CONSONANZE CONTEMPORANEE - Stefano Benni - Quando ridere è una cosa seria

CONSONANZE CONTEMPORANEE

Stefano Benni

QUANDO RIDERE È UNA COSA SERIA

Non prendiamo sottogamba la comicità: le novelle di Boccaccio (quella di Calandrino e l’elitropia ne è un esempio) ci insegnano infatti che beffe e facezie, motti di spirito e arguzie sono esercizi giocosi dell’intelligenza. Ridere, insomma, è una cosa seria, come giustamente osservava anche Giacomo Leopardi: «Chi ha il coraggio di ridere è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire».

Tra i tanti maestri dell’umorismo che popolano la letteratura contemporanea, italiana e non solo, abbiamo scelto Stefano Benni (n. 1947), le cui piccole storie tragicomiche mettono in scena un mondo satirico fatto di virtù e miserie, abitudini e manie. L’autore sceglie il microcosmo di un bar di periferia – un bar dello sport, come il titolo della sua più famosa raccolta di racconti – per passare in rassegna la varia umanità che vi si dà convegno. Qui a essere protagonista non è però uno degli avventori ma, inaspettatamente ma non troppo, una brioche “paleolitica”.

Al bar Sport non si mangia quasi mai. C’è una bacheca con delle paste, ma è puramente coreografica. Sono paste ornamentali, spesso veri e propri pezzi d’artigianato. Sono lì da anni, tanto che i clienti abituali, ormai, le conoscono una per una. Entrando dicono: «La meringa è un po’ sciupata, oggi. Sarà il caldo». Oppure: «È ora di dar la polvere al krapfen». Solo, qualche volta, il cliente occasionale osa avvicinarsi al sacrario. Una volta, per esempio, entrò un rappresentante di Milano. Aprì la bacheca e si mise in bocca una pastona bianca e nera, con sopra una spruzzata di quella bellissima granella in duralluminio1 che sola contraddistingue la pasta veramente cattiva. Subito nel bar si sparse la voce: «Hanno mangiato la Luisona!».

La Luisona era la decana delle paste, e si trovava nella bacheca dal 1959. Guardando il colore della sua crema i vecchi riuscivano a trarre le previsioni del tempo. La sua scomparsa fu un colpo durissimo per tutti. Il rappresentante fu invitato a uscire nel generale disprezzo. Nessuno lo toccò, perché il suo gesto malvagio conteneva già in sé la più tremenda delle punizioni. Infatti fu trovato appena un’ora dopo, nella toilette di un autogrill di Modena, in preda ad atroci dolori. La Luisona si era vendicata.

La particolarità di queste paste è infatti la non facile digeribilità. Quando la pasta viene ingerita, per prima cosa la granella buca l’esofago. Poi, quando la pasta arriva al fegato, questo la analizza e rinuncia, spostandosi di un colpo a sinistra e lasciandola passare. La pasta, ancora intera, percorre l’intestino e cade a terra intatta dopo pochi secondi. Se il barista non ha visto niente, potete anche rimetterla nella bacheca e andarvene.


(Stefano Benni, Bar Sport, Mondadori, Milano 1976)

Per discuterne

Riscrivendo a distanza di anni il racconto e ambientandolo in un bar del 1998, Benni osserva un fenomeno che egli chiama «la miniaturizzazione delle paste»: «Più piccole e costose sono le paste, più il bar è fico. Vediamo quindi mini-bignè che non ospiterebbero neanche un paguro, brioche invisibili a occhio nudo, pastefrolle decorate con un brandello di fragola o un mezzo mirtillo, krapfen non più grandi di un bulbo oculare. […] Possiamo affermare che, dai tempi della Grande Luisona, è in atto un restringimento progressivo e inarrestabile dell’anatomia dolciaria. Si è calcolato che, con questo ritmo, una pasta del 2010 non sarà più grande di un batterio e costerà dodicimila lire». Le cose sono davvero andate così? Discutine in classe, riflettendo con i tuoi compagni sulle ragioni che incidono sugli stili di vita e sui comportamenti diffusi.

Il magnifico viaggio - volume 1
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