3.1 La storia dell’umanità è storia di migrazioni
La migrazione degli esseri umani risale già all’epoca dei primi ominidi. Dalle ricerche degli archeologi è emerso che diverse società ed epoche storiche furono caratterizzate da movimenti migratori, a partire dalle popolazioni preistoriche di cacciatori-raccoglitori alle civiltà premoderne dell’Asia, Europa e Sudamerica. Come abbiamo già visto, l’antropologia culturale affonda le sue radici nell’epoca dell’espansionismo imperialista, contraddistinta da fenomeni di spostamento forzato e volontario di esseri umani, le cui conseguenze si protraggono nel presente: la schiavitù (tratta atlantica degli schiavi africani) e il settler colonialism, “colonialismo di insediamento”, ovvero lo stanziamento, tramite conquista violenta, di coloni bianchi su terre occupate da altri (come è avvenuto per i territori delle moderne nazioni di Canada, Stati Uniti e Australia).
Nonostante la storia dell’umanità sia dunque una storia di migrazioni, negli ultimi trenta o quarant’anni, anche grazie allo sviluppo di nuove tecnologie di trasporto e telecomunicazione, la rapidità e l’intensità degli spostamenti umani sulla terra hanno raggiunto una dimensione senza precedenti. Consideriamo, oltre alla migrazione, anche il turismo di massa e la progressiva urbanizzazione del pianeta: la mobilità è uno dei tratti distintivi del mondo in cui viviamo, al punto da condizionare non solo chi si sposta ma anche chi, per obbligo o per scelta, rimane stanziale in un luogo.
Se consideriamo i valori motivazionali che spingono gli individui a migrare verso un determinato luogo, possiamo distinguerli in:
- fattori di spinta (push factors), come povertà, carestie, guerre, conflitti, disastri naturali, discriminazione e violenze a sfondo politico, etnico, religioso, e così via;
- fattori di attrazione (pull factors), come opportunità educative e lavorative, l’accesso a cure mediche, la presenza di reti di familiari e connazionali e l’influenza esercitata dai media (tv, film, Internet) nel diffondere una certa immagine di un luogo.
Non bisogna poi dimenticare il ruolo dell’economia globale capitalista nell’innescare molti di questi meccanismi, creando sempre maggiori disuguaglianze tra paesi e regioni, al punto che sempre più persone sono costrette a spostarsi in cerca di migliori opportunità di vita.
Gli Stati-nazione e le entità sovranazionali (per esempio l’Unione Europea) hanno anch’essi il potere di favorire o ostacolare il movimento individuale e di massa. Ciò avviene non solo tramite la militarizzazione e il rafforzamento dei confini, di cui abbiamo già parlato, ma anche per mezzo di politiche, norme, e procedure burocratiche atte a regolamentare l’ingresso e la presenza dei non-cittadini: visti, permessi e così via. In alcune circostanze, queste norme e procedure hanno il potere di “creare” nuove categorie di migranti, riconoscendone i diritti e rendendoli “visibili” agli occhi delle istituzioni, come nel caso di coloro che fuggono da guerre e persecuzioni e a cui, spesso dopo un percorso travagliato, viene riconosciuto il diritto d’asilo e lo status ufficiale di rifugiato. Infine, vi sono attori non-statali, quali le agenzie di reclutamento di lavoratori stranieri, che servono da intermediari nel facilitare gli spostamenti degli individui, a volte mettendone a rischio la vita, come nel caso dei trafficanti di esseri umani.