizione rappresenta un angoscioso ritratto familiare, drammaticamente travolto da un vortice di ire e di nevrosi, di depressioni e di inquietudini incomunicabili. Il romanzo racconta infatti lo scontro quotidiano tra l’anziana donna, insensatamente prodiga di aiuti ed elemosine per la folla di questuanti che ogni giorno l’assedia, e il figlio, insofferente di questa generosità esagerata, del degrado, non solo economico, della vita familiare, dell’opportunismo di quanti frequentano una casa sempre più povera, spacciandosi per servitori fedeli.
L’azione inizia con la descrizione del Maradagàl e della villa di Lukones, proseguendo con la rassegna delle guardie del «Nistitúo provincial de vigilancia para la noche» (“Istituto provinciale di vigilanza notturna”, in spagnolo), che allude neanche troppo velatamente all’autoritarismo oppressivo del regime fascista: a questa fosca organizzazione è affidato il compito di garantire protezione armata agli abitanti. Unico a non volersi servire della sorveglianza di questi vigilantes, Don Gonzalo è guardato con sospetto dall’umanità che lo circonda, una volgare accozzaglia di arricchiti, arrampicatori sociali e sciocchi contadini, che lo fa oggetto di chiacchiere e insinuazioni a causa del suo carattere delirante e misantropo, facile agli attacchi d’ira e a sfoghi violentissimi. Proprio intorno alla villa si susseguono da tempo furti notturni: una notte, mentre Gonzalo è fuori per lavoro, vengono avvertiti rumori inquietanti provenire dalla sua proprietà. Quando i vicini entrano in casa, trovano sul letto il corpo della madre, moribonda in seguito all’aggressione da parte di uno sconosciuto.

Chi ha colpito a morte la donna? Una guardia del Nistitúo? Uno dei falsi collaboratori di cui essa si circondava, oppure lo stesso Gonzalo? Il romanzo si interrompe qui, chiudendosi senza risposta: una qualunque soluzione non spiegherebbe la natura più profonda dei fatti, che prescinde da singole responsabilità e dipende invece, secondo Gadda, dalla complessità dei rapporti umani. L’unica certezza sono il rimorso e il senso di colpa che attanagliano il protagonista e lo obbligano ad analizzare i più inconfessabili desideri e stati d’animo che dominano la sua esistenza, ma anche quella del prossimo. La conoscenza di sé lo porta a cercare le radici delle proprie nevrosi e dell’odio per una società ottusa e crudele, senza tuttavia riuscire a comprendere i propri rancori (soprattutto quelli riversati sulla madre), a sintonizzarsi con il mondo che lo circonda e a dare una spiegazione razionale al «male oscuro», a quel misterioso disagio interiore, cioè, che si traduce per lui in un’insopprimibile angoscia esistenziale.

L’abilità stilistica di Gadda trova nella Cognizione una delle sue vette più elevate: pur nella sostanza drammatica del romanzo, l’autore non rinuncia a un registro comico, deformante e parodico, con punte ferocemente grottesche (come quando descrive la dilagante stupidità della classe borghese o allude alla violenza del potere fascista), bilanciata sapientemente da squarci di altissimo e tragico lirismo, soprattutto nelle parti dedicate alla figura materna e al ricordo del fratello del protagonista, caduto in guerra.

Il magnifico viaggio - volume 6
Il magnifico viaggio - volume 6
Dalla Prima guerra mondiale a oggi