T15 - Calandrino incinto

T15

Calandrino incinto

Decameron, IX, 3

Filostrato racconta una novella che ha ancora per protagonista lo sciocco Calandrino, che abbiamo già visto all’opera (Calandrino e l’elitropia T14, p. 643). Questa volta alcuni amici gli fanno credere di essere incinto.

Maestro Simone a instanzia di Bruno e di Buffalmacco e di Nello fa credere a Calandrino che 
egli è pregno:1 il quale per medicine dà a’ predetti capponi e denari, e guerisce senza partorire.
[…]
Mostrato è di sopra assai chiaro chi Calandrin fosse e gli altri de’ quali in questa 
novella ragionar debbo;2 e per ciò, senza più dirne, dico che egli avvenne che 
5      una zia di Calandrin si morì e lasciogli dugento lire di piccioli contanti:3 per la 
qual cosa Calandrino cominciò a dire che egli voleva comperare un podere, e 
con quanti sensali aveva4 in Firenze, come se da spendere avesse avuti diecemilia 
fiorin d’oro, teneva mercato,5 il qual sempre si guastava6 quando al prezzo del 
poder domandato si perveniva. Bruno e Buffalmacco, che queste cose sapevano, 
10    gli avean più volte detto che egli farebbe il meglio a goderglisi con loro insieme, 
che andar comperando terra come se egli avesse avuto a far pallottole;7 ma, non 
che a questo, essi non l’aveano mai potuto conducere che egli loro una volta desse 
mangiare.8
Per che un dì dolendosene, e essendo a ciò sopravenuto un lor compagno che 
15    aveva nome Nello, dipintore,9 diliberar tutti e tre di dover trovar modo da ugnersi 
il grifo10 alle spese di Calandrino. E senza troppo indugio darvi, avendo tra sé ordinato 
quello che a fare avessero, la seguente mattina appostato quando Calandrino 
di casa uscisse, non essendo egli guari andato,11 gli si fece incontro Nello e disse: 
«Buondì, Calandrino».
20    Calandrino gli rispose che Idio gli desse il buondì e ’l buono anno. Appresso 
questo Nello, rattenutosi un poco, lo ’ncominciò a guardar nel viso: a cui Calandrin 
disse: «Che guati tu?».
E Nello disse a lui: «Haiti tu sentita stanotte cosa niuna? Tu non mi par desso».12 
Calandrino incontanente13 cominciò a dubitare e disse: «Oimè! come? che ti pare 
25    egli che io abbia?».
Disse Nello: «Deh! io nol dico per ciò14, ma tu mi pari tutto cambiato: fia forse 
altro»;15 e lasciollo andare.
Calandrino tutto sospettoso,16 non sentendosi per ciò cosa del mondo,17 andò 
avanti; ma Buffalmacco, che guari18 non era lontano, vedendol partito da Nello, 
30    gli si fece incontro e salutatolo il domandò se egli si sentisse niente. Calandrino 
rispose: «Io non so, pur testé19 mi diceva Nello che io gli pareva tutto cambiato; 
potrebbe egli essere che io avessi nulla?».20
Disse Buffalmacco: «Sì, potrestù aver cavelle, non che nulla:21 tu par mezzo 
morto».
35    A Calandrino pareva già aver la febbre; e ecco Bruno sopravenire, e prima che 
altro dicesse disse: «Calandrino, che viso è quello? E’ par che tu sie morto: che ti 
senti tu?».
Calandrino, udendo ciascun di costoro così dire, per certissimo ebbe seco 
medesimo d’esser malato, e tutto sgomentato gli domandò: «Che fo?».
40    Disse Bruno: «A me pare che tu te ne torni a casa e vaditene in su il letto e facciti 
ben coprire, e che tu mandi il segnal tuo22 al maestro23 Simone, che è così nostra 
cosa24 come tu sai. Egli ti dirà incontanente ciò che tu avrai a fare, e noi ne verrem 
teco e, se bisognerà far cosa niuna, noi la faremo».
E con loro aggiuntosi Nello, con Calandrino se ne tornarono a casa sua; e egli 
45    entratosene tutto affaticato nella camera disse alla moglie: «Vieni e cuoprimi bene, 
ché io mi sento un gran male».
Essendo adunque a giacer posto, il suo segnale per una fanticella25 mandò al 
maestro Simone, il quale allora a bottega stava in Mercato Vecchio alla ’nsegna 
del mellone;26 e Bruno disse a’ compagni: «Voi vi rimarrete qui con lui, e io voglio 
50    andare a sapere che il medico dirà, e, se bisogno sarà, a menarloci».27
Calandrino allora disse: «Deh! sì, compagno mio, vavvi28 e sappimi ridire 
come il fatto sta, ché io mi sento non so che dentro».29
Bruno, andatose al maestro Simone, vi fu prima che la fanticella che il segno 
portava e ebbe informato maestro Simon del fatto; per che, venuta la fanticella e il 
55    maestro, veduto il segno, disse alla fanticella: «Vattene e dì a Calandrino che egli 
si tenga ben caldo, e io verrò a lui incontanente e dirogli ciò che egli ha e ciò che 
egli avrà a fare».
La fanticella così rapportò,30 né stette guari31 che il medico e Brun vennero; e 
postoglisi il medico a sedere allato, gl’incominciò a toccare il polso, e dopo alquanto, 
60    essendo ivi presente la moglie, disse: «Vedi, Calandrino, a parlarti come a 
amico, tu non hai altro male se non che tu se’ pregno».
Come Calandrino udì questo, dolorosamente cominciò a gridare e a dire: 
«Oimè! Tessa, questo m’hai fatto tu, che non vuogli stare altro che di sopra:32 io il 
ti diceva bene!».
65    La donna, che assai onesta persona era, udendo così dire al marito tutta di 
vergogna arrossò; e bassata la fronte senza risponder parola s’uscì della camera. 
Calandrino, continuando il suo ramarichio,33 diceva: «Oimè, tristo me, come farò 
io? come partorirò io questo figliuolo? onde uscirà egli? Ben veggo che io son 
morto per la rabbia34 di questa mia moglie, che tanto la faccia Idio trista quanto io 
70    voglio esser lieto; ma così fossi io sano come io non sono, ché io mi leverei e dare’ 
le tante busse, che io la romperei tutta, avvegna che egli mi stea molto bene,35 ché 
io non la doveva mai lasciar salir di sopra. Ma per certo, se io scampo di questa,36 
ella se ne potrà ben prima morir di voglia».37
Bruno e Buffalmacco e Nello avevano sì gran voglia di ridere che scoppiavano, 
75    udendo le parole di Calandrino, ma pur se ne tenevano; ma il maestro Scimmione 
rideva sì squaccheratamente,38 che tutti i denti gli si sarebber potuti trarre.39 Ma 
pure, a lungo andare, raccomandandosi Calandrino al medico e pregandolo che 
in questo gli dovesse dar consiglio e aiuto, gli disse il maestro: «Calandrino, io 
non voglio che tu ti sgomenti, ché, lodato sia Idio, noi ci siamo sì tosto accorti 
80    del fatto, che con poca fatica e in pochi dì ti dilibererò; ma conviensi40 un poco 
spendere».
Disse Calandrino: «Oimè! maestro mio, sì, per l’amor di Dio. Io ho qui da dugento 
lire di che io volea comperare un podere: se tutti bisognano, tutti gli togliete,41 
pur che io non abbia a partorire, ché io non so come io mi facessi; ché io odo 
85    fare alle femine un sì gran romore42 quando son per partorire, con tutto che elle 
abbiano buon cotal grande donde farlo,43 che io credo, se io avessi quel dolore, 
che io mi morrei prima che io partorissi».
Disse il medico: «Non aver pensiero. Io ti farò fare una certa bevanda stillata44 
molto buona e molto piacevole a bere, che in tre mattine risolverà ogni cosa, e 
90    rimarrai più sano che pesce; ma farai che tu sii poscia45 savio e più non incappi in 
queste sciocchezze. Ora ci bisogna per quella acqua tre paia di buon capponi e 
grossi, e per altre cose che bisognano darai a un di costoro cinque lire di piccioli, 
che le comperi, e fara’mi ogni cosa recare alla bottega; e io al nome di Dio domattina 
ti manderò di quel beveraggio stillato, e comincera’ne a bere46 un buon 
95    bicchier grande per volta».
Calandrino, udito questo, disse: «Maestro mio, ciò siane in voi»;47 e date 
cinque lire a Bruno e denari per tre paia di capponi, il pregò che in suo servigio in 
queste cose durasse fatica.48
Il medico, partitosi, gli fece fare un poco di chiarea49 e mandogliele. Bruno, 
100  comperati i capponi e altre cose necessarie al godere, insieme col medico e co’ 
compagni suoi se gli mangiò. Calandrino bevé tre mattine della chiarea; e il medico 
venne da lui, e i suoi compagni, e toccatogli il polso gli disse: «Calandrino, tu 
se’ guerito senza fallo; e però50 sicuramente oggimai51 va a fare ogni tuo fatto, né 
per questo star52 più in casa».
105  Calandrino lieto, levatosi, s’andò a fare i fatti suoi, lodando molto, ovunque con 
persona a parlar s’avveniva, la bella cura che di lui il maestro Simone aveva fatta, 
d’averlo fatto in tre dì senza alcuna pena spregnare;53 e Bruno e Buffalmacco e 
Nello rimaser contenti d’aver con ingegni54 saputa  schernire l’avarizia di Calandrino, 
quantunque monna Tessa, avvedendosene, molto col marito ne brontolasse.
 >> pagina 657

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

In tutte e quattro le novelle che lo vedono protagonista Calandrino appare come il perfetto prototipo dello sciocco. Qui, quando gli viene fatto credere di aspettare un figlio, anziché rifiutarsi di considerare verosimile tale ipotesi, ci crede subito, interpretando l’inattesa evenienza secondo il proprio orizzonte culturale, cioè accusando la moglie per averlo costretto a un rapporto sessuale in una posizione inconsueta.

«La comicità della interpretazione, tale da indurre al riso gli stessi beffatori, è dovuta alla sua logica perversa: se la posizione normale prevede che l’uomo sia sopra e la donna sotto, e se normalmente è la donna a essere ingravidata dall’uomo, con il suo sillogismo difettoso Calandrino deduce che l’inversione delle posizioni ha prodotto l’effetto inverso. […] Il narratore è attento a collocare questa interpretazione dentro un sistema culturale preciso: quando infatti il protagonista arriva a questa conclusione, la moglie, anziché smentirlo recisamente con il richiamo alla realtà effettiva della riproduzione umana, “bassata la fronte” va via in silenzio, tutta rossa per la vergogna» (Alfano).

Lo scherzo giocato a Calandrino è ideato dai suoi amici per punirne l’egoismo. Egli infatti all’inizio rifiuta di condividere almeno una parte della somma di denaro ricevuta in eredità dalla zia. Attraverso la beffa Bruno e Buffalmacco, ai quali in questa novella si aggiunge un altro amico, Nello, riescono a ribaltare la situazione di partenza: alla fine della novella li troviamo che banchettano allegramente a spese del beffato. Mentre loro si godono i succulenti capponi ottenuti grazie a Calandrino, questi è costretto a trangugiare per tre giorni un’inutile pozione medicinale.
 >> pagina 658 

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Che cosa vorrebbe fare inizialmente Calandrino dei soldi di cui è venuto in possesso? In che cosa consiste la difficoltà a mettere in atto il progetto?


2 Che cosa gli rimproverano gli amici?


3 Come riescono a convincerlo di essere malato?


4 Come riescono a convincerlo di essere incinto?

ANALIZZARE

5 Fai l’analisi del periodo delle rr. 3-13.

INTERPRETARE

6 Descrivi lo stile adottato nella novella. Prevale la mimesi o la diegesi? Quali elementi della narrazione determinano in particolare la comicità?

SCRIVERE PER...

CONFRONTARE

7 Il tema della beffa ordita da un gruppo di amici a danno di qualche sprovveduto è presente anche in molti film. Scegline uno a tuo piacimento in cui compare una beffa particolarmente significativa e mettila a confronto con quella di Boccaccio in un testo di circa 30 righe.

T16

Griselda

Decameron, X, 10

La novella di Griselda, narrata da Dioneo, è l’ultima della giornata conclusiva del Decameron. Protagonista è una giovane contadina che Gualtieri, marchese di Saluzzo, prende in moglie quasi per capriccio e in seguito sottopone a una lunga serie di crudeli “torture psicologiche”, per testarne la fedeltà e la sottomissione.

Il marchese di Sanluzzo da’ prieghi1 de’ suoi uomini2 costretto di pigliar moglie, per prenderla 
a suo modo piglia una figliuola d’un villano,3 della quale ha due figliuoli, li quali le 
fa veduto d’ucidergli;4 poi, mostrando lei essergli rincresciuta5 e avere altra moglie presa a 
casa faccendosi ritornare la propria figliuola come se sua moglie fosse, lei avendo in camiscia 
5      cacciata6 e a ogni cosa trovandola paziente, più cara che mai in casa tornatalasi,7 i suoi 
figliuoli grandi le mostra e come marchesana l’onora e fa onorare.

[…] – Mansuete8 mie donne, per quel che mi paia,9 questo dì d’oggi è stato dato 
a re e a soldani e a così fatta gente:10 e per ciò, acciò che11 io troppo da voi non mi 
scosti, vo’ ragionar d’un marchese, non cosa magnifica ma una matta bestialità,12 
10    come che ben ne gli seguisse alla fine;13 la quale14 io non consiglio alcun che segua, 
per ciò che gran peccato fu che a costui ben n’avenisse.15
Già è gran tempo, fu tra’ marchesi di Sanluzzo il maggior della casa16 un giovane 
chiamato Gualtieri, il quale, essendo senza moglie e senza figliuoli, in niuna 
altra cosa il suo tempo spendeva che in uccellare17 e in cacciare, né di prender 
15    mo­glie né d’aver figliuoli alcun pensiero avea; di che egli era da reputar molto savio.18 
La qual cosa a’ suoi uomini non piaccendo, più volte il pregaron che moglie 
prendesse, acciò che egli senza erede né essi senza signor rimanessero,19 offerendosi 
di trovargliel tale e di sì fatto padre e madre discesa, che buona speranza se 
ne potrebbe avere e esso contentarsene molto.20
20    A’ quali Gualtieri rispose: «Amici miei, voi mi strignete21 a quello che io del tutto 
aveva disposto22 di non far mai, considerando quanto grave23 cosa sia a poter trovare 
chi co’ suoi costumi ben si convenga24 e quanto del contrario sia grande la copia,25 
e come dura vita sia quella di colui che a donna26 non bene a sé conveniente 
s’abbatte.27 E il dire che voi vi crediate a’ costumi de’ padri e delle madri le figliuole 
25    conoscere,28 donde argomentate di darlami tal che mi piacerà,29 è una sciocchezza, 
con ciò sia cosa che io non sappia dove i padri possiate conoscere né come i segreti 
delle madri di quelle:30 quantunque, pur cognoscendogli, sieno spesse volte 
le figliuole a’ padri e alle madri dissimili.31 Ma poi che pure in queste catene32 vi 
piace d’annodarmi, e io voglio esser contento;33 e acciò che io non abbia da dolermi 
30    d’altrui che di me, se mal venisse fatto, io stesso ne voglio essere il trovatore,34 
affermandovi che, cui che io mi tolga, se da voi non fia come donna onorata, voi 
proverete con gran vostro danno quanto grave mi sia l’aver contra mia voglia presa 
mogliere a’ vostri prieghi».35 I valenti uomini risposon ch’eran contenti, sol che esso 
si recasse a prender moglie.
35    Erano a Gualtieri buona pezza36 piaciuti i costumi d’una povera giovinetta che 
d’una villa vicina a casa sua era,37 e parendogli bella assai estimò che con costei 
dovesse potere aver vita assai consolata.38 E per ciò, senza più avanti cercare,39 
costei propose40 di volere sposare: e fattosi il padre chiamare, con lui, che poverissimo 
era, si convenne di torla per moglie.41
40    Fatto questo, fece Gualtieri tutti i suoi amici della contrada adunare e disse loro: 
«Amici miei, egli v’è piaciuto e piace che io mi disponga a tor moglie, e io mi vi son 
disposto42 più per compiacere a voi che per disiderio che io di moglie avessi. Voi 
sapete quello che voi mi prometteste, cioè d’esser contenti e d’onorar come donna 
qualunque quella fosse che io togliessi; e per ciò venuto è il tempo che io sono per 
45    servare a voi la promessa e che io voglio che voi a me la serviate.43 Io ho trovata una 
giovane secondo il cuor mio assai presso di qui, la quale io intendo di tor per moglie 
e di menarlami fra qui e pochi dì a casa;44 e per ciò pensate come45 la festa delle nozze 
sia bella e come voi onorevolmente ricever la possiate, acciò che io mi possa della 
vostra promession chiamar contento come voi della mia vi potrete chiamare».46
50    I buoni uomini lieti tutti risposero ciò piacer loro47 e che, fosse chi volesse, essi 
l’avrebber per donna e onorerebbonla48 in tutte cose sì come donna; e appresso 
questo tutti si misero in assetto di49 far bella e grande e lieta festa, e il simigliante50 
fece Gualtieri. Egli fece preparar le nozze grandissime e belle e invitarvi molti 
suoi amici e parenti e gran gentili uomini e altri da torno;51 e oltre a questo fece 
55    tagliare e far più robe belle e ricche al dosso d’una giovane la quale della persona 
gli pareva che la giovinetta la quale avea proposto di sposare;52 e oltre a questo 
apparecchiò53 cinture e anella e una ricca e bella corona e tutto ciò che a novella 
sposa si richiedea.
E venuto il dì che alle nozze predetto aveva,54 Gualtieri in su la mezza terza55 
60    montò a cavallo, e56 ciascuno altro che a onorarlo era venuto; e ogni cosa oportuna 
avendo disposta, disse: «Signori, tempo è d’andare per la novella sposa»; e messosi 
in via con tutta la compagnia sua, pervennero alla villetta.57 E giunti a casa del 
padre della fanciulla e lei trovata che con acqua tornava dalla fonte in gran fretta 
per andar poi con altre femine a veder venire la sposa di Gualtieri;58 la quale come 
65    Gualtier vide,59 chiamatala per nome, cioè Griselda, domandò dove il padre fosse; 
al quale ella vergognosamente60 rispose: «Signor mio, egli è in casa».
Allora Gualtieri, smontato e comandato a ogni uom che l’aspettasse, solo se 
n’entrò nella povera casa, dove trovò il padre di lei, che avea nome Giannucole,61
dissegli: «Io sono venuto a sposar la Griselda, ma prima da lei voglio sapere alcuna 
70    cosa in tua presenza»; e domandolla se ella sempre, togliendola egli per moglie, 
s’ingegnerebbe di compiacergli e di niuna cosa che egli dicesse o facesse non turbarsi, 
e se ella sarebbe obediente e simili altre cose assai,62 delle quali ella a tutte rispose 
di sì.
Allora Gualtieri, presala per mano, la menò fuori e in presenza di tutta la sua 
75    compagnia e d’ogn’altra persona la fece spogliare ignuda: e fattisi63 quegli vestimenti 
che fatti aveva fare, prestamente la fece vestire e calzare e sopra i suoi capelli, 
così scarmigliati come erano, le fece mettere una corona; e appresso questo, 
maravigliandosi ogn’uomo di questa cosa, disse: «Signori, costei è colei la quale io intendo 
che mia moglie sia, dove64 ella me voglia per marito»; e poi a lei rivolto, che di se 
80    medesima vergognosa e sospesa65 stava, le disse: «Griselda, vuoimi66 tu per tuo 
marito?».
A cui ella rispose: «Signor mio, sì».
E egli disse: «E io voglio te per mia moglie»; e in presenza di tutti la sposò; e 
fattala sopra un pallafren67 montare, orrevolmente68 accompagnata a casa la si 
85    menò. Quivi furon le nozze belle e grandi e la festa non altramenti che se presa 
avesse la figliuola del re di Francia.
La giovane sposa parve che co’ vestimenti insieme l’animo e’ costumi mutasse. 
Ella era, come già dicemmo, di persona e di viso bella: e così come bella era, divenne 
tanto avvenevole,69 tanto piacevole e tanto costumata, che non figliuola di 
90    Giannucole e guardiana di pecore pareva stata ma d’alcun nobile signore, di che ella 
faceva maravigliare ogn’uom che prima conosciuta l’avea; e oltre a questo era tanto 
obediente al marito e tanto servente,70 che egli si teneva71 il più contento e il più 
appagato uomo del mondo. E similmente verso i subditi del marito era tanto graziosa 
e tanto benigna, che niun ve ne era che più che sé non l’amasse72 e che non 
95    l’onorasse di grado,73 tutti per lo suo bene e per lo suo stato e per lo suo essaltamento74 
pregando, dicendo, dove dir soleano Gualtieri aver fatto come poco savio d’averla 
per moglie presa,75 che egli era il più savio e il più avveduto uomo che al mondo 
fosse, per ciò che niuno altro che egli76 avrebbe mai potuta conoscere l’alta vertù di 
costei nascosa sotto i poveri panni e sotto l’abito villesco.77 E in brieve non solamente 
100  nel suo marchesato ma per tutto, anzi che gran tempo fosse passato, seppe ella sì 
fare, che ella fece ragionare del suo valore e del suo bene adoperare, e in contrario 
rivolgere, se alcuna cosa detta s’era contro al marito per lei quando sposata l’avea.78
Ella non fu guari con Gualtieri dimorata79 che ella ingravidò, e al tempo partorì 
una fanciulla, di che Gualtieri fece gran festa. Ma poco appresso, entratogli un 
105  nuovo pensier nell’animo, cioè di volere con lunga esperienzia e con cose intollerabili 
provare la pazienzia di lei, e’ primieramente80 la punse con parole, mostrandosi 
turbato e dicendo che i suoi uomini pessimamente si contentavano di lei81 
per la sua bassa condizione e spezialmente poi che vedevano che ella portava 
figliuoli, e della figliuola che nata era tristissimi altro che mormorar non faceano.82
110  Le quali parole udendo la donna, senza mutar viso o buon proponimento in 
alcuno atto, disse: «Signor mio, fa di me quello che tu credi che più tuo onore o 
consolazion sia, ché io sarò di tutto contenta, sì come colei che conosco che io 
sono da men di loro e che io non era degna di questo onore al quale tu per tua 
cortesia mi recasti». Questa risposta fu molto cara83 a Gualtieri, conoscendo costei 
115  non essere in alcuna superbia levata per onore che egli o altri fatto l’avesse.
Poco tempo appresso, avendo con parole generali84 detto alla moglie che i subditi 
non potevan patir85 quella fanciulla di lei nata, informato un suo famigliare,86 
il mandò a lei, il quale con assai dolente viso le disse: «Madonna, se io non voglio 
morire, a me convien far quello che il mio signor mi comanda. Egli m’ha comandato 
120  che io prenda questa vostra figliuola e ch’io…» e non disse più.
La donna, udendo le parole e vedendo il viso del famigliare e delle parole dette 
ricordandosi, comprese che a costui fosse imposto che egli l’uccidesse: per che 
prestamente87 presala della culla e basciatala e benedetola, come che gran noia nel 
cuor sentisse,88 senza mutar viso in braccio la pose al famigliare e dissegli: «Te’,89 
125  fa’ compiutamente quello che il tuo e mio signore t’ha imposto, ma non la lasciar 
per modo che le bestie e gli uccelli la divorino, salvo se egli nol ti comandasse».90 
Il famigliare, presa la fanciulla e fatto a Gualtier sentire91 ciò che detto aveva la 
donna, maravigliandosi egli della sua constanzia,92 lui con essa ne mandò a Bologna 
a una sua parente, pregandola che, senza mai dire cui figliuola si fosse,93 
130  diligentemente allevasse e costumasse.94
Sopravenne appresso che la donna da capo ingravidò e al tempo debito partorì 
un figliuol maschio, il che carissimo fu a Gualtieri; ma non bastandogli quello che 
fatto avea con maggior puntura95 trafisse la donna, e con sembiante turbato un dì 
le disse: «Donna, poscia96 che tu questo figliuol maschio facesti, per niuna guisa 
135  con questi miei viver son potuto,97 sì duramente si ramaricano che un nepote di 
Giannucolo dopo me debbia rimaner lor signore: di che io mi dotto, se io non ci 
vorrò esser cacciato, che non mi convenga fare di quello che io altra volta feci98 
e alla fine lasciar te e prendere un’altra moglie». La donna con paziente99 animo 
l’ascoltò né altro rispose se non: «Signor mio, pensa di contentar te e di sodisfare 
140  al piacer tuo e di me non avere pensiere alcuno, per ciò che niuna cosa m’è cara se 
non quanto io la veggo a te piacere».
Dopo non molti dì Gualtieri, in quella medesima maniera che mandato aveva 
per la figliuola,100 mandò per lo figliuolo: e similmente dimostrato101 d’averlo fatto 
uccidere, a nutricar nel mandò a Bologna,102 come la fanciulla aveva mandata; della 
145  qual cosa la donna né altro viso né altre parole fece che della fanciulla fatte avesse, 
di che Gualtieri si maravigliava forte e seco stesso affermava niuna altra femina 
questo poter fare che ella faceva;103 e se non fosse che carnalissima de’ figliuoli, 
mentre gli piacea, la vedea, lei avrebbe creduto ciò fare per più non curarsene, 
dove come savia lei farlo cognobbe.104 I subditi suoi, credendo che egli uccidere 
150  avesse fatti i figliuoli, il biasimavan forte e reputavanlo crudele uomo e alla105 
donna avevan grandissima compassione. La quale con le donne, le quali con lei 
de’ figliuoli così morti si condoleano,106 mai altro non disse se non che quello ne 
piaceva a lei che a colui che generati gli avea.
Ma essendo più anni passati dopo la natività107 della fanciulla, parendo tempo 
155  a Gualtieri di fare l’ultima pruova della sofferenza108 di costei, con molti de’ suoi 
disse che per niuna guisa più sofferir poteva109 d’aver per moglie Griselda e che egli 
cognosceva110 che male e giovenilmente111 aveva fatto quando l’aveva presa, e per ciò 
a suo potere voleva procacciar col Papa che con lui dispensasse che un’altra donna 
prender potesse112 e lasciar Griselda; di che egli da assai buoni uomini fu molto 
160  ripreso; a che nulla altro rispose se non che conveniva che così fosse. La donna, 
sentendo queste cose e parendole dovere sperare di ritornare a casa del padre e forse 
a guardar le pecore come altra volta aveva fatto e vedere a un’altra donna tener colui 
al quale ella voleva tutto il suo bene, forte in se medesima si dolea; ma pur, come 
l’altre  ingiurie della fortuna aveva sostenute, così con fermo viso si dispose a questa 
165  dover sostenere.
Non dopo molto tempo Gualtieri fece venire sue lettere contrafatte da Roma e 
fece veduto113 a’ suoi subditi il Papa per quelle aver seco dispensato di poter torre 
altra moglie114 e lasciar Griselda; per che, fattalasi venir dinanzi, in presenzia di molti 
le disse: «Donna, per concession fattami dal Papa io posso altra donna pigliare e 
170  lasciar te; e per ciò che i miei passati115 sono stati gran gentili116 uomini e signori di 
queste contrade, dove117 i tuoi stati son sempre lavoratori,118 io intendo che tu più 
mia moglie non sia, ma che tu a casa Giannucolo119 te ne torni con la dote che tu 
mi recasti, e io poi un’altra, che trovata n’ho convenevole120 a me, ce ne menerò».121
La donna, udendo queste parole, non senza grandissima fatica, oltre alla natura 
175  delle femine,122 ritenne le lagrime e rispose: «Signor mio, io conobbi sempre la mia 
bassa condizione alla vostra nobilità in alcun modo non convenirsi,123 e quello che 
io stata son con voi da Dio e da voi il riconoscea, né mai, come donatolmi, mio il 
feci o tenni ma sempre l’ebbi come prestatomi;124 piacevi di rivolerlo, e a me dee piacere 
e piace di renderlovi: ecco il vostro anello col quale voi mi sposaste, prendetelo. 
180  Comandatemi che io quella dota me ne porti che io ci recai:125 alla qual cosa fare né 
a voi pagatore né a me borsa bisognerà né somiere,126 per ciò che di mente uscito 
non m’è che ignuda m’aveste; e se voi giudicate onesto che quel corpo nel quale io 
ho portati i figliuoli da voi generati sia da tutti veduto, io me n’andrò ignuda; ma 
io vi priego, in premio della mia virginità che io ci recai e non ne la porto,127 che 
185  almeno una sola camiscia sopra la dota128 mia vi piaccia che io portar ne possa».
Gualtieri, che maggior voglia di piagnere aveva che d’altro, stando pur col viso 
duro, disse: «E tu una camiscia ne porta».
Quanti dintorno v’erano il pregavano che egli una roba129 le donasse, ché non 
fosse veduta colei che sua moglie tredici anni o più era stata di casa sua così 
190  poveramente e così vituperosamente130 uscire, come era uscirne in camiscia; ma invano 
andarono i prieghi; di che la donna, in camiscia e scalza e senza alcuna cosa in 
capo, accomandatigli a Dio,131 gli uscì di casa132 e al padre se ne tornò con lagrime 
e con pianto di tutti coloro che la videro. Giannucolo, che creder non avea 
mai potuto questo esser ver che Gualtieri la figliuola dovesse tener moglie, e ogni 
195  dì questo caso aspettando,133 guardati l’aveva i panni che spogliati s’avea quella 
mattina che Gualtier la sposò;134 per che recatigliele e ella rivestitiglisi, a’ piccioli 
servigi della paterna casa si diede sì come far soleva, con forte animo sostenendo 
il fiero assalto della nemica fortuna.
Come135 Gualtieri questo ebbe fatto, così fece veduto a’ suoi che presa aveva 
200  una figliuola d’uno de’ conti da Panago;136 e faccendo fare l’apresto grande137 per le 
nozze mandò per la Griselda che a lui venisse;138 alla quale venuta disse: «Io meno 
questa donna la quale io ho nuovamente tolta139 e intendo in questa sua prima 
venuta d’onorarla; e tu sai che io non ho in casa donne che mi sappiano acconciar140 
le camere né fare molte cose che a così fatta festa si richeggiono:141 e per ciò tu, che 
205  meglio che altra persona queste cose di casa sai, metti in ordine quello che da far 
ci è, e quelle donne fa’ invitar che ti pare e ricevile come se donna di qui142 fossi: 
poi, fatte le nozze, te ne potrai a casa tua tornare».
Come che143 queste parole fossero tutte coltella al cuor di Griselda, come a colei 
che non aveva così potuto por giù l’amore che ella gli portava come fatto aveva la 
210  buona fortuna,144 rispose: «Signor mio, io son presta e apparecchiata».145
E entratasene co’ suoi pannicelli romagnuoli e grossi146 in quella casa della qual poco 
avanti era uscita in camiscia, cominciò a spazzar le camere e ordinarle e a far porre 
capoletti e pancali147 per le sale, a fare apprestar la cucina, e a ogni cosa, come se una 
piccola fanticella148 della casa fosse, porre le mani, né mai ristette che ella ebbe tutto 
215  acconcio e ordinato quanto si conveniva.149 E appresso questo, fatto da parte di 
Gualtieri invitar tutte le donne della contrada, cominciò a attender la festa; e venuto 
il giorno delle nozze, come che i panni avesse poveri indosso, con animo e costume 
donnesco150 tutte le donne che a quelle vennero, e con lieto viso, ricevette.
Gualtieri, il quale diligentemente aveva i figliuoli fatti allevare in Bologna 
220  alla sua parente che maritata era in casa de’ conti da Panago, essendo già la 
fanciulla d’età di dodici anni151 la più bella cosa che mai si vedesse (e il fanciullo 
era di sei), avea mandato a Bologna al parente suo pregandol che gli piacesse di 
dovere con questa sua figliuola e col figliuolo venire a Sanluzzo e ordinare di 
menar152 bella e onorevole compagnia con seco e di dire a tutti che costei per sua 
225  mogliere gli menasse,153 senza manifestare alcuna cosa a alcuno chi ella si fosse 
altramenti.154 Il gentile155 uomo, fatto secondo che il marchese il pregava,156 
entrato in cammino dopo alquanti dì con la fanciulla e col fratello e con nobile 
compagnia in su l’ora del desinare giunse a Sanluzzo, dove tutti i paesani e molti 
altri vicini da torno trovò che attendevan questa novella sposa di Gualtieri. La 
230  quale dalle donne ricevuta e nella sala dove erano messe le tavole venuta, Griselda, 
così come era, le si fece lietamente incontro dicendo: «Ben venga la mia donna».157 
Le donne, che molto avevano, ma invano, pregato Gualtieri che o facesse 
che la Griselda si stesse in una camera o che egli alcuna delle robe che sue erano 
state le prestasse, acciò che così158 non andasse davanti a’ suoi forestieri,159 furon 
235  messe a tavola e cominciate a servire. La fanciulla era guardata da ogn’uomo, e 
ciascun diceva che Gualtieri aveva fatto buon cambio; ma intra gli altri Griselda 
la lodava molto, e lei e il suo fratellino.
Gualtieri, al qual pareva pienamente aver veduto quantunque160 disiderava della 
pazienza della sua donna, veggendo che di niente161 la novità delle cose162 la 
240  cambiava e essendo certo ciò per  mentecattaggine163 non avvenire, per ciò che164 
savia molto la conoscea, gli parve tempo di doverla trarre dell’amaritudine165 la 
quale stimava che ella sotto il forte viso nascosa tenesse; per che,166 fattalasi venire, 
in presenzia d’ogn’uomo sorridendo le disse: «Che ti par della nostra sposa?».
«Signor mio», rispose Griselda «a me ne par molto bene; e se così è savia 
245  come ella è bella, che ’l credo, io non dubito punto che voi non dobbiate con lei 
vivere il più consolato signor del mondo; ma quanto posso vi priego che quelle 
punture,167 le quali all’altra,168 che vostra fu, già deste, non diate a questa, ché 
appena che io creda che ella le potesse sostenere,169 sì perché più giovane è e sì 
ancora perché in dilicatezze è allevata,170 ove colei in continue fatiche da piccolina 
250  era stata».
Gualtieri, veggendo che ella fermamente credeva costei dovere esser sua moglie, 
né per ciò in alcuna cosa men che ben parlava, la si fece sedere allato e disse: 
«Griselda, tempo è omai che tu senta frutto della tua lunga pazienzia, e che coloro 
li quali me hanno reputato crudele e iniquo e bestiale171 conoscano che ciò che 
255  io faceva a antiveduto fine operava,172 volendoti insegnar d’esser moglie e a loro
di saperla tenere, e a me partorire perpetua quiete mentre teco a vivere avessi: il 
che, quando venni a prender moglie, gran paura ebbi che non m’intervenisse,173 
e per ciò, per prova pigliarne,174 in quanti modi tu sai ti punsi e trafissi. E però 
che175 io mai non mi sono accorto che in parola né in fatto dal mio piacere partita 
260  ti sii,176 parendo a me aver di te quella consolazione177 che io disiderava, intendo 
di rendere a te a un’ora ciò che io tra molte ti tolsi178 e con somma dolcezza le 
punture ristorare179 che io ti diedi. E per ciò con lieto animo prendi questa che tu 
mia sposa credi, e il suo fratello, per tuoi e miei figliuoli: essi sono quegli li quali 
tu e molti altri lungamente stimato avete che io crudelmente uccider facessi; e io 
265  sono il tuo marito, il quale sopra ogni altra cosa t’amo, credendomi poter dar 
vanto che niuno altro sia che, sì com’io, si possa di sua moglier contentare».
E così detto l’abracciò e basciò: e con lei insieme, la qual d’allegrezza piagnea, 
levatosi n’andarono là dove la figliuola tutta stupefatta queste cose ascoltando 
sedea e, abbracciatala teneramente e il fratello altressì, lei e molti altri che quivi 
270  erano sgannarono.180 Le donne lietissime, levate dalle tavole, con Griselda 
n’andarono in camera e con migliore agurio181 trattile i suoi pannicelli182 d’una nobile 
roba delle sue la rivestirono; e come donna,183 la quale ella eziandio184 negli stracci 
pareva, nella sala la rimenarono. E quivi fattasi co’ figliuoli maravigliosa festa, 
essendo ogni uomo lietissimo di questa cosa, il sollazzo e ’l festeggiar multiplicarono 
275  e in più giorni tirarono;185 e savissimo reputaron Gualtieri, come che troppo 
reputassero agre186 e intollerabili l’esperienze prese187 della sua donna, e sopra tutti 
savissima tenner Griselda.188
Il conte da Panago si tornò dopo alquanti dì a Bologna; e Gualtieri, tolto 
Giannucolo dal suo lavorio,189 come suocero il pose in istato,190 che191 egli 
280  onoratamente e con gran consolazione visse e finì la sua vecchiezza. E egli192 appresso, 
maritata altamente la sua figliuola, con Griselda, onorandola sempre quanto più 
si potea, lungamente e consolato193 visse.
Che si potrà dir qui? se non che anche nelle povere case piovono dal cielo de’ 
divini spiriti,194 come nelle reali di quegli195 che sarien più degni di guardar porci196 
285  che d’avere sopra uomini signoria. Chi avrebbe, altri che Griselda, potuto col 
viso non solamente asciutto ma lieto sofferir le rigide e mai più non udite pruove 
da Gualtier fatte? Al quale non sarebbe forse stato male investito d’essersi abbattuto 
a una che quando, fuor di casa, l’avesse fuori in camiscia cacciata, s’avesse sì a 
un altro fatto scuotere il pilliccione che riuscito ne fosse una bella roba.197

 >> pagina 667 
Riscrittura in italiano moderno di Aldo Busi

Dionèo:

Molto tempo fa il marchese di Saluzzo in carica era un giovane chiamato Gualtiero, che era senza moglie e senza figli e non faceva nient’altro che andare a caccia di uccelli e non gli passava neanche per l’anticamera del cervello di prendere moglie o aver figli: quindi, non era per niente uno stupido. Ma la cosa non piaceva ai suoi sottoposti, che lo pregarono un sacco di volte di sposarsi, in modo che lui non restasse senza eredi né loro senza un padrone, e si offrirono di trovargli una moglie con un tale pedigree che avrebbe dato buoni motivi di speranza e che lui ne sarebbe stato molto contento.

Gualtiero gli rispose:

«Amici miei, voi mi costringete a fare una cosa che io avevo deciso di non fare assolutamente mai, data la difficoltà di trovare qualcuna con cui si possa stare bene e data la facilità di incocciare a bizzeffe1 nel contrario, e considerato che razza di vita dura è quella di un uomo che va a capitare con una donna non adatta a lui. E se voi dite che mi darete una donna che mi piacerà, pensando di poter giudicare le fighe dal modo di essere dei padri e delle madri, dite una sciocchezza: perché prima di tutto mi chiedo come possiate conoscere i loro padri e i segreti delle madri, e in ogni caso, anche quando si sa chi sono, le figlie sono molto spesso diverse dai padri e dalle madri. Ma visto che siete decisi a annodarmi in queste catene,2 accetterò: però non voglio dover rimproverare nessun altro che me stesso se la cosa dovesse riuscir male, quindi voglio essere io a trovarmela. E vi dico che, chiunque sia quella che mi prenderò, se voi non la tratterete con tutti gli onori dovuti alla vostra signora, vi farò passare tanti guai che capirete quanto mi scoccia dover prendere moglie contro la mia volontà e per causa vostra».

Quelli risposero altruisticamente che andava bene tutto, purché si decidesse a sposarsi.

Da parecchio tempo a Gualtiero non dispiaceva il modo di fare di una ragazza povera che stava in un villaggio vicino a casa sua; gli sembrava bellissima e pensò che con lei non avrebbe avuto problemi. Perciò, senza preoccuparsi di cercare oltre, decise di sposare questa qui. Fece chiamare il padre, che era poverissimo, e si accordò con lui.

 >> pagina 668

Dopodiché, Gualtiero convocò tutti i suoi amici del posto e annunciò: «Amici miei, voi avete voluto e volete ancora che io mi decida a sposarmi, e io mi sono deciso, ma più per fare un piacere a voi che per qualche voglia mia di avere moglie. Vi ricordate senz’altro che mi avete promesso di dichiararvi soddisfatti e di trattare con tutti gli onori la donna che avrei scelto, chiunque fosse: adesso è venuto il momento di compiere la mia promessa, e voglio che voi manteniate la vostra. Ho trovato una ragazza che mi va bene, una di qui, che voglio prendere in moglie e portarmela a casa fra pochi giorni; quindi pensate a fare una bella festa di nozze e a ricevere la sposa in maniera adeguata, in modo che io mi possa dichiarare soddisfatto di voi come voi vi potrete dichiarare soddisfatti di me».

Quella brava gente rispose in coro che erano tutti contentissimi e che, fosse chi fosse la donna, sarebbe stata la loro signora e come tale l’avrebbero trattata in tutto; poi cominciarono a fare i preparativi per una festa grande, bella e allegra, e lo stesso fece Gualtiero. Organizzò un matrimonio alla grande, mandando gli inviti a molti suoi amici e parenti e personalità di spicco del vicinato; e fece tagliare e cucire molti vestiti di lusso sulle misure di una ragazza che gli sembrava della stessa taglia della ragazza che lui si proponeva di sposare; e inoltre preparò cinture, anelli, un bel diadema3 di pregio e tutte le altre cose necessarie a una sposa novella.

Venuto il giorno che aveva fissato per le nozze, Gualtiero di mattina presto salì a cavallo, e con lui tutti gli invitati, e visto che tutto era a posto, disse: «Signori, andiamo a prendere la sposa», e con tutto il corteo si diresse al villaggio e si fermò davanti alla casupola del padre della ragazza. Lei stava tornando di corsa dalla fontana con una brocca d’acqua per andare poi con le altre donne a vedere la sposa di Gualtiero: appena Gualtiero la vide, la chiamò per nome – si chiamava Griselda – e le domandò dov’era il padre. Lei si fece tutta rossa e rispose:

«Oh, signore, è in casa».

Gualtiero scese dal cavallo, ordinò a tutti gli altri di aspettarlo, entrò da solo nella povera casa dove trovò il padre di lei, che si chiamava Giannucolo, e gli disse:

«Sono venuto a sposare Griselda, ma prima voglio che mi dica alcune cose in tua presenza», e le domandò se lei, nel caso che l’avesse presa in moglie, avrebbe sempre fatto di tutto per dargli ragione e non si sarebbe mai alterata per nessuna cosa che lui dicesse o facesse, e se sarebbe stata obbediente, e molte altre cose del genere, alle quali lei rispose invariabilmente di sì. Allora Gualtiero la prese per mano, la portò fuori e davanti a tutto il corteo dei suoi amici e alla gente del villaggio la fece spogliare nuda e poi la fece rivestire in fretta con i vestiti che aveva fatto preparare, e le fece mettere le scarpe, e su quei suoi capelli così scarmigliati4 com’erano fece posare una corona. E mentre tutti se ne stavano a bocca aperta, disse:

«Signori, questa è la donna che voglio per moglie, se mi vuole per marito» e rivolgendosi a lei, che era tutta confusa e avrebbe desiderato sprofondare, disse:

«Griselda, mi vuoi per marito?».

E lei rispose:

«Sissignore».

Allora lui disse:

«Benone, e io ti voglio per moglie» e la sposò in presenza di tutti quei testimoni, poi la fece salire su un bel cavallo e se la portò a casa in pompamagna.5 A casa la festa di nozze fu magnifica, esattamente come se si fosse presa per moglie la figlia del re di Francia.

Cambiando d’abito, la giovane sposa sembrò cambiare anche di carattere e di modi. Era bella di corpo e di viso, come abbiamo già detto, e da bella che era diventò tanto seducente, tanto garbata e di tali maniere che non si sarebbe detta figlia di Giannucolo e guardiana di pecore, ma piuttosto figlia di un gran signore – cosa che sbalordiva chiunque l’avesse conosciuta prima – e inoltre era così obbediente al marito e tanto servizievole che lui si riteneva l’uomo più a proprio agio del mondo; e verso i sudditi del marito era ugualmente così cordiale e umana che tra di loro non c’era nessuno che non la amasse più di se stesso e che non la rispettasse sinceramente: tutti pregavano il cielo perché si conservasse e avesse un avvenire splendido, e mentre prima dicevano che Gualtiero si era comportato da pazzo a sposarla, adesso dicevano che era l’uomo più assennato e più giudizioso che mai si fosse visto, perché nessun altro che lui avrebbe saputo riconoscere le straordinarie qualità di questa donna sotto i suoi straccetti e dietro quei modi da contadina. In breve, non passò molto tempo che Griselda seppe fare sì che tutti parlassero bene di lei e si muovessero a suo favore, non solamente nel territorio di sua competenza6 ma dappertutto, e fece cambiare completamente opinione a chi aveva criticato il marito per colpa sua al momento del matrimonio, se ce n’erano stati. Inoltre non ci mise molto a rimanere incinta, e a tempo debito partorì una bambina, con grandissima gioia di Gualtiero.

 >> pagina 669

Ma poco dopo a lui saltò in testa un pensiero stravagante: volle mettere alla prova con un lungo esperimento e con dei test francamente intollerabili la sua capacità di sopportazione. Cominciò a punzecchiarla a parole, mostrandosi preoc­cupato e dicendole che i suoi sudditi erano molto scontenti di lei perché di bassa estrazione, e figuriamoci adesso che si era dimostrata addirittura fertile: della bambina che era nata erano tutti delusissimi, non facevano altro che mormorare.

La donna sentendo questa storia disse senza battere ciglio e senza dimostrare alcuna alterazione:

«Il padrone sei tu, fa’ di me quello che credi più opportuno per il tuo onore e per la tua felicità, a me andrà bene tutto, perché so benissimo che io non sono all’altezza di quei signori e che non ero degna di questa posizione alla quale tu hai voluto sollevarmi per pura bontà d’animo».

Questa risposta fu graditissima a Gualtiero, poiché dimostrava che, nonostante le cerimonie e i trattamenti di riguardo, la ragazza non aveva messo su superbia.

Poco tempo dopo, informata la moglie con un discorsetto generico che i sudditi non riuscivano proprio a sopportare quella bambina nata da lei, le mandò un servitore imbeccato per bene che le disse con una faccia tutta addolorata:

«Signora, se non voglio morire devo fare quello che il padrone mi ordina. Mi ha ordinato che io prenda questa vostra figlioletta e che io…» e non disse altro.

La donna a sentire queste parole e a vedere la faccia del servitore e a ricordarsi delle parole del marito capì che gli era stato ordinato di ucciderla: e subito la prese dalla culla, la baciò, le fece un segno di croce e, per quanta angoscia potesse provare dentro di sé, senza cambiare espressione la mise in braccio al servitore e disse:

«Tie’,7 esegui in tutto e per tutto quello che il nostro padrone ti ha ordinato, ma per favore non lasciarla in un posto dove gli animali la possano sbranare, a meno che te lo comandi lui».

Il servitore prese la bambina e riferì a Gualtiero quello che aveva detto la moglie. Meravigliato di tanta costanza, lui lo mandò con la bambina da una sua parente a Bologna, pregandola di allevarla e educarla con tutte le cure e senza dire mai di chi era figlia.

Successe poi che Griselda restò di nuovo incinta e a suo tempo partorì un figlio maschio, cosa che mandò Gualtiero in brodo di giuggiole.8 Ma non bastandogli quello che aveva già fatto,9 cominciò a ferire la donna con vere e proprie coltellate,10 e un giorno le disse con espressione molto turbata:

«Donna, dopo che hai fatto questo figlio maschio io non ho più avuto pace con i miei sudditi: circola un forte disappunto per il fatto che dopo di me debbano essere governati da un nipote di Giannucolo. Temo proprio che, se non voglio provocare una rivoluzione, dovrò fare quello che ho già fatto l’altra volta e finire per lasciare te e prendermi un’altra moglie».

Griselda lo stette a sentire con pazienza e rispose:

«Il padrone sei tu, pensa a star bene e a fare quello che vuoi e non ti preoccupare per me, perché nessuna cosa mi è cara se non piace a te».

Dopo qualche giorno, Gualtiero mandò a prendere il figlio nello stesso modo in cui aveva mandato a prendere la figlia, e fingendo di avere fatto uccidere anche lui, lo mandò a balia11 a Bologna come aveva mandato la bambina; Griselda non ebbe una reazione diversa da quella che aveva avuto per la bambina, cosa di cui Gualtiero si meravigliò moltissimo, e tra sé e sé continuava a dirsi che nessun’altra donna sarebbe stata capace di fare quello che faceva lei, tanto che se non la avesse vista voler bene così carnalmente12 ai suoi figli, fino a quando lui glielo aveva permesso, avrebbe pensato che lo facesse perché non gliene importava niente, e invece dovette riconoscere che lo faceva per partito preso. I suoi sudditi, convinti che Gualtiero avesse fatto uccidere i suoi figli, lo condannavano in coro e lo consideravano un uomo crudele, e avevano un’enorme compassione per la moglie, che d’altra parte alle donne che la compativano per una simile morte dei suoi figli non disse mai altro che lei era d’accordo con colui che li aveva generati.

 >> pagina 670

Ma, quando erano già passati parecchi anni dalla nascita della bambina, a Gualtiero sembrò arrivato il momento di sottoporre alla prova definitiva la sopportazione di sua moglie: davanti a molti dei suoi disse che assolutamente non ne poteva più di avere per moglie Griselda e che si era reso conto di essersi comportato male e da sventato quando l’aveva presa, e che perciò voleva chiedere al papa di dargli la dispensa13 per lasciare Griselda e risposarsi con un’altra.

Quei bravi uomini lo rimproverarono molto, ma lui rispose solo che doveva essere così e basta. Griselda sentendo questi discorsi e vedendosi nella prospettiva di dover tornare a casa di suo padre e forse a fare la guardiana di pecore come una volta, mentre un’altra donna avrebbe preso il suo posto accanto all’uomo che lei amava con tutta l’anima, si affliggeva dolorosamente in cuor suo; ma come aveva sopportato gli altri insulti del destino, così si preparò a sopportare questo senza lasciar trasparire nessuna emozione.

Non molto tempo dopo, Gualtiero si fece arrivare delle false lettere da Roma e fece credere ai suoi sudditi che con quelle il papa gli dava la dispensa per prendere un’altra moglie e ripudiare Griselda: quindi la fece chiamare e in presenza di molte persone le disse:

«Donna, per concessione del papa io posso sostituirti con un’altra moglie; e dato che i miei antenati sono stati della grande nobiltà e feudatari di queste terre, mentre i tuoi sono sempre stati dei volgari pecorai, ho deciso che tu non sia più mia moglie e che te ne torni a casa di Giannucolo con la dote che mi avevi portato; poi io mi porterò a casa un’altra che ho già trovato, adatta a me».

Griselda udendo queste parole trattenne le lacrime con uno sforzo intensissimo e, facendo violenza alla propria sensibilità, gli rispose:

«Il padrone siete voi: io ho sempre saputo che la mia bassa estrazione sociale non poteva adattarsi alla vostra nobiltà, e mi rendevo conto che ciò che sono stata con voi era una grazia vostra e di Dio; non ho mai considerato il mio stato come un possesso avuto una volta per tutte, ma sempre come un prestito: a voi piace rivolerlo indietro, e a me deve piacere, e piace, restituirvelo. Ecco l’anello col quale mi sposaste, riprendetevelo. Mi ordinate di portar via la dote che ho portato: a voi non servirà il commercialista e a me non servirà neanche una valigia, perché non mi è uscito di mente che voi mi aveste nuda. Se ritenete decente che quel corpo nel quale io ho portato i vostri figli sia visto da tutti, me ne andrò nuda; ma vi prego di dar ordine che io possa portar via almeno una sottoveste in cambio della verginità che portai qui e che non porto via».

Gualtiero, che moriva dalla voglia di piangere, riuscì a restare impassibile e disse:

«Prenditi una sottoveste».

Tutti quelli che stavano attorno lo supplicavano di darle almeno un vestito, perché non stava bene che colei che era stata sua moglie per più di tredici anni fosse vista uscire da casa sua in una tenuta così miserabile e indecente, in sottoveste. Ma le preghiere furono inutili: Griselda, in sottoveste e scalza e senza niente in testa, salutò tutti, uscì di casa e se ne tornò dal padre, tra le lacrime di compassione di tutti quelli che la videro. Giannucolo, che non aveva mai potuto credere sul serio che Gualtiero si tenesse per moglie sua figlia e si aspettava da un giorno all’altro una situazione del genere, aveva messo da parte i vestiti che lei si era tolti la mattina in cui Gualtiero l’aveva sposata; glieli dette, lei si rivestì e cominciò a fare i mestieri nella casa del padre come faceva un tempo, sopportando alla grande quel brutale voltafaccia del destino nemico.

Quando Gualtiero ebbe fatto questo, fece credere ai suoi che era in parola con la figlia di uno dei conti di Panico e, cominciando a fare i preparativi per le nozze, mandò a dire a Griselda di venire da lui, e le disse:

«Sto per prendermi in casa la mia nuova sposa, e voglio fare le cose a puntino per i festeggiamenti, ma tu sai che non ho delle brave governanti che sappiano sistemare le camere degli ospiti e provvedere a tutta quella quantità di cose che una festa importante richiede; perciò pensaci tu, che conosci queste cose di casa meglio di chiunque altro, metti in ordine quello che c’è da fare, invita le signore che ti sembra opportuno e ricevile come se fossi tu la padrona di casa; poi, finite le nozze, te ne potrai tornare a casa tua».

 >> pagina 671

Sebbene queste parole fossero tutte pugnalate al cuore di Griselda, che non aveva potuto lasciar giù l’amore per lui come aveva lasciato giù la fortuna, rispose:

«Il padrone siete voi, io sono pronta».

E, entrata con il suo vestituccio rozzo da contadina in quella casa dalla quale poco prima era uscita in sottoveste, cominciò a spazzare le camere e a metterle in ordine, a far aggiungere nelle sale addobbi e sedie, a far andare la cucina, a sporcarsi le mani dappertutto come se fosse una servetta qualunque, e non si fermò prima di aver preparato e sistemato tutto il necessario.

Poi, dopo aver fatto invitare da parte di Gualtiero tutte le signore di riguardo locali, cominciò a aspettare la festa; e il giorno delle nozze, anche se aveva addosso abiti poverissimi, ricevette con modi da signora tutte le invitate, e per giunta sorridendo.

Gualtiero aveva fatto allevare i figli con tutte le cure a Bologna dalla sua parente, che era sposata con uno dei conti di Panico: e trovandosi la bambina a avere già dodici anni, una bellezza senza paragoni (e il bambino aveva sei anni), aveva mandato un messaggio a Bologna al suo parente pregandolo di venire a Saluzzo con questa sua figlia e con il figlio, portando con sé una bella compagnia, e di dire a tutti che gli stava portando questa ragazza in sposa, senza rivelare in nessun modo a nessuno di chi fosse veramente figlia. Il conte, fatto tutto secondo le istruzioni del marchese, si mise in viaggio e dopo qualche giorno, verso l’ora di pranzo, con la ragazza e il fratello e una bella compagnia di nobili arrivò a Saluzzo, dove trovò tutti gli abitanti del paese e parecchi del circondario che aspettavano questa nuova sposa di Gualtiero. La ragazza fu ricevuta dalle signore e accompagnata nel salone del banchetto, dove Griselda, vestita com’era, le si fece incontro festosamente dicendo: «Benvenuta la mia signora!». Tutte quante avevano pregato e strapregato Gualtiero che o facesse restare la Griselda in una stanza fuori mano o le prestasse uno dei bei vestiti che erano stati suoi, perché non si facesse vedere in quello stato dai forestieri, ma non c’era stato verso; furono messe tutte a tavola e incominciarono a tapparsi la bocca. Tutti gli uomini guardavano la ragazzina, e ognuno diceva che Gualtiero ci guadagnava col cambio; ma più di tutti la elogiava Griselda, sia lei che il fratellino.

Gualtiero, che pensava di aver visto tutto quello che poteva desiderare della capacità di sopportazione della moglie, constatato che nessuna novità aveva il potere di turbarla e essendo sicuro che questo non dipendeva da stupidità, perché aveva avuto modo di conoscerla come persona di giudizio, decise che era ora di liberarla dall’amarezza, che secondo lui doveva certamente nascondere sotto l’espressione tranquilla. Perciò la fece chiamare e davanti a tutti le disse sorridendo:

«Che te ne pare della nostra sposina?».

«Me ne pare molto bene, signore» rispose Griselda «e se, come credo, è tanto giudiziosa quanto è bella, sono certa che questa volta voi sarete il marito più felice del mondo: però vorrei pregarvi di una cosa, tutte quelle spine14 che voi avete dato all’altra che è stata vostra non datele pure a questa, che è più giovane e poi si vede che è stata cresciuta nella bambagia,15 mentre l’altra si era fatta la pelle dura fin da piccola a forza di faticare».

Gualtiero constatò che, nonostante fosse perfettamente convinta che la ragazza era la sua nuova moglie, Griselda non era uscita dal seminato con una sola parola: se la fece sedere accanto e disse:

«Griselda, ormai è venuto il tempo che tu raccolga i frutti della tua fermezza, pazienza e spirito di sopportazione16 e che coloro i quali mi hanno reputato un animale feroce sappiano che tutto quello che ho fatto l’ho fatto con premeditazione e con uno scopo preciso, per insegnare a te a fare la moglie e a loro a saperne scegliere una e a tenersela, e anche per partorire17 a me stesso una pace senza condizioni per tutto il tempo che avrei dovuto vivere con te, perché quando mi decisi a prender moglie avevo una gran paura che mi succedesse il contrario e per questo, per rassicurarmi con prove di controllo qualità, ti ho spinata e trafitta in tutti i modi che tu sai.

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E dato che tu non ti sei mai lasciata scappare una parola o un gesto che tradisse l’esistenza di una volontà diversa dalla mia, dichiaro che tu sei esattamente come io ti desideravo, e mi propongo di restituirti adesso in un solo momento quello che ti ho portato via nel corso di molti anni e di curare con la più grande delle dolcezze le ferite che io ti procurai. Perciò prendi con gioia questa che tu credi mia sposa e suo fratello: sono i nostri figli, quelli che tu e molti altri avete creduto per tanto tempo crudelmente uccisi per mio ordine. E prendi me, che sono tuo marito e che ti amo più di ogni cosa al mondo perché posso vantarmi del dato di fatto che non c’è nessun altro tanto soddisfatto di sua moglie quanto lo sono io di te».

E così detto la abbracciò e la baciò e assieme a lei, che piangeva per la gioia, andarono dove la figlia stava a sedere ascoltando stupefatta queste cose e la abbracciarono con tenerezza, poi abbracciarono il fratello, e chiarirono le idee a lei e a tutta l’altra gente. Le signore, felicissime, saltarono su,18 accompagnarono in camera Griselda e le tornarono a levare i suoi straccetti con auguri più sinceri di quando glieli avevano levati la prima volta; la rivestirono con uno dei suoi eleganti modellini e la riportarono nel salone da quella gran dama che era – e in effetti lo sembrava perfino in quegli straccetti così essenziali.

Tutti erano così contenti che cominciarono a festeggiare i due figli e moltiplicarono i festeggiamenti e li tirarono in lungo per parecchi giorni: e giudicavano Gualtiero un uomo molto oculato, anche se aveva esagerato un po’ con quegli esperimenti pesantucci e dolorosi sulla moglie, ma soprattutto Griselda fu elogiata come donna sapiente. Il conte di Panico dopo qualche giorno tornò a Bologna. Gualtiero tolse Giannucolo dal suo sfacchinare quotidiano e lo elevò alla condizione di suocero in modo che potesse trascorrere quello che gli restava della vecchiaia agiatamente e con soddisfazione. E lui poi, fatta sposare con un ottimo partito la figlia, visse a lungo contento con Griselda, trattandola sempre con tutti gli onori possibili.

Che dire a questo punto, se non che anche nelle povere case piovono dal cielo degli angeli fatti e finiti, mentre nelle regge ne piovono di quelli che dovrebbero fare i guardiani di porci invece che pretendere di governare gli uomini? Chi, se non Griselda, avrebbe potuto sopportare non solo a viso asciutto ma con un bel sorriso le incredibili e durissime prove volute da Gualtiero? Al quale forse non avrebbe fatto male incontrare invece di lei una donna che, cacciata di casa in sottoveste, si fosse fatta sbattere la pelliccetta19 da un altro per farne venir fuori un completo firmato.

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

La celebre novella parla – come altre del Decameron – di un mondo lontano da quello di Boccaccio, non tanto cronologicamente, quanto piuttosto socialmente: mentre l’autore vive in un contesto borghese e mercantile, i protagonisti della novella sono intrisi della mentalità feudale, secondo la quale un feudatario detiene un potere totale e incontrastato sulle cose e sulle persone che ricadono sotto la sua giurisdizione. Spia di ciò è il fatto che nella novella nessun uomo al seguito di Gualtieri gli muove mai biasimo alcuno a proposito della sua condotta; per non parlare, poi, della devozione cieca della donna, possibile solo in un contesto di totale sudditanza della moglie nei confronti del marito.

In questo ambiente feudale Boccaccio mette in risalto la superiorità morale della povera contadina sul ricco signore: mentre quella è forte e paziente, questo è egoista e crudele. La donna ha temprato il suo spirito in continue fatiche (r. 249), che l’hanno resa capace di sopportare ogni avversità con pazienza amorevole e sovrumana. Il marchese di Saluzzo, al contrario, è mosso (secondo l’interpretazione prevalente del testo) da una matta bestialità (r. 9): per questo Boccaccio non mostra particolare rispetto verso il suo alto rango, anzi conclude la novella con una battuta, pronunciata dal narratore Dioneo, decisamente irriverente verso Gualtieri, al quale – dice – non sarebbe forse stato male investito d’essersi abbattuto a una che quando, fuor di casa, l’avesse fuori in camiscia cacciata, s’avesse sì a un altro fatto scuotere il pilliccione che riuscito ne fosse una bella roba (rr. 287-289).

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Dopo aver ricevuto e letto, nel 1373, una copia del Decameron, Francesco Petrarca decide di tradurre in latino la novella di Griselda, in quanto la ritiene tanto bella da meritare una diffusione internazionale. Petrarca invia così a Boccaccio stesso la traduzione, collocandola all’interno di una lettera (Seniles, XVII, 3). Presto la nuova versione si diffonde in tutta Europa, diventando più famosa dello stesso originale boccacciano. Per esempio conosce la novella proprio dalla versione di Petrarca il grande scrittore inglese Geoffrey Chaucer, che la rinarrerà nei suoi Racconti di Canterbury. Il rifacimento petrarchesco, intitolato De insigni obedientia et fide uxoria (Sull’insigne obbedienza e sulla fedeltà coniugale), ha però, rispetto all’originale, un più evidente significato religioso: Petrarca trasforma Griselda da un modello di moglie perfetta in un simbolo dell’anima del fedele messa alla prova da Dio e in un esempio di come una crea­tura si debba comportare nei confronti del Creatore. A sottolineare l’intento religioso della versione latina è il titolo stesso che il poeta dà al proprio scritto: un titolo costruito come una sorta di calco della prima parte di quello di un capitolo (XVI, 32) del trattato De civitate Dei (La città di Dio) di sant’Agostino: De oboedientia et fide Abrahae (L’obbedienza e la fedeltà di Abramo).

Griselda viene vista da Petrarca come exemplum di sottomissione a Dio, quale fu appunto Abramo, pronto a sacrificare il suo unico figlio, Isacco, e di sopportazione, e sotto tale riguardo è paragonata implicitamente a Giobbe, che tollerò con rassegnazione la perdita dei beni e dei figli, per essere poi ricompensato da Dio con la nascita di altri figli.

Ma di questa novella sono state offerte anche altre letture. Si tratta infatti di un testo che è stato oggetto, soprattutto nella critica del secondo Novecento, di un vivace dibattito interpretativo, anche in virtù della sua collocazione alla fine dell’opera, una posizione che ne sottolinea l’importanza all’interno della visione ideologica dell’autore.

Il critico Carlo Muscetta evidenzia la violenza del costume feudale sulla donna sottomessa in tutto e per tutto al marito e vede in Griselda la figura di una donna amorevole e perfetta, creata da Boccaccio per sopperire alla mancanza della madre, troppo presto sottrattagli: Griselda sottenderebbe l’adesione dell’autore a un ideale femminile tradizionale, a un’immagine di donna che subordina sé stessa al valore primario del dovere coniugale.

Altri hanno paragonato la novella a una fiaba, perché nel racconto si presentano diversi elementi tipici dell’universo fiabesco: l’improvvisa trasmutazione da una condizione di estrema povertà a una di grande ricchezza (con l’abbandono, in pubblico, dei vecchi panni e la consegna dei nuovi), le prove estreme che la protagonista deve superare per raggiungere il gioioso epilogo (la prova è uno dei topoi della fiaba), lo stesso lieto fine.
Secondo la lettura di Vittore Branca, che interpreta il Decameron come una sorta di ascesa dall’Inferno al Paradiso sul modello della Commedia dantesca, Griselda è l’esempio più alto di virtù contenuto nel capolavoro boccacciano: la giovane contadina è una figura avvicinabile alla Vergine Maria, in opposizione a quella di Ciappelletto (assimilabile a Giuda), protagonista della prima novella della raccolta. In base a tale interpretazione, l’opera presenterebbe un percorso ascensionale, dallo stile umile o comico a quello sublime o tragico, dal trionfo del vizio, con Ciappelletto-Giuda, al trionfo della virtù, con Griselda-Maria. A sostegno della sua tesi, lo studioso sottolinea anche il fatto che la centesima novella del Decameron riepiloga le tre grandi forze attive nell’opera: la fortuna (che all’inizio porta inaspettatamente Griselda a migliorare la propria condizione), l’amore (che rende la stessa Griselda capace di eroica sopportazione e alla fine cambia in positivo Gualtieri), l’ingegno (che si manifesta nelle prove escogitate da Gualtieri).
Tuttavia la scanzonata battuta finale di Dioneo sembra difficilmente orientare la lettura della vicenda di Griselda in una direzione seria o addirittura religiosa. Pare perciò cogliere maggiormente nel segno l’interpretazione proposta da Mario Baratto, il quale nota specialmente l’assurdità dei costumi feudali rappresentati nel corso del racconto e l’ossessività dell’esasperata ricerca, da parte di Gualtieri, di una prova definitiva della fedeltà della moglie, che invece, pur appartenendo a un ceto sociale più basso, si rivela padrona di un equilibrio decisamente maggiore rispetto a quello del marchese. Inoltre Griselda possiede alcune di quelle virtù tipiche dell’orizzonte ideologico cortese (fermezza, costanza, magnanimità, grazia, umiltà) che Boccaccio intende indicare alla nuova classe borghese, capovolgendo le rigide gerarchie feudali. Significativa in tal senso è la conclusione, in cui il narratore (che qui sembra farsi interprete del pensiero dell’autore) afferma che anche nelle povere case piovono dal cielo de’ divini spiriti, come nelle reali di quegli che sarien più degni di guardar porci che d’avere sopra uomini signoria (rr. 283-285).
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C’è anche chi, come Mirko Bevilacqua, ha letto la novella in senso parodico, parlando di «una vera e propria parodia, una narrazione al contrario». Il critico nota come il narratore, Dioneo, peraltro il membro più cinico e irriverente della brigata, è lo stesso che nell’Introduzione alla Sesta giornata aveva affermato di non condannare affatto l’adulterio femminile e che nella Settima giornata, in qualità di re, aveva proposto di ragionare delle beffe ordite dalle mogli ai danni dei mariti. La matta bestialità (r. 9) di cui parla Dioneo introducendo la novella non è dunque – per Bevilacqua – l’incredibile ferocia del marchese di Saluzzo, ma la tremenda passività di Griselda, una donna molto diversa da quelle incontrate nel Decameron: la già citata battuta finale di Dioneo suggellerebbe tale lettura.
Infine, per lo storico della letteratura Amedeo Quondam, la “morale della storia” suggerisce una riflessione etica sul potere: «una paradossale radicalizzazione di un problema centrale nella riflessione contemporanea sull’ordine delle “cose del mondo”, e in particolare sui rapporti tra etica e politica, tra virtù e potere (o status), profilando la complessità del bilanciamento delle virtù (e magari dei vizi) di chi comanda e di chi obbedisce, con quell’implicito riferimento al degrado dei tempi presenti che connota la posizione boccacciana».

Le scelte stilistiche

Il linguaggio della novella attinge sovente al campo lessicale del potere feudale e lo stile è di livello alto, conforme all’ambiente signorile descritto e rappresentato. Tuttavia, con la sua battuta finale, Dioneo, il narratore, utilizza un’espressione decisamente plebea, affermando che Griselda avrebbe fatto meglio a farsi scuotere il pilliccione da un passante qualsiasi, piuttosto che rimanere fedele a Gualtieri. Questo repentino cambio di registro si spiega con la volontà di Boccaccio di “smontare”, in una sola battuta rivelatrice, l’atmosfera cortese tratteggiata nel testo, per mostrare che il mondo di cui esso parla è fondato, in realtà, sulla violenza di uomini non necessariamente superiori, più buoni o più giusti, ma spesso soltanto più forti e talvolta anche moralmente peggiori degli altri.

verso le competenze

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Suddividi la novella in sequenze, attribuendo un titolo a ciascuna di esse.


2 Proponi un ritratto di Griselda utilizzando alcune espressioni tratte dal testo.


3 Spiega che cosa significa questo passaggio: entratogli un nuovo pensier nell’animo, cioè di volere con lunga esperienzia e con cose intollerabili provare la pazienzia di lei (rr. 104-106).


4 Le parole “pungere” e “puntura” ricorrono più volte: che cosa significano e perché sono usate?

ANALIZZARE

5 Qual è l’atteggiamento in cui si rispecchia il carattere di Griselda? perché?


6 Trova e sottolinea all'interno del testo tutti i vocaboli che rimandano all'ambito della società feudale e cortese.


7 Quali altri elementi, oltre a quelli evidenziati nell’analisi, richiamano l’universo delle fiabe popolari?

INTERPRETARE

8 Individua nella novella l’espressione Signor mio e spiega il motivo del suo utilizzo.


9 In quali punti della novella Griselda dà del voi a Gualtieri? perché?

scrivere per...

CONFRONTARE

10 Confronta in un breve scritto (di circa 20 righe) il mondo feudale rappresentato nella novella con quello borghese in cui vive l’autore.

Il magnifico viaggio - volume 1
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento