Percorsi di educazione civica

Il fratello Gianfranco, docente di Chimica al Politecnico di Milano, faceva parte dei Gruppi di Azione Patriottica (Gap), nuclei partigiani impegnati in azioni di guerriglia urbana, come responsabile del confezionamento di esplosivi. Quando, nel 1944, il suo gruppo venne scoperto dai tedeschi, tutti i componenti furono imprigionati e torturati e Gianfranco, temendo di cedere e rivelare il nome dei compagni, si impiccò. Fu un duro colpo per Teresa ma questo la rafforzò nelle sue convinzioni antifasciste e nella volontà di agire per cambiare le cose. Continuò la sua azione come partigiana fino a divenire comandante di compagnia. Mentre cercava di raggiungere la sua famiglia a Roma venne catturata dai tedeschi, violentata e torturata. Si salvò perché, il giorno prima della sua esecuzione, grazie all aiuto di un gerarca fascista che non la credette una partigiana («Una così brava ragazza non può essere una partigiana ), riuscì a fuggire dal carcere trovando rifugio in un convento di monache. Come gappista anche lei prese parte a diverse azioni: fece saltare alcuni carri ferroviari tedeschi carichi di esplosivo e partecipò all uccisione del filosofo e politico fascista Giovanni Gentile. Terminata la guerra, Teresa proseguì il suo impegno politico all interno del Partito comunista e fu attiva anche in organizzazioni che si occupavano di questioni femminili. Fu lei a proporre di associare la mimosa alla festa dell 8 marzo; raccontò di avere pensato a questo fiore perché poco costoso e di facile reperibilità in quel periodo dell anno. Ma la questione più urgente che Teresa sapeva doveva essere risolta era quella del diritto di voto alle donne. La legge fu frutto di una decisione assunta in particolare dal Partito comunista e dalla Democrazia cristiana: i due segretari, Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi, procedettero in accordo anche perché entrambi i partiti vedevano l immissione delle donne nella vita politica in una prospettiva di ampiamento del consenso. Il voto delle donne però causava anche preoccupazione: da parte repubblicana per il loro possibile appoggio alla monarchia; da parte comunista per la presunta influenza della Chiesa nella loro scelta politica; da parte democristiana per il possibile condizionamento di padri e mariti vicini ai partiti di sinistra. Se da più parti quindi si guardava con apprensione a questo epocale cambiamento, movimenti e organizzazioni femministe, invece, insistevano sul raggiungimento di questo risultato come una conquista femminile e non come una concessione maschile: il voto era una conseguenza naturale, raggiunta per la maturità politica e civile di cui le donne avevano dato prova nel corso della guerra. Ma non solo. Il voto alle donne era una conquista di individualità oltre che di cittadinanza, perché il voto segreto permetteva loro di sottrarsi a qualsiasi controllo e subordinazione maschile. Anche per questo fu grande l emozione di molte donne mentre si accingevano a compiere quell atto. Il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 del 1° febbraio 1945 ratificò l estensione del diritto di voto alle donne. Rimanevano escluse solo le prostitute «che eserci- LE DONNE AL VOTO Il 30 gennaio 1945, in un Italia ancora in guerra, venne approvata la legge sul suffragio femminile, senza cerimonie e preceduta da poche discussioni. Importante era stato il ruolo delle due grandi organizzazioni di massa femminili nate quasi contemporaneamente nell autunno del 1944: l Unione donne italiane (Udi), del cui comitato direttivo fece parte anche Teresa, di matrice laica e legata al Partito comunista, e il Centro italiano femminile (Cif), di matrice cattolica, legato al movimento dell Azione cattolica e alla Democrazia cristiana. In vista del voto le due organizzazioni, seppur da presupposti ideologici diversi, cercavano di preparare le donne a svolgere un ruolo attivo nella società e le educavano alla politica. Donne al voto per le elezioni amministrative del 1946. A destra, si vede il segretario democristiano Alcide De Gasperi. 51

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Storia Triennio