Tipologia B – Cangrande della Scala, mecenate di Dante

688 Canto XVII Verso l esame di Stato Allenarsi alla prima prova Tipologia B Analisi e produzione di un testo argomentativo BARBARA REYNOLDS Cangrande della Scala, mecenate di Dante La studiosa inglese Barbara Reynolds (1914-2015) presenta la figura di Cangrande della Scala e il suo rapporto con Dante, sottolineando la reciproca stima e, nel contempo, la convenienza per il signore di Verona di ospitare un poeta così famoso e per il Fiorentino di trovare protezione presso un personaggio tanto potente. 10 20 30 40 Più potente e autorevole, fra tutti i protettori di Dante, fu Cangrande della Scala. Terzogenito di Alberto della Scala, signore ghibellino di Verona, ne divenne sovrano insieme al fratello Alboino nel 1308, alla morte del fratello maggiore Bartolomeo. Morto anche Alboino, nel 1311, Cangrande divenne a soli vent anni signore unico di Verona. Strenuo fautore di Enrico VII, presenziò il 6 gennaio 1311, a Milano, alla seconda delle sue tre incoronazioni, dove forse incontrò Dante. Era in procinto di imbarcarsi alla volta di Roma dal porto di Genova per sostenere la terza incoronazione di Enrico, ma, informato della morte di Alboino, fece precipitosamente ritorno a Verona. Da qui, nominato vicario imperiale di Verona e di Vicenza, continuò a promuovere la causa di Enrico. Condottiero brillante e vittorioso, aggiunse in breve tempo ai propri territori Vicenza, Padova, Cremona, Mantova e Treviso. La corte veronese di Cangrande era notoriamente sfarzosa, ed era sua abitudine offrire ricovero a esuli illustri. Un cronista del tempo, Sagacio Mucio Gazata, così ricordava la sua ospitalità, di cui beneficiò personalmente: «Vari appartamenti del palazzo dei della Scala erano riservati agli esuli, a seconda della loro condizione. Gli alloggi, ciascuno dotato di servitù e tavola ben imbandita, presentavano ornamenti diversi a seconda degli ospiti [ ]. Durante i pasti comuni, si esibivano musicisti, giullari e giocolieri [ ]. Le sale erano decorate da immagini che simboleggiavano le vicissitudini della sorte. Talvolta, Cangrande invitava qualcuno degli ospiti alla propria tavola, in particolare Guido da Castello [ ] e il poeta Dante Alighieri. Non si sa di preciso quando Dante venisse accolto da Cangrande, probabilmente tra il 1315 e il 1316, ma abbiamo a riguardo un indizio utile. Nel Purgatorio, Marco Lombardo ricorda Guido da Castello come uno dei tre vecchi in cui ancora sussiste la virtù. Poco più che sessantenne nel 1300 (era nato tra il 1233 e il 1238), Guido risultava ancora vivo nel 1315, ed è quindi possibile che Dante lo avesse incontrato alla corte di Verona, e che avessero seduto insieme alla tavola di Cangrande. Nel Convivio l autore lo indicava come modello di nobiltà d animo, ma se tale affermazione fosse o meno la risultante di una conoscenza personale non è possibile dire. Stando a più di una fonte, a Verona Dante sarebbe stato vittima di alcune volgari arlecchinate, ma dalla descrizione degli appartamenti fatta dal Gazata si ricava una impressione di decoro e di comodità. In queste condizioni, è probabile che Dante potesse dedicarsi liberamente alla stesura del Purgatorio, dandone anche pubblica lettura. Ma al di là della sua sfarzosa ospitalità, Cangrande era un uomo pragmatico. Dante era il celebrato autore di un avvincente opera in progress che sosteneva la causa imperiale svillaneggiandone gli oppositori, il papato in particolare. Malgrado l indiscussa supremazia, il signore di Verona non era privo di nemici, specie tra i padovani che, vittime recenti delle atrocità perpetrate dal tiranno Ezzelino da Romano, temevano l ascesa di un nuovo despota. L idea dantesca di una predestinazione divina dell impero faceva gioco alla sua ambizione di diventare principale governante ghibellino di una vasta area d Italia. Non sappiamo quali fossero esattamente le modalità di pubblicazione dei canti danteschi, ma è probabile che Cangrande gli avesse messo a disposizione dei copisti, organizzato pubbliche letture, e promosso perlomeno in una fase avanzata della stesura la distribuzione dell opera. Ciò tornava, infatti, a suo vantaggio. Egli era perfettamente consapevole delle capacità persuasive del poeta fiorentino, e in un occasione [ ] pensò bene di avvalersene.

La Divina Commedia
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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato