La Divina Commedia

54 Canto III 43-45 E io: «Maestro, che cosa è per queste anime tanto opprimente che le fa lamentare così forte? . Ed egli rispose: «Te lo dirò molto brevemente. 46-51 Queste anime non hanno speranza neppure di annullarsi totalmente (della dannazione dell anima) e la loro spregevole vita è tanto infima che sono invidiosi di ogni altra condizione. Il mondo non permette che sopravviva il loro ricordo, la misericordia e la giustizia di Dio li ignorano; non parliamo più di loro, ma guardali e passa oltre . 52-57 E io, che guardai attentamente, vidi una bandiera che girava in tondo così veloce da sembrare incapace di arrestarsi; e dietro le correva una fila di anime così lunga che io non avrei mai creduto che la morte ne avesse annientate tante. 58-60 Dopo che tra di esse ebbi riconosciuto qualcuno, vidi e riconobbi l anima di colui che per viltà fece la grande rinuncia. 61-63 Immediatamente compresi, e ne ebbi la certezza, che questo era il gruppo dei vili, che sono sgraditi a Dio e ai suoi nemici (Lucifero e i demoni). 64-66 Questi sciagurati, che non furono mai spiritualmente vivi, erano nudi e punzecchiati continuamente da mosconi e da vespe che si trovavano lì. 67-69 Gli insetti rigavano il loro volto di sangue che, mescolato alle lacrime, veniva raccolto ai loro piedi da vermi ripugnanti. (vv. 70-129) La riva dell Acheronte e Caronte 70-75 E dopo che mi misi a guardare oltre, vidi delle anime sulla riva di un grande fiume, per cui dissi: «Maestro, ora concedimi di sapere chi sono e quale 46. speranza di morte: da intendersi o come «annientamento totale che metterebbe fine ai tormenti dell Inferno, oppure come «morte dell anima , cioè la dannazione che in qualche modo qualificherebbe questi peccatori, destinandoli all Inferno (la caratteristica degli ignavi è proprio quella di non poter entrare nell Inferno). 47. cieca vita: «vita anonima e oscura , oppure «condizione bassa e vile . 49. Fama di loro: queste anime non hanno lasciato traccia di sé nel mondo, perciò sono condannate ad essere dimenticate. Gli altri dannati, a esclusione dei traditori, desiderano ricordare e anche essere ricordati, guardano alla condizione terrena come a uno stato più felice rispetto a quello attuale. 51. non ... passa: gli ignavi, proprio per la loro caratteristica morale di pusillanimità, non sono degni di attenzione: la frettolosa risposta di Virgilio contrasta con la successiva descrizione della loro degradante pena. 52-54. E io ... indegna: gli ignavi, che in vita non ebbero mai un ideale da seguire, ora E io: «Maestro, che è tanto greve a lor che lamentar li fa sì forte? . 45 Rispuose: «Dicerolti molto breve. Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, 48 che nvid osi son d ogne altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: 51 non ragioniam di lor, ma guarda e passa . E io, che riguardai, vidi una nsegna che girando correva tanto ratta, 54 che d ogne posa mi parea indegna; e dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch i non averei creduto 57 che morte tanta n avesse disfatta. Poscia ch io v ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l ombra di colui 60 che fece per viltade il gran rifiuto. Incontanente intesi e certo fui che questa era la setta d i cattivi, 63 a Dio spiacenti e a nemici sui. Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e stimolati molto 66 da mosconi e da vespe ch eran ivi. Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a lor piedi 69 da fastidiosi vermi era ricolto. E poi ch a riguardar oltre mi diedi, vidi genti a la riva d un gran fiume; 72 per ch io dissi: «Maestro, or mi concedi inseguono una insegna senza forma e senza colore, che gira senza posa. Vano è il loro inseguimento come vana è stata la loro vita. La rapidità del movimento dell insegna è contrapposta all indifferenza degli ignavi. 57. disfatta: il disfacimento si accompagna alla morte del corpo (l aggettivo compare anche in Inf. VI, 42; Purg. V, 134). 59-60. l ombra ... rifiuto: secondo molti commentatori si tratta del papa Celestino V ( Personaggi). 64. Questi sciaurati ... vivi: è introdotto in questo verso il tema del libero arbitrio, che affonda le sue radici nella Genesi, il primo libro dell Antico Testamento. Adamo ed Eva, nel Paradiso Terrestre, cedono alle tentazioni del serpente e mangiano il frutto proibito dell albero della conoscenza del bene e del male, disobbedendo alle parole di Dio e avocando a sé il diritto di decidere, da soli e in prima persona, nel campo della morale (quanto al frutto dell albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: «Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, affinché non abbiate a morire , Genesi 2, 2-20). Dal peccato originale nascono le grandi questioni etiche sul rapporto tra il Bene e il Male, dibattute da sant Agostino e san Tommaso: la libertà dell uomo (il libero arbitrio, appunto) come si concilia con l onnipotenza di Dio creatore? Dante risolve il problema religioso drasticamente e con grande rigore morale: vivere significa partecipazione attiva, assunzione di responsabilità, scelta del bene. 65-69. ignudi ricolto: continua la descrizione minuziosa della pena degli ignavi con particolari che insistono sull abiezione (il verme si origina dalla materia putrefatta); tutti i dannati, tranne gli ipocriti, sono nudi (la nudità è simbolo della miserabile condizione infernale), ma qui Dante sottolinea l anonimato umiliante degli ignavi. 71. gran fiume: è l Acheronte, luogo di dolore e desolazione: questa caratteristica è sottolineata anche nei versi successivi (triste riviera d Acheronte, 78; livida palude, 98) per esprimere la peccaminosa inerzia degli ignavi. ( Parole in chiaro).

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato