Analisi e interpretazione

Analisi e interpretazione Per approfondire Il viaggio di Dante La tematica: la selva e il peccato La profezia del veltro Dante situa il suo viaggio nell Oltretomba nella primavera del 1300, anno del primo giubileo della Chiesa ( Parole in chiaro, p.20), quando egli ha 35 anni. Il giorno non è indicato precisamente: secondo alcuni studiosi è il 25 marzo, tradizionalmente considerato il giorno della creazione di Adamo, della concezione di Maria e della morte di Cristo; per altri invece è il venerdì santo dell anno 1300, ossia l 8 aprile. Vale comunque il valore allegorico della data: la passione di Cristo e quindi la salvezza dell umanità. La selva oscura rappresenta il peccato che distoglie dalla diritta via; è una selva selvaggia, lontana dalla civiltà, aspra e forte, cioè intricata e difficile da attraversare; è tanto angosciante da essere paragonabile alla dannazione eterna. I vv. 100-105 sono tra i più discussi dai commentatori per il possibile personaggio cui allude il veltro. Il tono di Dante è volutamente indecifrabile come nelle profezie bibliche. L interpretazione letterale è semplice: il veltro è un cane da caccia che deve stanare la lupa e farla morire. A livello allegorico i versi si riferiscono a un personaggio che, operata una restaurazione morale dell umanità, ristabilisca l ordine nell ambito religioso e politico. Dante allude a una figura che salverà l Italia liberandola dall avidità dei suoi dominatori, e specialmente dalla Curia di Roma, colpevole di aver confuso il proprio ruolo spirituale con il potere e la ricchezza (terra e peltro, v. 103). Il personaggio potrebbe essere la Trinità (il veltro non cercherà i beni materiali, ma si nutrirà solo di spiritualità, sap enza, amore e virtute, v. 104), oppure l imperatore Arrigo VII, Cangrande della Scala, o Dante stesso, perché il suo poema è finalizzato al rinnovamento e alla salvezza dell umanità secondo una missione voluta dalla Provvidenza ( Inferno II,vv 43-142). La rappresentazione dello spazio La contrapposizione basso-alto (valle-colle) guida tutta la rappresentazione dello spazio, così come quella tra buio e luce, che simboleggia l eterna lotta tra il male e il bene, il peccato e la Grazia, come dice Gesù: «Io sono la luce del mondo, chi mi segue non cammina nelle tenebre (Giovanni VIII, 12). La selva (il peccato), collocata in basso loco rispetto al colle (la salvezza), è buia, non illuminata dalla luce del sole che mena dritto altrui per ogne calle, che guida gli esseri viventi nella giusta direzione. Due piani di lettura Nella Commedia è possibile distinguere due piani di lettura: quello letterale, riferito alle vicende individuali del personaggio Dante che si smarrisce nella selva, ne esce e si inerpica sul colle; e quello allegorico, secondo il quale Dante rappresenta l umanità intera alle prese con il peccato e con l ascesa alla salvezza divina. Fin dal primo canto emerge dunque il duplice ruolo di Dante come auctor, vale a dire il soggetto della scrittura, colui che narra l intera vicenda al tempo presente svolgendo una funzione di commento anche morale; e come viator, cioè il pellegrino, l essere umano peccatore e imperfetto in cammino verso la salvezza divina. Tale duplicità di lettura non era inconsueta per l uomo medievale; infatti era fiorente tutta una tradizione di lettura del senso allegorico della Bibbia, secondo il quale i personaggi e le situazioni del libro sacro rimandano a una verità spirituale ed eterna. Sul piano allegorico, come si è visto, le tre fiere rappresentano la lussuria, la superbia e l avidità, ovvero i vizi della società del tempo e dell umanità in generale; Virgilio incarna la possibilità per l uomo di farsi guidare dalla ragione, e il viaggio stesso di Dante raffigura il cammino dell umanità verso la salvezza. William Blake, Illustrazioni per La Divina Commedia di Dante, Inferno, Canto I, 1824-1827, Oxford, Ashmolean Museum. Lo stile del canto A livello fonico il canto è attraversato da una serie di allitterazioni che mettono in risalto lo smarrimento del protagonista. Qualche esempio. Nel v. 5 i tre aggettivi selvaggia e aspra e forte, rafforzati dal polisindeto (e... e), dall accostamento di due parole di suono simile o paronomasia (selva selvaggia) e dall allitterazione della s-, esprimono la sensazione dell animo prigioniero del peccato. Particolare è la costruzione della terzina nei vv. 19-21, dove l allitterazione delle consonanti p- e -t sottolinea l angoscia del protagonista (Paura, Poco, queTa, duraTa, noTTe, Passai, TanTa, PieTa). Nel v. 28 l allitterazione della p- all inizio di parola e per tutto il verso (Poi ch èi Posato un Poco il corPo lasso) esprime onomatopeicamente l affanno della fatica. 33 Inferno La selva oscura

La Divina Commedia
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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato