Tua vivit imago - volume 1

LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI 5 10 15 Fulse re quondam candidi tibi soles, cum ventitabas, quo puella ducebat amata nobis, quantum amabitur nulla! Ibi illa multa tum iocosa fiebant, quae tu volebas nec puella nolebat. Fulse re vere candidi tibi soles. Nunc iam illa non vult: tu quoque, inpotens, noli nec, quae fugit, sectare nec miser vive, sed obstinata mente perfer, obdura. Vale, puella. Iam Catullus obdurat nec te requiret nec rogabit invitam. At tu dolebis, cum rogaberis nulla. Scelesta, vae te! quae tibi manet vita? Quis nunc te adibit? cui videberis bella? Quem nunc amabis? cuius esse diceris? Quem basiabis? cui labella mordebis? At tu, Catulle, destinatus obdura. 3-7. Fulse re puella nolebat Fulse re quondam ducebat: una volta (quondam) splendettero (Fulse re, forma arcaica e poetica della terza persona plurale del perfetto) giorni (soles ha il valore metonimico di dies) radiosi . Catullo ricorda a sé stesso (tibi, al v. 3, è in opposizione a nobis del v. 5: una strategia ef cace di sdoppiamento) i giorni della felicità, quando (cum) era solito inseguire con entusiasmo (ventitabas è un frequentativo) la sua donna dovunque lei lo conducesse (quo puella ducebas). amata amabitur nulla: quell amore era unico, e nessun altra donna (nulla) mai lo riceverà in futuro: amata forma con amabitur un ulteriore poliptoto che proietta lo sguardo sul futuro, anticipando il tema dei versi nali rivolti a Lesbia. Nobis è dativo d agente. Ibi: qui ; rafforzato da tum ( allora ), ha allo stesso tempo valore locale e temporale e introduce il ricordo di quella gioia che non è necessario determinare con precisione. illa multa iocosa: tutti quei giochi , con iocosa termine tecnico dell esperienza amorosa. quae tu nolebat: la completa armonia tra Catullo e Lesbia è sottolineata da questa proposizione relativa, in cui i soggetti (tu e puella) reggono l uno il verbo con signi cato positivo volebas, l altro il suo equivalente con signi cato negativo affermato dalla litote* (nec nolebat, doppia negazione): i due verbi verranno ripresi nella sezione 400 successiva con valore del tutto opposto. 8-11. Fulse re vere obdura Fulse re soles: la ripresa letterale del v. 3 è variata dalla presenza dell avverbio vere, che sottolinea la verità del racconto e prelude allo scarto violento rispetto alla situazione attuale. Nunc iam miser: ma ora segnala il cambiamento di situazione. Il rovesciamento è reso evidente dall accurata scelta delle parole del v. 9, che richiamano i verbi di volontà su cui il poeta aveva costruito il v. 7. Adesso lei (illa, con variatio* rispetto a puella) non vuole (non vult: la negazione accompagna qui il verbo con signi cato positivo) e quindi tu (vocativo) non volere (noli, integrazione convincente del testo qui lacunoso , è il primo imperativo del componimento). E se inpotens ( incapace di controllarsi ) richiama il verbo ineptire del primo verso, il frequentativo sectare (imperativo: non inseguire lei che fugge ) ricorda ventitabas, mentre miser evidentemente richiama il primo termine del carme. perfer, obdura: i due imperativi invitano alla resistenza e alla sopportazione con salda intenzione (obstinata mente). Obdura introduce inoltre una sequenza di poliptoti: è infatti richiamato al verso successivo come indicativo, e poi all ultimo di nuovo come imperativo. 12-13. Vale, puella invitam L addio all amata (Vale, puella) è subito seguito da una nuova affermazione della propria ! repetita iuvant p. 401 volontà, con il poeta che parla di sé in prima persona usando i verbi all indicativo presente (obdurat) e futuro (requiret e rogabit allitteranti). invitam: contro la tua volontà ; il predicativo mette nuovamente in risalto l in essibilità di Lesbia, che ri uta ormai il rapporto con Catullo. 14-19. At tu dolebis obdura At tu: ma tu introduce il motivo della sofferenza di Lesbia, una volta che Catullo metterà in atto la sua intenzione di non cercarla più. cum rogaberis nulla: lett. quando non sarai pregata ; nota la scelta della forma passiva, accompagnata dal predicativo nulla, che equivale in questo caso alla negazione non. Scelesta obdura: alla maledizione, per la quale Catullo sceglie l aggettivo scelesta derivato da scelus ( crimine religioso che rimanda ai contenuti del carme 76), segue una sequenza patetica di interrogative caratterizzate dall anafora* con poliptoto del pronome iniziale e dalla presenza di motivi e lessemi dell ambito erotico (la bellezza, i baci, i morsetti sulle labbra). L ultimo verso, non a caso introdotto da at tu come il v. 14, sposta nuovamente l attenzione su Catullo (l apostrofe è collocata qui nella stessa posizione metrica del v. 1), che invita con forza sé stesso a resistere (obdura, alla terza occorrenza nel testo) con determinazione (destinatus richiama obstinata mente del v. 11).

Tua vivit imago - volume 1
Tua vivit imago - volume 1
Età arcaica e repubblicana