Narrata da Lauretta, la novella ci presenta un marito geloso (prima a torto, poi a ragione) e una moglie scaltra, tanto che riuscirà a beffarlo. Quello delle beffe ordite dalle donne ai loro uomini è infatti il tema della Settima giornata.
T13 - Tofano e monna Ghita
T13
Tofano e monna Ghita
Decameron, VII, 4
Audiolettura
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Monna Ghita è «una semplicetta donna» (come la definisce la narratrice Lauretta in una parte introduttiva che non abbiamo riportato), ma l’amore la induce a diventare scaltra. Il marito invece appare come una persona poco avveduta: inizialmente è geloso senza motivo, ed è proprio questo ingiusto sospetto che spinge la moglie a tradirlo per ripicca. La narratrice lo gratifica dell’epiteto di bestia (rr. 44 e 82), che nel Decameron ricorre a proposito di personaggi a vario titolo maldestri, quando non addirittura stupidi. Il punto di vista di Lauretta (che è sostanzialmente quello dell’autore) lo qualifica come uno sciocco (Per queste parole niente si mosse Tofano dalla sua sciocca opinione, r. 56): anziché trattare la faccenda con discrezione, intende svergognare la moglie in pubblico per il suo tradimento, così rimettendoci in prima persona nell’opinione dei concittadini (era pur disposto a volere che tutti gli aretin sapessero la lor vergogna, là dove niun la sapeva, rr. 45-46).
Monna Ghita, sorpresa fuori casa, viene chiusa all’esterno dal marito, ma la donna, con un’abile trovata, riesce a ribaltare la situazione: prima lui è in casa e lei fuori, dopo le parti si invertono. La moglie è così sfrontata da rivolgere ai vicini una frase che in realtà è rivolta al marito: Che direste voi se io fossi nella via come è egli, e egli fosse in casa come sono io? In fé di Dio che io dubito che voi non credeste che egli dicesse il vero (rr. 83-85). Dopo essere stato crudelmente beffato, Tofano impara la lezione, giungendo a concedere alla moglie una libertà insperata: essa potrà addirittura tradirlo, purché egli non se ne avveda (le diè licenzia che ogni suo piacer facesse, ma sì saviamente, che egli non se ne avvedesse, rr. 99-100). Sembra proprio il giusto contrappasso per i passati eccessi di gelosia.
Le scelte stilistiche
La parte più vivace della novella e l’elemento su cui poggia la sua efficacia narrativa è la mimesi. La donna, in particolare, si mostra un’abilissima attrice, capace di una raffinata finzione scenica. Prima prega il marito, poi lo minaccia fingendo di volersi suicidare, se egli continuerà a sospettare ingiustamente di lei (ma il lettore sa che i sospetti di tradimento sono fondati) e soprattutto se non la farà rientrare in casa; detta quasi un beffardo testamento (farai riporre questa mia rocca che io lascio qui, r. 58) e prorompe in esclamazioni patetiche (Idio, perdonami!, r. 61). Successivamente, chiuso fuori il marito, recita una nuova commedia con i vicini, facendo credere loro che sia l’uomo a essere tornato ubriaco nel cuore della notte. Piange (La donna cominciò piangendo a dire, r. 77) e cerca, riuscendoci, di ottenere la compassione di coloro che la ascoltano. Da tutto ciò risulta fortemente accresciuta la comicità della novella.
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1 In quale modo monna Ghita riesce inizialmente a incontrare l’amante senza che il marito se ne accorga?
2 Perché in seguito il marito comincia a sospettare?
3 Quando Ghita si ripresenta a casa dopo aver trascorso gran parte della notte fuori e il marito si rifiuta di farla entrare, quale giustificazione accampa in merito alla propria assenza per convincerlo ad aprirle la porta?
- a Dice di essere stata da sua madre.
- b Dice di essere andata a fare una passeggiata perché non sopportava il caldo.
- c Dice di essere stata da una vicina perché soffriva di insonnia.
- d Dice di essersi addormentata in giardino.
ANALIZZARE
4 In ebbe alcuni amici mezzani (r. 97), mezzani è
- a complemento di qualità.
- b complemento predicativo del soggetto.
- c complemento predicativo dell’oggetto.
- d complemento oggetto.
5 Individua gli aggettivi e le espressioni con cui viene descritto Tofano.
INTERPRETARE
6 A tuo parere ha fatto bene Ghita a comportarsi in questo modo? Le sue azioni successive sono giustificate dall’iniziale, infondata sfiducia del marito? Ha fatto bene Tofano a scendere infine a patti con Ghita? Alla conclusione della novella c’è ancora amore tra marito e moglie?
