T18 - A se stesso

Il primo Ottocento T18 A se stesso Canti, 28 L inganno dell amore e la condanna del potere negativo della natura 5 Scritto probabilmente nel 1833, è il testo più duro e disperato del cosiddetto ciclo di Aspasia : concentrato in 16 versi, costituisce l appello finale del poeta al proprio cuore. In esso Leopardi sviluppa il tema della disillusione amorosa, a partire dalla sfortunata esperienza di una passione non corrisposta, quella per Fanny Targioni Tozzetti, una nobildonna fiorentina bellissima e affascinante, ma fredda e insensibile nei suoi confronti. METRO Endecasillabi e settenari liberamente rimati. Or poserai per sempre, stanco mio cor. Perì l inganno estremo, ch eterno io mi credei. Perì. Ben sento, in noi di cari inganni, non che la speme, il desiderio è spento. Posa per sempre. Assai palpitasti. Non val cosa nessuna i moti tuoi, né di sospiri è degna 1 poserai: riposerai. 2-3 Perì credei: è venuta meno l ultima illusione (quella dell amore per Fanny) che io avevo creduta eterna. 3-5 Ben sento spento: avverto chiaramente (Ben sento) che in me è spenta non solo la speranza, ma anche il desiderio delle dolci illusioni (cari inganni). 6-7 Assai palpitasti: hai palpitato a sufficienza (provando passioni e sentimenti, e dunque soffrendo). Evidente il riferimento a una celebre espressione di Pietro Meta- 10 15 la terra. Amaro e noia la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo. T acqueta omai. Dispera l ultima volta. Al gener nostro il fato non donò che il morire. Omai disprezza te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera, e l infinita vanità del tutto. stasio («Assai / si palpitò , Attilio Regolo, III, vv. 249-250). 7-8 Non val tuoi: nessuna cosa merita i tuoi palpiti. 9-10 Amaro la vita: il soggetto è la vita e va sottinteso il verbo, è. 11 T acqueta omai: ormai acquietati, calmati. 11-12 Dispera l ultima volta: smetti per sempre di sperare. 14 te: te stesso. 14-15 il brutto poter a comun danno impera: quella potenza malvagia che misteriosamente (ascoso, aggettivo con valore avverbiale) cospira per l infelicità di tutti (a comun danno). il potere della natura, vista da Leopardi come un entità maligna e identificata con Arimane, dio del male, al quale il poeta dedica nel 1833 l abbozzo di un inno. 16 l infinita vanità del tutto: l assoluta inutilità del mondo. Il concetto è espresso due volte nello Zibaldone: «Oh infinita vanità del vero! [69] e «Tutto è vanità [3990]. Dentro il testo Il poeta a colloquio con il proprio cuore Un testo asciutto 860 I contenuti tematici Svanita la possibilità di una relazione con la donna amata, il poeta, rivolgendosi al proprio cuore, esprime una visione sconsolata della vita e lo esorta a non tenere più in alcun conto i sentimenti, che sono pure illusioni, la natura, che è matrigna, ostile agli uomini e neppure l universo, che è inutile e privo di significato. In particolare, Leopardi si scaglia contro il brutto / poter che, ascoso, a comun danno impera (vv. 14-15): una sorta di imprecazione rivolta contro una forza del male che a suo giudizio regge il destino umano, presiedendo nascostamente allo svolgersi di ogni vita. Le scelte stilistiche La caratteristica formale più evidente del componimento è la sintassi secca e spezzata in periodi brevi e brevissimi: abbandonata volutamente ogni leggerezza lirica, la frammentarietà dei versi sottolinea una raggiunta e definitiva imperturbabilità, che le palpitazioni e le illusioni avevano, almeno in una certa fase della vita del poeta, insidiato. Ora invece lo sfogo bandisce anche l espressione dei desideri e dei rimpianti: viene meno lo spazio della memoria, scompare la dolce rievocazione del passato, domina solo

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento