T6 LAT ITA - Il discorso di Catilina

LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI T6 Il discorso di Catilina tratto da De Catilinae coniuratione 20, 7-17 LATINO ITALIANO Seguendo il modello della storiogra a tucididea, Sallustio inserisce in questo capitolo, il ventesimo dell opera, il primo dei discorsi diretti della monogra a. Si tratta, naturalmente, di una rielaborazione dello stesso storico, che infatti la introduce come orationem huiusce modi («un discorso di questo tenore ), sottolineando che non si tratta di una testimonianza diretta. Riportiamo il discorso in forma quasi integrale, omettendo soltanto l esordio, nel quale Catilina elogia l audacia e la lealtà dei suoi sodali. 5 7. Nam postquam res publica in paucorum potentium ius atque dicionem concessit, semper illis reges, tetrarchae vectigales esse, populi, nationes stipendia pende re; cete ri omnes, strenui, boni, nobiles atque ignobiles, vulgus fuimus, sine gratia, sine auctoritate, iis obnoxii, quibus, si res publica vale ret, formid ni essemus. 8. Itaque omnis gratia, potentia, honos, divitiae apud illos sunt aut ubi illi volunt; nobis relique re repulsas, pericula, iudicia, egestatem. 9. Quae quousque tandem patiemini, o fortissumi viri? Nonne emo ri per virtutem praestat quam vitam miseram atque inhonestam, ubi alienae superbiae ludibrio fueris, per dede cus amittere? 10. Verum 7. Infatti, da quando il governo dello Stato passò di diritto e di fatto al completo arbitrio di pochi potenti, a loro versano costantemente tributi re e principi, a loro pagano imposte popoli e nazioni; gli altri, noi tutti, attivi, virtuosi, nobili e plebei, fummo vile moltitudine, senza credito, senza autorità, soggetti a costoro, cui incuteremmo paura se esistesse veramente la repubblica. 8. Così, favore, potenza, cariche pubbliche, ricchezze sono interamente nelle loro mani o dove essi stabiliscono che siano; a noi hanno lasciato insuccessi, pericoli, processi, povertà. 9. E tutto questo fino a quando potrete tollerare, voi uomini fortissimi? Non è preferibile morire onorevolmente anziché perdere ignobilmente una vita miserabile e oscura, dopo essere stati oggetto di scherno alle insolenze altrui? 7. Nam formid ni essemus postquam concessit: proposizione temporale con l indicativo. Nota l allitterazione* del fonema p (postquam publica paucorum potentium). tetrarchae: altresì noti come reguli. Sono i sovrani degli Stati fantoccio governati dai Romani, quegli Stati cioè che, pur sottomessi a tutti gli effetti a Roma, mantenevano formalmente i loro regnanti. esse: in nito narrativo, come il successivo pende re. populi, nationes: lieve climax* discendente. stipendia pende re: indica il pagamento del tributo da parte dei popoli vinti. quibus formid ni: costruzione con il doppio dativo. si vale ret: protasi di un periodo ipotetico dell irrealtà, la cui apodosi è formid ni essemus. 8. Itaque egestatem gratia, potentia, honos, divitiae: i quattro termini che indicano i privilegi degli aristocratici sono 800 posti in contrapposizione con quelli che invece caratterizzano il malessere della plebe, ovvero repulsas, pericula, iudicia, egestatem. Nota come a ciascun elemento positivo corrisponda il suo contrario nel secondo elenco: all in uenza politica gli insuccessi, al potere i pericoli, alle cariche pubbliche i processi, alla ricchezza l indigenza. relique re: forma arcaica per relique runt, terza persona plurale del perfetto indicativo di relinquere. 9. Quae amittere? Quae patiemini: qui Sallustio sembra rievocare per bocca di Catilina il celeberrimo esordio delle Catilinariae ciceroniane (Quo usque tandem abute re, Catilina, patientia nostra?, Fino a che punto abuserai, Catilina, della nostra pazienza? p. 579), richiamo che non poteva sfuggire al lettore contemporaneo. La frase echeggia, comunque, anche in molte altre pagine sallustiane. fortissumi: forma arcaizzante del superlativo, sta per fortissimi. Nonne inhonestam: interrogativa retorica che prevede una risposta affermativa; Catilina riprende il tòpos secondo cui è preferibile vivere un esistenza breve ma gloriosa piuttosto che una vita senza onore (un tema che risale alla gura mitica di Achille, che aveva preferito la morte durante l assedio di Troia a una vita lunga ma oscura). In questo caso, però, l esistenza priva di gloria è de nita più precisamente misera , in quanto soggetta a condizioni di vita inadatte a persone del rango dei congiurati. La forma emo ri è più forte del semplice mori. Qui ha valore perfettivizzante (esprime cioè l aspetto momentaneo, iniziale o nale, dell azione). alienae superbiae ludibrio: doppio dativo con un tu retorico come soggetto. 10. Verum res expediet Verum enim

Tua vivit imago - volume 1
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Età arcaica e repubblicana