T19 - Quel rosignuol, che sì soave piagne

Quel rosignuol, che sì soave piagne / T19 / Canzoniere, 311 / Carattere effimero della bellezza e concretezza della morte / Al poeta sembra che il canto notturno di un usignolo rappresenti il pianto per una morte. Da qui egli vorrebbe trarre motivo di conforto al dolore per la scomparsa di Laura, ma in realtà il dolce lamento dell uccello riesce solo a esacerbare il suo dolore. METRO Sonetto. 4 Quel rosignuol, che sì soave piagne forse suoi figli o sua cara consorte, di dolcezza empie il cielo et le campagne con tante note sì pietose et scorte, 8 et tutta notte par che m accompagne, et mi rammente la mia dura sorte: ch altri che me non ò di ch i mi lagne, ché n dee non credev io regnasse Morte. 11 O che lieve è inganar chi s assecura! Que duo bei lumi assai più che l sol chiari, chi pensò mai veder far terra oscura? 14 Or cognosco io che mia fera ventura vuol che vivendo et lagrimando impari come nulla qua giù diletta et dura. 1 rosignuol: usignolo. soave: aggettivo con valore di avverbio (soavemente). 4 note: suoni. scorte: ben modulate. 6 rammente: ricordi. 7 ch altri lagne: il fatto che io non ho da lamentarmi di nulla se non di me stesso. 8 ché Morte: poiché non credevo che la Morte avesse potere sulle dee (come il poeta consi- derava Laura). 9 che lieve è: quanto è facile. chi s assecura: chi si fida. 10 lumi: occhi. chiari: luminosi. 11 far: farsi, diventare. 12 cognosco: riconosco, so. mia fera ventura: la mia sorte crudele. 13 vuol: esige. DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Meditazione sulla precarietà delle gioie mondane In opposizione a quanto accade nel sonetto 272 (La vita fugge, et non s arresta una hora, T18, p. 497), Petrarca parte in questo caso da un immagine, quella del canto dell usignolo, per giungere, attraverso una riflessione sulla propria esperienza, a una sentenza di carattere epigrafico: nulla di ciò che amiamo dura per sempre (nulla qua giù diletta et dura, v. 14). Di nuovo si riaffaccia dunque il motivo della fugacità dei piaceri terreni, mentre nella seconda terzina torna il concetto espresso negli ultimi due versi del sonetto proemiale: «e l conoscer chiaramente / che quanto piace al mondo è breve sogno . L autoinganno del poeta Questa realtà è ora evidente al poeta, che però in passato non l aveva compresa appieno. Infatti egli si era ingannato, illudendosi che su una donna bella come una dea la morte non avesse potere: ch altri che me non ò di ch i mi lagne, / ché n dee non credev io L AUTORE / FRANCESCO PETRARCA / 499

Il magnifico viaggio - volume 1
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento