Non prendiamo sottogamba la comicità: le novelle di Boccaccio (quella di Calandrino e l’elitropia ne è un esempio) ci insegnano infatti che beffe e facezie, motti di spirito e arguzie sono esercizi giocosi dell’intelligenza. Ridere, insomma, è una cosa seria, come giustamente osservava anche Giacomo Leopardi: «Chi ha il coraggio di ridere è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire».
Tra i tanti maestri dell’umorismo che popolano la letteratura contemporanea, italiana e non solo, abbiamo scelto Stefano Benni (n. 1947), le cui piccole storie tragicomiche mettono in scena un mondo satirico fatto di virtù e miserie, abitudini e manie. L’autore sceglie il microcosmo di un bar di periferia – un bar dello sport, come il titolo della sua più famosa raccolta di racconti – per passare in rassegna la varia umanità che vi si dà convegno. Qui a essere protagonista non è però uno degli avventori ma, inaspettatamente ma non troppo, una brioche “paleolitica”.