Il magnifico viaggio - volume 2

RISCRITTURA in ITALIANO MODERNO 1 Coloro che solamente con l aiuto della fortuna da privati cittadini diventano principi, con poca fatica diventano principi, ma con grande fatica mantengono il potere. Essi non incontrano alcuna difficoltà lungo il percorso, perché lo fanno come se volassero. Ma tutte le difficoltà sorgono quando sono giunti al potere. Casi di questo tipo si presentano, quando un principe ottiene uno stato o per danari o per la grazia di chi lo concede. Ciò avvenne a molti in Grecia, nelle città della Ionia e dell Ellesponto. Essi furono fatti principi da Dario, affinché mantenessero quelle città per la sua sicurezza e per la sua gloria. Ciò avvenne ancora a quegli imperatori romani che, da cittadini privati, pervenivano al potere mediante la corruzione dei soldati. Essi restano semplicemente in balia della volontà e della fortuna di chi ha loro concesso il potere, due cose molto volubili e instabili. E non sanno e non possano mantenere quel grado. Non sanno, perché, se non è uomo di grande ingegno e virtù, non è ragionevole che, essendo sempre vissuto come cittadino privato, sappia comandare. Non possono, perché non hanno forze che possano essere loro amiche e fedeli. E poi gli stati che sono sorti in pochissimo tempo, come tutte le altre cose della natura che nascono e crescono in poco tempo, non possono far penetrare in profondità le loro radici e le loro ramificazioni. In tal modo il primo tempo avverso li spegne, se, come si è detto, costoro, che così rapidamente sono diventati principi, non sono di tanta virtù che sappiano subito prepararsi a conservare quello che la fortuna ha messo loro in grembo, e gli costruiscano poi quelle fondamenta che gli altri principi hanno fatto prima di diventare principi. di Luigi Firpo 7. I principati nuovi che si acquistano con le armi di altri e con la fortuna 2 All uno e all altro di questi modi di diventare principe per virtù o per fortuna io voglio addurre due esempi che sono avvenuti a nostra memoria. Essi sono Francesco Sforza e Cesare Borgia. Francesco Sforza con i debiti mezzi e con una grande virtù, da privato diventò duca di Milano. E quello che con mille affanni aveva acquistato, con poca fatica mantenne. Cesare Borgia, chiamato dal volgo duca Valentino, acquistò invece lo stato con la fortuna del padre, e con quella lo perdette. Non servì a nulla che usasse ogni opera e facesse tutte quelle cose che un uomo prudente e virtuoso doveva fare, per mettere le radici in quegli stati che le armi e la fortuna di altri gli avevano concesso. Come più sopra si disse, chi non fa le fondamenta prima, potrebbe con una grande virtù farle poi, per quanto si facciano con disagio dell architetto e pericolo dell edificio. Se dunque si considerano tutti i modi di agire del duca, si vedrà che egli ha fatto grandi fondamenta alla sua futura potenza. Di esse non giudico superfluo discutere, perché io non saprei quali precetti migliori dare a un principe nuovo, che l esempio delle sue azioni. E, se i suoi ordinamenti politici non gli recarono profitto, non fu colpa sua, perché ciò dipese da una straordinaria ed estrema malignità della fortuna. 3 Nel voler fare grande il duca suo figlio, Alessandro VI aveva numerose difficoltà presenti e future. Per prima cosa non vedeva via di poterlo fare signore di alcuno stato che non fosse lo stato di Chiesa. E, se si volgeva a togliere quello della Chiesa, sapeva che il duca di Milano e i veneziani non glielo avrebbero acconsentito, perché Faenza e Rimini erano già sotto la protezione dei veneziani. Per seconda cosa vedeva che gli eserciti dell Italia (in particolare quello di colui di cui si poteva servire) erano nelle mani di coloro che dovevano temere la grandezza del papa. Perciò non se ne poteva fidare, poiché erano tutti capeggiati dagli Orsini e dai Colonna, e dai loro complici. Era adunque necessario che si sconvolgessero quegli ordinamenti politici e che si disarticolassero gli stati di costoro, per far sì che egli si potesse insediare con sicurezza su parte di quegli stati. Ciò gli fu facile; perché trovò che i veneziani, mossi da altre cause, avevano deciso di far ritornare i francesi in Italia. Ciò non solamente non ostacolò i suoi piani, ma li rese anche più facili con lo scioglimento del precedente matrimonio del re Luigi XII. Il re passò dunque in Italia con l aiuto dei veneziani e con il consenso di Alessandro VI. Non era giunto a Milano, che il papa ebbe da lui un contingente di soldati per l impresa di Romagna. Essa gli fu resa possibile per la reputazione del re. Così egli acquistò la Romagna e batté i Colonna. Per mantenerla e per procedere con i suoi piani, il duca era impedito da due cose: l una, le sue armi che non gli sembravano fedeli; l altra, la volontà della Francia. Egli temeva che le armi degli Orsini, delle quali si era finora valso, lo abbandonassero, e non solamente gli impedissero di acquistare altri territori, ma gli togliessero anche quelli che aveva acquistato. Temeva che anche il re si comportasse allo stesso modo. Della scarsa affidabilità degli Orsini ebbe un riscontro di lì a poco, quando dopo l espugnazione di Faenza, assalì Bologna. Li vide andare freddi in quell assalto. Circa il re, conobbe il suo animo quando, conquistato il Ducato di Urbino, assalì la Toscana. Da questa impresa il re lo fece desistere. Perciò il duca decise di non dipendere più dalle armi e dalla fortuna di altri. Per prima cosa indebolì i partigiani degli Orsini e dei Colonna in Roma: guadagnò tutti i loro aderenti che fossero gentiluomini, facendoli suoi gentiluomini e dando loro grandi stipendi. Secondo le loro qualità li onorò di comandi militari e di governi. In tal modo in pochi mesi negli animi loro l attaccamento alle fazioni si spense e si volse tutto verso il duca. Dopo questa, aspettò l occasione di spegnere gli Orsini, avendo dispersi quelli di casa Colonna. L occasione gli giunse bene ed egli la usò meglio. Gli Orsini si erano accorti troppo tardi che la grandezza del duca e della Chiesa erano la loro rovina. Perciò fecero una riunione alla Magione, nel territorio di Perugia. Da quella riunione nacquero la ribellione di Urbino, i tumulti di Romagna e infiniti altri pericoli. Il duca li superò tutti con l aiuto dei francesi. Una volta riacquistata la reputazione, non fidandosi della Francia né delle altre forze esterne, per non doversi scontrare con esse, ricorse agli inganni. Seppe tanto dissimulare il suo animo, che gli Orsini, attraverso il signor Paolo Orsini, si riconciliarono con lui. Con lui il duca ricorse a ogni genere di cortesie per rassicurarlo. Gli diede danari, L AUTORE / NICCOL MACHIAVELLI / 373

Il magnifico viaggio - volume 2
Il magnifico viaggio - volume 2
Il Quattrocento e il Cinquecento