SCRIVERE PER...
RIELABORARE
7 Scrivi una sceneggiatura della novella. Che genere di attori sceglieresti? Prepara i dialoghi in italiano moderno con le varie indicazioni di regia (gli abiti da indossare, i luoghi in cui girare, le inquadrature da fare, la recitazione degli attori ecc.). Per avere un’idea su come scrivere una sceneggiatura, consulta (insieme al docente) uno dei tanti siti web disponibili sull’argomento.
T14
Calandrino e l’elitropia
Decameron, VIII, 3
Riportiamo qui, dall’Ottava giornata, dedicata alle beffe, la prima novella (raccontata da Lauretta) di cui è protagonista Calandrino, sorta di personaggio “seriale” del Decameron, che comparirà anche nelle novelle VIII, 6, Calandrino e il porco; IX, 3, Calandrino incinto, (▶ T15, p. 654); IX, 5, Calandrino innamorato. All’origine di questo personaggio ci fu una persona realmente esistita, il modesto pittore Nozzo di Perino, vissuto a Firenze tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento, ricordato due secoli dopo anche nelle Vite di Giorgio Vasari. Parimenti esistiti sono i suoi due “beffatori”, Bruno e Buffalmacco: Bruno di Giovanni d’Olivieri e Bonamico di Cristofano detto Buffalmacco. Il soprannome di quest’ultimo fa riferimento all’inclinazione alle beffe, mentre “Calandrino” allude a un uccello chiamato “calandra” considerato “sciocco” nell’immaginario popolare a causa del suo modo irregolare di volare. L’elitropia era – in base ai lapidari medievali – una pietra di colore verde molto scuro, capace di rendere invisibile chi la portasse con sé.
ANALISI ATTIVA
I contenuti tematici
Il testo si apre con la presentazione dei personaggi: Calandrino, Bruno, Buffalmacco e Maso del Saggio. Sono tutti pittori attivi a Firenze nel primo Trecento, ma mentre Calandrino è uom semplice e di nuovi costumi (r. 12), Bruno e Buffalmacco – oltre a essere uomini sollazzevoli molto (r. 13), che è la ragione per cui Calandrino ama frequentarli – sono avveduti e sagaci (r. 14). Essi, a loro volta, frequentano Calandrino per ciò che de’ suoi modi e della sua simplicità sovente gran festa prendevano (rr. 14-15). Dunque è da subito evidente una fondamentale asimmetria nei rapporti: mentre l’amicizia di Calandrino verso gli altri due è ingenua, Bruno e Buffalmacco hanno da tempo individuato in lui un oggetto di divertimento, senza che egli lo sospetti.
Maso, a sua volta, si pone sullo stesso piano di Bruno e Buffalmacco. È lui, infatti, a innescare la prima beffa, incantando Calandrino con strani discorsi su paesi meravigliosi e pietre “virtuose”. Lo sciocco abbocca, ed ecco le premesse per la beffa successiva, su cui è incentrata la novella. Questa volta, però, è lo stesso Calandrino a mettersi da solo nel sacco, ovviamente senza accorgersene: nel momento in cui informa Bruno e Buffalmacco della notizia, comunicatagli da Maso, dell’esistenza di una pietra favolosa (l’elitropia) capace di rendere invisibile chi la porti su di sé, i due amici trovano subito, con un semplice scambio di sguardi (guatando l’un verso l’altro, r. 92), l’intesa per beffare il collega credulone.
1. Suddividi tutto il testo in sequenze, attribuendo a ciascuna di esse un titolo adeguato.
2. Bruno consiglia di rinviare la ricerca della pietra alla domenica mattina. Perché?
3. Quali sono le fantasiose attrazioni del paese di Bengodi?
Il personaggio di Calandrino appare da subito come un sempliciotto piuttosto bizzarro. Non a caso, si beve tutte le storie strampalate raccontategli da Maso del Saggio, che, con il suo discorso sull’elitropia, prepara inconsapevolmente la beffa che poi sarà ordita da Bruno e Buffalmacco. Il suo principale punto di debolezza può essere forse individuato in «una capacità immaginativa superiore al comune, poiché è disposto a vedere cose che gli uomini normali riterrebbero inverosimili» (Asor Rosa).
Ignorante com’è, il protagonista della novella è soprattutto sciocco, ma anche piuttosto presuntuoso, giacché è convinto di poter riconoscere facilmente l’elitropia. Come ha scritto il critico Natalino Sapegno, in lui «la sciocchezza si complica di avarizia e di stolida diffidenza, e di non so quale persuasione di furberia». All’origine della sua creduloneria c’è in effetti la cupidigia, che affiora nella frenesia dell’affannosa ricerca della pietra magica e nell’intenzione di recarsi alle tavole dei cambiavalute: diventare invisibile gli consentirebbe (questa è la sua intenzione) di arricchirsi illecitamente e quando si convince, per lo scherzo di Bruno e Buffalmacco, di aver trovato la pietra che lo rende tale, non si palesa ai compagni che crede non lo stiano vedendo.
La stupidità di Calandrino si manifesta anche, alla fine della novella, nella violenza che sfoga percuotendo la moglie, poiché crede che un suo malefico influsso, in quanto femmina, abbia posto fine al magico influsso della pietra. In ciò affiora un certo pregiudizio misogino, tipico, per molti aspetti, della cultura e della società medievali. Ma Boccaccio, che alle donne aveva dedicato il Decameron, non condivide tale visione, ed è evidente, se consideriamo il punto di vista da cui la vicenda è narrata (teso a mettere alla berlina Calandrino), la condanna – da parte dell’autore – della mentalità antifemminile del personaggio e del suo violento comportamento.
9. In quali frasi ed espressioni trovi riscontro a questo abile utilizzo della parola?
Le scelte stilistiche
Torniamo al discorso iniziale di Maso. Egli parla di luoghi favolosi dove avvengono cose meravigliose, utilizzando frasi equivoche e numeri immaginari. I suoi doppi sensi e giochi di parole non vengono percepiti come tali da Calandrino, il quale, sprovvisto di intelligenza ma anche di senso dell’umorismo, prende come oro colato quanto il suo interlocutore gli dice. L’anfibologia delle sue parole stabilisce un doppio livello di significati: Calandrino percepisce soltanto quello letterale, che non mette in discussione, ma che anzi, distratto (o meglio “astratto” dalla realtà) com’è, si fa scivolare addosso come se nulla fosse; il lettore, invece, intende un secondo livello di senso, basato sull’assurdità delle affermazioni e sulla loro comicità. In tal modo si stabilisce, tra Boccaccio (che possiamo intravedere dietro al personaggio di Maso del Saggio) e chi legge, un rapporto – anche in questo caso – di complicità: il narratore, per bocca di Maso del Saggio, sbeffeggia Calandrino, il quale non se ne accorge affatto; ce ne accorgiamo però noi che leggiamo la novella. L’autore può così riaffermare la propria simpatia verso coloro che sanno utilizzare il proprio ingegno con destrezza e, al tempo stesso, irridere chi si rivela sciocco e credulone.
10. Individua, nelle battute di Maso del Saggio, esempi di anfibologia.
La narrazione in terza persona e i dialoghi tra i vari personaggi sono tra loro in perfetto equilibrio per conferire al testo un ritmo narrativo veloce ed efficace, al punto che la vicenda, per quanto possa sembrare paradossale, finisce per diventare credibile agli occhi del lettore man mano che se ne segue lo svolgimento. Qui Boccaccio si mostra infatti abilissimo nel passare da dialoghi realistici a momenti di pura invenzione verbale (il discorso di Maso del Saggio), da scene dalle caratteristiche quasi teatrali alla descrizione realistica dei personaggi, fino a momenti di comicità surreale. In particolare, lo studioso Mario Baratto ha parlato, a proposito di questa novella, di «un racconto che si traduce in esatta misura di commedia, a quadri successivi, dove notazione gestuale e dialogo si compenetrano felicemente a delineare la maschera di Calandrino».
Educazione CIVICA – Spunti di realtà
In fin dei conti, quella subita da Calandrino è una beffa inoffensiva: certo, si tratta di uno scherzo un po’ sadico ma non va oltre i limiti della burla. Purtroppo non è sempre così: il gioco della derisione può diventare vessazione e il divertimento tramutarsi in persecuzione e molestia, comportamenti sanzionati dall’articolo 660 del Codice penale.
• Questi atti di intimidazione non sempre si concretizzano in violenza fisica e oggi si verificano con sempre maggior frequenza in Rete: in tal caso si parla di cyberbullismo. Prova a definire il fenomeno e commentalo in un dibattito in classe.
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento