Filostrato racconta una novella che ha ancora per protagonista lo sciocco Calandrino, che abbiamo già visto all’opera (Calandrino e l’elitropia, ▶ T14, p. 643). Questa volta alcuni amici gli fanno credere di essere incinto.
T15 - Calandrino incinto
T15
Calandrino incinto
Decameron, IX, 3
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
In tutte e quattro le novelle che lo vedono protagonista Calandrino appare come il perfetto prototipo dello sciocco. Qui, quando gli viene fatto credere di aspettare un figlio, anziché rifiutarsi di considerare verosimile tale ipotesi, ci crede subito, interpretando l’inattesa evenienza secondo il proprio orizzonte culturale, cioè accusando la moglie per averlo costretto a un rapporto sessuale in una posizione inconsueta.
«La comicità della interpretazione, tale da indurre al riso gli stessi beffatori, è dovuta alla sua logica perversa: se la posizione normale prevede che l’uomo sia sopra e la donna sotto, e se normalmente è la donna a essere ingravidata dall’uomo, con il suo sillogismo difettoso Calandrino deduce che l’inversione delle posizioni ha prodotto l’effetto inverso. […] Il narratore è attento a collocare questa interpretazione dentro un sistema culturale preciso: quando infatti il protagonista arriva a questa conclusione, la moglie, anziché smentirlo recisamente con il richiamo alla realtà effettiva della riproduzione umana, “bassata la fronte” va via in silenzio, tutta rossa per la vergogna» (Alfano).
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Che cosa vorrebbe fare inizialmente Calandrino dei soldi di cui è venuto in possesso? In che cosa consiste la difficoltà a mettere in atto il progetto?
2 Che cosa gli rimproverano gli amici?
3 Come riescono a convincerlo di essere malato?
4 Come riescono a convincerlo di essere incinto?
ANALIZZARE
5 Fai l’analisi del periodo delle rr. 3-13.
INTERPRETARE
6 Descrivi lo stile adottato nella novella. Prevale la mimesi o la diegesi? Quali elementi della narrazione determinano in particolare la comicità?
SCRIVERE PER...
CONFRONTARE
7 Il tema della beffa ordita da un gruppo di amici a danno di qualche sprovveduto è presente anche in molti film. Scegline uno a tuo piacimento in cui compare una beffa particolarmente significativa e mettila a confronto con quella di Boccaccio in un testo di circa 30 righe.
T16
Griselda
Decameron, X, 10
La novella di Griselda, narrata da Dioneo, è l’ultima della giornata conclusiva del Decameron. Protagonista è una giovane contadina che Gualtieri, marchese di Saluzzo, prende in moglie quasi per capriccio e in seguito sottopone a una lunga serie di crudeli “torture psicologiche”, per testarne la fedeltà e la sottomissione.
Riscrittura in italiano moderno di Aldo Busi
Dionèo:
Molto tempo fa il marchese di Saluzzo in carica era un giovane chiamato Gualtiero, che era senza moglie e senza figli e non faceva nient’altro che andare a caccia di uccelli e non gli passava neanche per l’anticamera del cervello di prendere moglie o aver figli: quindi, non era per niente uno stupido. Ma la cosa non piaceva ai suoi sottoposti, che lo pregarono un sacco di volte di sposarsi, in modo che lui non restasse senza eredi né loro senza un padrone, e si offrirono di trovargli una moglie con un tale pedigree che avrebbe dato buoni motivi di speranza e che lui ne sarebbe stato molto contento.
Gualtiero gli rispose:
«Amici miei, voi mi costringete a fare una cosa che io avevo deciso di non fare assolutamente mai, data la difficoltà di trovare qualcuna con cui si possa stare bene e data la facilità di incocciare a bizzeffe1 nel contrario, e considerato che razza di vita dura è quella di un uomo che va a capitare con una donna non adatta a lui. E se voi dite che mi darete una donna che mi piacerà, pensando di poter giudicare le fighe dal modo di essere dei padri e delle madri, dite una sciocchezza: perché prima di tutto mi chiedo come possiate conoscere i loro padri e i segreti delle madri, e in ogni caso, anche quando si sa chi sono, le figlie sono molto spesso diverse dai padri e dalle madri. Ma visto che siete decisi a annodarmi in queste catene,2 accetterò: però non voglio dover rimproverare nessun altro che me stesso se la cosa dovesse riuscir male, quindi voglio essere io a trovarmela. E vi dico che, chiunque sia quella che mi prenderò, se voi non la tratterete con tutti gli onori dovuti alla vostra signora, vi farò passare tanti guai che capirete quanto mi scoccia dover prendere moglie contro la mia volontà e per causa vostra».
Quelli risposero altruisticamente che andava bene tutto, purché si decidesse a sposarsi.
Da parecchio tempo a Gualtiero non dispiaceva il modo di fare di una ragazza povera che stava in un villaggio vicino a casa sua; gli sembrava bellissima e pensò che con lei non avrebbe avuto problemi. Perciò, senza preoccuparsi di cercare oltre, decise di sposare questa qui. Fece chiamare il padre, che era poverissimo, e si accordò con lui.
Dopodiché, Gualtiero convocò tutti i suoi amici del posto e annunciò: «Amici miei, voi avete voluto e volete ancora che io mi decida a sposarmi, e io mi sono deciso, ma più per fare un piacere a voi che per qualche voglia mia di avere moglie. Vi ricordate senz’altro che mi avete promesso di dichiararvi soddisfatti e di trattare con tutti gli onori la donna che avrei scelto, chiunque fosse: adesso è venuto il momento di compiere la mia promessa, e voglio che voi manteniate la vostra. Ho trovato una ragazza che mi va bene, una di qui, che voglio prendere in moglie e portarmela a casa fra pochi giorni; quindi pensate a fare una bella festa di nozze e a ricevere la sposa in maniera adeguata, in modo che io mi possa dichiarare soddisfatto di voi come voi vi potrete dichiarare soddisfatti di me».
Quella brava gente rispose in coro che erano tutti contentissimi e che, fosse chi fosse la donna, sarebbe stata la loro signora e come tale l’avrebbero trattata in tutto; poi cominciarono a fare i preparativi per una festa grande, bella e allegra, e lo stesso fece Gualtiero. Organizzò un matrimonio alla grande, mandando gli inviti a molti suoi amici e parenti e personalità di spicco del vicinato; e fece tagliare e cucire molti vestiti di lusso sulle misure di una ragazza che gli sembrava della stessa taglia della ragazza che lui si proponeva di sposare; e inoltre preparò cinture, anelli, un bel diadema3 di pregio e tutte le altre cose necessarie a una sposa novella.
Venuto il giorno che aveva fissato per le nozze, Gualtiero di mattina presto salì a cavallo, e con lui tutti gli invitati, e visto che tutto era a posto, disse: «Signori, andiamo a prendere la sposa», e con tutto il corteo si diresse al villaggio e si fermò davanti alla casupola del padre della ragazza. Lei stava tornando di corsa dalla fontana con una brocca d’acqua per andare poi con le altre donne a vedere la sposa di Gualtiero: appena Gualtiero la vide, la chiamò per nome – si chiamava Griselda – e le domandò dov’era il padre. Lei si fece tutta rossa e rispose:
«Oh, signore, è in casa».
Gualtiero scese dal cavallo, ordinò a tutti gli altri di aspettarlo, entrò da solo nella povera casa dove trovò il padre di lei, che si chiamava Giannucolo, e gli disse:
«Sono venuto a sposare Griselda, ma prima voglio che mi dica alcune cose in tua presenza», e le domandò se lei, nel caso che l’avesse presa in moglie, avrebbe sempre fatto di tutto per dargli ragione e non si sarebbe mai alterata per nessuna cosa che lui dicesse o facesse, e se sarebbe stata obbediente, e molte altre cose del genere, alle quali lei rispose invariabilmente di sì. Allora Gualtiero la prese per mano, la portò fuori e davanti a tutto il corteo dei suoi amici e alla gente del villaggio la fece spogliare nuda e poi la fece rivestire in fretta con i vestiti che aveva fatto preparare, e le fece mettere le scarpe, e su quei suoi capelli così scarmigliati4 com’erano fece posare una corona. E mentre tutti se ne stavano a bocca aperta, disse:
«Signori, questa è la donna che voglio per moglie, se mi vuole per marito» e rivolgendosi a lei, che era tutta confusa e avrebbe desiderato sprofondare, disse:
«Griselda, mi vuoi per marito?».
E lei rispose:
«Sissignore».
Allora lui disse:
«Benone, e io ti voglio per moglie» e la sposò in presenza di tutti quei testimoni, poi la fece salire su un bel cavallo e se la portò a casa in pompamagna.5 A casa la festa di nozze fu magnifica, esattamente come se si fosse presa per moglie la figlia del re di Francia.
Cambiando d’abito, la giovane sposa sembrò cambiare anche di carattere e di modi. Era bella di corpo e di viso, come abbiamo già detto, e da bella che era diventò tanto seducente, tanto garbata e di tali maniere che non si sarebbe detta figlia di Giannucolo e guardiana di pecore, ma piuttosto figlia di un gran signore – cosa che sbalordiva chiunque l’avesse conosciuta prima – e inoltre era così obbediente al marito e tanto servizievole che lui si riteneva l’uomo più a proprio agio del mondo; e verso i sudditi del marito era ugualmente così cordiale e umana che tra di loro non c’era nessuno che non la amasse più di se stesso e che non la rispettasse sinceramente: tutti pregavano il cielo perché si conservasse e avesse un avvenire splendido, e mentre prima dicevano che Gualtiero si era comportato da pazzo a sposarla, adesso dicevano che era l’uomo più assennato e più giudizioso che mai si fosse visto, perché nessun altro che lui avrebbe saputo riconoscere le straordinarie qualità di questa donna sotto i suoi straccetti e dietro quei modi da contadina. In breve, non passò molto tempo che Griselda seppe fare sì che tutti parlassero bene di lei e si muovessero a suo favore, non solamente nel territorio di sua competenza6 ma dappertutto, e fece cambiare completamente opinione a chi aveva criticato il marito per colpa sua al momento del matrimonio, se ce n’erano stati. Inoltre non ci mise molto a rimanere incinta, e a tempo debito partorì una bambina, con grandissima gioia di Gualtiero.
Ma poco dopo a lui saltò in testa un pensiero stravagante: volle mettere alla prova con un lungo esperimento e con dei test francamente intollerabili la sua capacità di sopportazione. Cominciò a punzecchiarla a parole, mostrandosi preoccupato e dicendole che i suoi sudditi erano molto scontenti di lei perché di bassa estrazione, e figuriamoci adesso che si era dimostrata addirittura fertile: della bambina che era nata erano tutti delusissimi, non facevano altro che mormorare.
La donna sentendo questa storia disse senza battere ciglio e senza dimostrare alcuna alterazione:
«Il padrone sei tu, fa’ di me quello che credi più opportuno per il tuo onore e per la tua felicità, a me andrà bene tutto, perché so benissimo che io non sono all’altezza di quei signori e che non ero degna di questa posizione alla quale tu hai voluto sollevarmi per pura bontà d’animo».
Questa risposta fu graditissima a Gualtiero, poiché dimostrava che, nonostante le cerimonie e i trattamenti di riguardo, la ragazza non aveva messo su superbia.
Poco tempo dopo, informata la moglie con un discorsetto generico che i sudditi non riuscivano proprio a sopportare quella bambina nata da lei, le mandò un servitore imbeccato per bene che le disse con una faccia tutta addolorata:
«Signora, se non voglio morire devo fare quello che il padrone mi ordina. Mi ha ordinato che io prenda questa vostra figlioletta e che io…» e non disse altro.
La donna a sentire queste parole e a vedere la faccia del servitore e a ricordarsi delle parole del marito capì che gli era stato ordinato di ucciderla: e subito la prese dalla culla, la baciò, le fece un segno di croce e, per quanta angoscia potesse provare dentro di sé, senza cambiare espressione la mise in braccio al servitore e disse:
«Tie’,7 esegui in tutto e per tutto quello che il nostro padrone ti ha ordinato, ma per favore non lasciarla in un posto dove gli animali la possano sbranare, a meno che te lo comandi lui».
Il servitore prese la bambina e riferì a Gualtiero quello che aveva detto la moglie. Meravigliato di tanta costanza, lui lo mandò con la bambina da una sua parente a Bologna, pregandola di allevarla e educarla con tutte le cure e senza dire mai di chi era figlia.
Successe poi che Griselda restò di nuovo incinta e a suo tempo partorì un figlio maschio, cosa che mandò Gualtiero in brodo di giuggiole.8 Ma non bastandogli quello che aveva già fatto,9 cominciò a ferire la donna con vere e proprie coltellate,10 e un giorno le disse con espressione molto turbata:
«Donna, dopo che hai fatto questo figlio maschio io non ho più avuto pace con i miei sudditi: circola un forte disappunto per il fatto che dopo di me debbano essere governati da un nipote di Giannucolo. Temo proprio che, se non voglio provocare una rivoluzione, dovrò fare quello che ho già fatto l’altra volta e finire per lasciare te e prendermi un’altra moglie».
Griselda lo stette a sentire con pazienza e rispose:
«Il padrone sei tu, pensa a star bene e a fare quello che vuoi e non ti preoccupare per me, perché nessuna cosa mi è cara se non piace a te».
Dopo qualche giorno, Gualtiero mandò a prendere il figlio nello stesso modo in cui aveva mandato a prendere la figlia, e fingendo di avere fatto uccidere anche lui, lo mandò a balia11 a Bologna come aveva mandato la bambina; Griselda non ebbe una reazione diversa da quella che aveva avuto per la bambina, cosa di cui Gualtiero si meravigliò moltissimo, e tra sé e sé continuava a dirsi che nessun’altra donna sarebbe stata capace di fare quello che faceva lei, tanto che se non la avesse vista voler bene così carnalmente12 ai suoi figli, fino a quando lui glielo aveva permesso, avrebbe pensato che lo facesse perché non gliene importava niente, e invece dovette riconoscere che lo faceva per partito preso. I suoi sudditi, convinti che Gualtiero avesse fatto uccidere i suoi figli, lo condannavano in coro e lo consideravano un uomo crudele, e avevano un’enorme compassione per la moglie, che d’altra parte alle donne che la compativano per una simile morte dei suoi figli non disse mai altro che lei era d’accordo con colui che li aveva generati.
Ma, quando erano già passati parecchi anni dalla nascita della bambina, a Gualtiero sembrò arrivato il momento di sottoporre alla prova definitiva la sopportazione di sua moglie: davanti a molti dei suoi disse che assolutamente non ne poteva più di avere per moglie Griselda e che si era reso conto di essersi comportato male e da sventato quando l’aveva presa, e che perciò voleva chiedere al papa di dargli la dispensa13 per lasciare Griselda e risposarsi con un’altra.
Quei bravi uomini lo rimproverarono molto, ma lui rispose solo che doveva essere così e basta. Griselda sentendo questi discorsi e vedendosi nella prospettiva di dover tornare a casa di suo padre e forse a fare la guardiana di pecore come una volta, mentre un’altra donna avrebbe preso il suo posto accanto all’uomo che lei amava con tutta l’anima, si affliggeva dolorosamente in cuor suo; ma come aveva sopportato gli altri insulti del destino, così si preparò a sopportare questo senza lasciar trasparire nessuna emozione.
Non molto tempo dopo, Gualtiero si fece arrivare delle false lettere da Roma e fece credere ai suoi sudditi che con quelle il papa gli dava la dispensa per prendere un’altra moglie e ripudiare Griselda: quindi la fece chiamare e in presenza di molte persone le disse:
«Donna, per concessione del papa io posso sostituirti con un’altra moglie; e dato che i miei antenati sono stati della grande nobiltà e feudatari di queste terre, mentre i tuoi sono sempre stati dei volgari pecorai, ho deciso che tu non sia più mia moglie e che te ne torni a casa di Giannucolo con la dote che mi avevi portato; poi io mi porterò a casa un’altra che ho già trovato, adatta a me».
Griselda udendo queste parole trattenne le lacrime con uno sforzo intensissimo e, facendo violenza alla propria sensibilità, gli rispose:
«Il padrone siete voi: io ho sempre saputo che la mia bassa estrazione sociale non poteva adattarsi alla vostra nobiltà, e mi rendevo conto che ciò che sono stata con voi era una grazia vostra e di Dio; non ho mai considerato il mio stato come un possesso avuto una volta per tutte, ma sempre come un prestito: a voi piace rivolerlo indietro, e a me deve piacere, e piace, restituirvelo. Ecco l’anello col quale mi sposaste, riprendetevelo. Mi ordinate di portar via la dote che ho portato: a voi non servirà il commercialista e a me non servirà neanche una valigia, perché non mi è uscito di mente che voi mi aveste nuda. Se ritenete decente che quel corpo nel quale io ho portato i vostri figli sia visto da tutti, me ne andrò nuda; ma vi prego di dar ordine che io possa portar via almeno una sottoveste in cambio della verginità che portai qui e che non porto via».
Gualtiero, che moriva dalla voglia di piangere, riuscì a restare impassibile e disse:
«Prenditi una sottoveste».
Tutti quelli che stavano attorno lo supplicavano di darle almeno un vestito, perché non stava bene che colei che era stata sua moglie per più di tredici anni fosse vista uscire da casa sua in una tenuta così miserabile e indecente, in sottoveste. Ma le preghiere furono inutili: Griselda, in sottoveste e scalza e senza niente in testa, salutò tutti, uscì di casa e se ne tornò dal padre, tra le lacrime di compassione di tutti quelli che la videro. Giannucolo, che non aveva mai potuto credere sul serio che Gualtiero si tenesse per moglie sua figlia e si aspettava da un giorno all’altro una situazione del genere, aveva messo da parte i vestiti che lei si era tolti la mattina in cui Gualtiero l’aveva sposata; glieli dette, lei si rivestì e cominciò a fare i mestieri nella casa del padre come faceva un tempo, sopportando alla grande quel brutale voltafaccia del destino nemico.
Quando Gualtiero ebbe fatto questo, fece credere ai suoi che era in parola con la figlia di uno dei conti di Panico e, cominciando a fare i preparativi per le nozze, mandò a dire a Griselda di venire da lui, e le disse:
«Sto per prendermi in casa la mia nuova sposa, e voglio fare le cose a puntino per i festeggiamenti, ma tu sai che non ho delle brave governanti che sappiano sistemare le camere degli ospiti e provvedere a tutta quella quantità di cose che una festa importante richiede; perciò pensaci tu, che conosci queste cose di casa meglio di chiunque altro, metti in ordine quello che c’è da fare, invita le signore che ti sembra opportuno e ricevile come se fossi tu la padrona di casa; poi, finite le nozze, te ne potrai tornare a casa tua».
Sebbene queste parole fossero tutte pugnalate al cuore di Griselda, che non aveva potuto lasciar giù l’amore per lui come aveva lasciato giù la fortuna, rispose:
«Il padrone siete voi, io sono pronta».
E, entrata con il suo vestituccio rozzo da contadina in quella casa dalla quale poco prima era uscita in sottoveste, cominciò a spazzare le camere e a metterle in ordine, a far aggiungere nelle sale addobbi e sedie, a far andare la cucina, a sporcarsi le mani dappertutto come se fosse una servetta qualunque, e non si fermò prima di aver preparato e sistemato tutto il necessario.
Poi, dopo aver fatto invitare da parte di Gualtiero tutte le signore di riguardo locali, cominciò a aspettare la festa; e il giorno delle nozze, anche se aveva addosso abiti poverissimi, ricevette con modi da signora tutte le invitate, e per giunta sorridendo.
Gualtiero aveva fatto allevare i figli con tutte le cure a Bologna dalla sua parente, che era sposata con uno dei conti di Panico: e trovandosi la bambina a avere già dodici anni, una bellezza senza paragoni (e il bambino aveva sei anni), aveva mandato un messaggio a Bologna al suo parente pregandolo di venire a Saluzzo con questa sua figlia e con il figlio, portando con sé una bella compagnia, e di dire a tutti che gli stava portando questa ragazza in sposa, senza rivelare in nessun modo a nessuno di chi fosse veramente figlia. Il conte, fatto tutto secondo le istruzioni del marchese, si mise in viaggio e dopo qualche giorno, verso l’ora di pranzo, con la ragazza e il fratello e una bella compagnia di nobili arrivò a Saluzzo, dove trovò tutti gli abitanti del paese e parecchi del circondario che aspettavano questa nuova sposa di Gualtiero. La ragazza fu ricevuta dalle signore e accompagnata nel salone del banchetto, dove Griselda, vestita com’era, le si fece incontro festosamente dicendo: «Benvenuta la mia signora!». Tutte quante avevano pregato e strapregato Gualtiero che o facesse restare la Griselda in una stanza fuori mano o le prestasse uno dei bei vestiti che erano stati suoi, perché non si facesse vedere in quello stato dai forestieri, ma non c’era stato verso; furono messe tutte a tavola e incominciarono a tapparsi la bocca. Tutti gli uomini guardavano la ragazzina, e ognuno diceva che Gualtiero ci guadagnava col cambio; ma più di tutti la elogiava Griselda, sia lei che il fratellino.
Gualtiero, che pensava di aver visto tutto quello che poteva desiderare della capacità di sopportazione della moglie, constatato che nessuna novità aveva il potere di turbarla e essendo sicuro che questo non dipendeva da stupidità, perché aveva avuto modo di conoscerla come persona di giudizio, decise che era ora di liberarla dall’amarezza, che secondo lui doveva certamente nascondere sotto l’espressione tranquilla. Perciò la fece chiamare e davanti a tutti le disse sorridendo:
«Che te ne pare della nostra sposina?».
«Me ne pare molto bene, signore» rispose Griselda «e se, come credo, è tanto giudiziosa quanto è bella, sono certa che questa volta voi sarete il marito più felice del mondo: però vorrei pregarvi di una cosa, tutte quelle spine14 che voi avete dato all’altra che è stata vostra non datele pure a questa, che è più giovane e poi si vede che è stata cresciuta nella bambagia,15 mentre l’altra si era fatta la pelle dura fin da piccola a forza di faticare».
Gualtiero constatò che, nonostante fosse perfettamente convinta che la ragazza era la sua nuova moglie, Griselda non era uscita dal seminato con una sola parola: se la fece sedere accanto e disse:
«Griselda, ormai è venuto il tempo che tu raccolga i frutti della tua fermezza, pazienza e spirito di sopportazione16 e che coloro i quali mi hanno reputato un animale feroce sappiano che tutto quello che ho fatto l’ho fatto con premeditazione e con uno scopo preciso, per insegnare a te a fare la moglie e a loro a saperne scegliere una e a tenersela, e anche per partorire17 a me stesso una pace senza condizioni per tutto il tempo che avrei dovuto vivere con te, perché quando mi decisi a prender moglie avevo una gran paura che mi succedesse il contrario e per questo, per rassicurarmi con prove di controllo qualità, ti ho spinata e trafitta in tutti i modi che tu sai.
E dato che tu non ti sei mai lasciata scappare una parola o un gesto che tradisse l’esistenza di una volontà diversa dalla mia, dichiaro che tu sei esattamente come io ti desideravo, e mi propongo di restituirti adesso in un solo momento quello che ti ho portato via nel corso di molti anni e di curare con la più grande delle dolcezze le ferite che io ti procurai. Perciò prendi con gioia questa che tu credi mia sposa e suo fratello: sono i nostri figli, quelli che tu e molti altri avete creduto per tanto tempo crudelmente uccisi per mio ordine. E prendi me, che sono tuo marito e che ti amo più di ogni cosa al mondo perché posso vantarmi del dato di fatto che non c’è nessun altro tanto soddisfatto di sua moglie quanto lo sono io di te».
E così detto la abbracciò e la baciò e assieme a lei, che piangeva per la gioia, andarono dove la figlia stava a sedere ascoltando stupefatta queste cose e la abbracciarono con tenerezza, poi abbracciarono il fratello, e chiarirono le idee a lei e a tutta l’altra gente. Le signore, felicissime, saltarono su,18 accompagnarono in camera Griselda e le tornarono a levare i suoi straccetti con auguri più sinceri di quando glieli avevano levati la prima volta; la rivestirono con uno dei suoi eleganti modellini e la riportarono nel salone da quella gran dama che era – e in effetti lo sembrava perfino in quegli straccetti così essenziali.
Tutti erano così contenti che cominciarono a festeggiare i due figli e moltiplicarono i festeggiamenti e li tirarono in lungo per parecchi giorni: e giudicavano Gualtiero un uomo molto oculato, anche se aveva esagerato un po’ con quegli esperimenti pesantucci e dolorosi sulla moglie, ma soprattutto Griselda fu elogiata come donna sapiente. Il conte di Panico dopo qualche giorno tornò a Bologna. Gualtiero tolse Giannucolo dal suo sfacchinare quotidiano e lo elevò alla condizione di suocero in modo che potesse trascorrere quello che gli restava della vecchiaia agiatamente e con soddisfazione. E lui poi, fatta sposare con un ottimo partito la figlia, visse a lungo contento con Griselda, trattandola sempre con tutti gli onori possibili.
Che dire a questo punto, se non che anche nelle povere case piovono dal cielo degli angeli fatti e finiti, mentre nelle regge ne piovono di quelli che dovrebbero fare i guardiani di porci invece che pretendere di governare gli uomini? Chi, se non Griselda, avrebbe potuto sopportare non solo a viso asciutto ma con un bel sorriso le incredibili e durissime prove volute da Gualtiero? Al quale forse non avrebbe fatto male incontrare invece di lei una donna che, cacciata di casa in sottoveste, si fosse fatta sbattere la pelliccetta19 da un altro per farne venir fuori un completo firmato.
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
La celebre novella parla – come altre del Decameron – di un mondo lontano da quello di Boccaccio, non tanto cronologicamente, quanto piuttosto socialmente: mentre l’autore vive in un contesto borghese e mercantile, i protagonisti della novella sono intrisi della mentalità feudale, secondo la quale un feudatario detiene un potere totale e incontrastato sulle cose e sulle persone che ricadono sotto la sua giurisdizione. Spia di ciò è il fatto che nella novella nessun uomo al seguito di Gualtieri gli muove mai biasimo alcuno a proposito della sua condotta; per non parlare, poi, della devozione cieca della donna, possibile solo in un contesto di totale sudditanza della moglie nei confronti del marito.
In questo ambiente feudale Boccaccio mette in risalto la superiorità morale della povera contadina sul ricco signore: mentre quella è forte e paziente, questo è egoista e crudele. La donna ha temprato il suo spirito in continue fatiche (r. 249), che l’hanno resa capace di sopportare ogni avversità con pazienza amorevole e sovrumana. Il marchese di Saluzzo, al contrario, è mosso (secondo l’interpretazione prevalente del testo) da una matta bestialità (r. 9): per questo Boccaccio non mostra particolare rispetto verso il suo alto rango, anzi conclude la novella con una battuta, pronunciata dal narratore Dioneo, decisamente irriverente verso Gualtieri, al quale – dice – non sarebbe forse stato male investito d’essersi abbattuto a una che quando, fuor di casa, l’avesse fuori in camiscia cacciata, s’avesse sì a un altro fatto scuotere il pilliccione che riuscito ne fosse una bella roba (rr. 287-289).
Dopo aver ricevuto e letto, nel 1373, una copia del Decameron, Francesco Petrarca decide di tradurre in latino la novella di Griselda, in quanto la ritiene tanto bella da meritare una diffusione internazionale. Petrarca invia così a Boccaccio stesso la traduzione, collocandola all’interno di una lettera (Seniles, XVII, 3). Presto la nuova versione si diffonde in tutta Europa, diventando più famosa dello stesso originale boccacciano. Per esempio conosce la novella proprio dalla versione di Petrarca il grande scrittore inglese Geoffrey Chaucer, che la rinarrerà nei suoi Racconti di Canterbury. Il rifacimento petrarchesco, intitolato De insigni obedientia et fide uxoria (Sull’insigne obbedienza e sulla fedeltà coniugale), ha però, rispetto all’originale, un più evidente significato religioso: Petrarca trasforma Griselda da un modello di moglie perfetta in un simbolo dell’anima del fedele messa alla prova da Dio e in un esempio di come una creatura si debba comportare nei confronti del Creatore. A sottolineare l’intento religioso della versione latina è il titolo stesso che il poeta dà al proprio scritto: un titolo costruito come una sorta di calco della prima parte di quello di un capitolo (XVI, 32) del trattato De civitate Dei (La città di Dio) di sant’Agostino: De oboedientia et fide Abrahae (L’obbedienza e la fedeltà di Abramo).
Griselda viene vista da Petrarca come exemplum di sottomissione a Dio, quale fu appunto Abramo, pronto a sacrificare il suo unico figlio, Isacco, e di sopportazione, e sotto tale riguardo è paragonata implicitamente a Giobbe, che tollerò con rassegnazione la perdita dei beni e dei figli, per essere poi ricompensato da Dio con la nascita di altri figli.
Ma di questa novella sono state offerte anche altre letture. Si tratta infatti di un testo che è stato oggetto, soprattutto nella critica del secondo Novecento, di un vivace dibattito interpretativo, anche in virtù della sua collocazione alla fine dell’opera, una posizione che ne sottolinea l’importanza all’interno della visione ideologica dell’autore.
Il critico Carlo Muscetta evidenzia la violenza del costume feudale sulla donna sottomessa in tutto e per tutto al marito e vede in Griselda la figura di una donna amorevole e perfetta, creata da Boccaccio per sopperire alla mancanza della madre, troppo presto sottrattagli: Griselda sottenderebbe l’adesione dell’autore a un ideale femminile tradizionale, a un’immagine di donna che subordina sé stessa al valore primario del dovere coniugale.
Le scelte stilistiche
Il linguaggio della novella attinge sovente al campo lessicale del potere feudale e lo stile è di livello alto, conforme all’ambiente signorile descritto e rappresentato. Tuttavia, con la sua battuta finale, Dioneo, il narratore, utilizza un’espressione decisamente plebea, affermando che Griselda avrebbe fatto meglio a farsi scuotere il pilliccione da un passante qualsiasi, piuttosto che rimanere fedele a Gualtieri. Questo repentino cambio di registro si spiega con la volontà di Boccaccio di “smontare”, in una sola battuta rivelatrice, l’atmosfera cortese tratteggiata nel testo, per mostrare che il mondo di cui esso parla è fondato, in realtà, sulla violenza di uomini non necessariamente superiori, più buoni o più giusti, ma spesso soltanto più forti e talvolta anche moralmente peggiori degli altri.
verso le competenze
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Suddividi la novella in sequenze, attribuendo un titolo a ciascuna di esse.
2 Proponi un ritratto di Griselda utilizzando alcune espressioni tratte dal testo.
3 Spiega che cosa significa questo passaggio: entratogli un nuovo pensier nell’animo, cioè di volere con lunga esperienzia e con cose intollerabili provare la pazienzia di lei (rr. 104-106).
4 Le parole “pungere” e “puntura” ricorrono più volte: che cosa significano e perché sono usate?
ANALIZZARE
5 Qual è l’atteggiamento in cui si rispecchia il carattere di Griselda? perché?
6 Trova e sottolinea all'interno del testo tutti i vocaboli che rimandano all'ambito della società feudale e cortese.
7 Quali altri elementi, oltre a quelli evidenziati nell’analisi, richiamano l’universo delle fiabe popolari?
INTERPRETARE
8 Individua nella novella l’espressione Signor mio e spiega il motivo del suo utilizzo.
9 In quali punti della novella Griselda dà del voi a Gualtieri? perché?
scrivere per...
CONFRONTARE
10 Confronta in un breve scritto (di circa 20 righe) il mondo feudale rappresentato nella novella con quello borghese in cui vive l’autore.
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento