2. I temi del poema

2. I TEMI DEL POEMA

La scelta della materia troiana comportava il richiamo a un repertorio mitico di origine greca molto noto anche a Roma: già il poeta latino Ennio (239- 169 a.C.) aveva cantato nel poema epico-storico intitolato Annales la recente storia di Roma repubblicana ricollegando a Enea l’origine della città.

Il personaggio di Enea, quindi, non costituisce un’invenzione: Virgilio, però, gli conferì un carattere originale facendone l’eroe della pietas. Questo termine indica secondo Cicerone «la giustizia nei confronti dei genitori», da cui consegue un atteggiamento devoto nei confronti degli dèi e della patria, che contraddistingueva gli antichi Romani rispetto ai Greci.

La pietas fa perciò di Enea un eroe molto diverso dal violento Achille e dall’astuto Odisseo: il troiano assume piuttosto le caratteristiche tipiche del cittadino romano, tra cui il rispetto della parola data (fides) e l’obbedienza all’autorità, nel suo caso rappresentata perlopiù dal Fato, il destino. Il termine latino fatum deriva dal verbo fari, “dire”, e significa “ciò che è stato detto, cioè stabilito per sempre”: si tratta di un’entità astratta, superiore alla stessa volontà degli dèi – che le sono soggetti – la quale indirizza l’intera materia narrata nell’Eneide. Il protagonista dovrà più di una volta rinunciare a passioni e interessi personali per assecondare i disegni superiori del Fato.

D’altra parte, l’apparente passività dei personaggi dell’Eneide, tragicamente soggetti al destino, costituisce la conseguenza di una concezione dolorosa della storia e dell’esistenza umane. Nel libro I, per esempio, Enea contempla commosso alcune rappresentazioni di episodi della guerra di Troia scolpite in un tempio cartaginese e afferma sconsolato: Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt («Sono le lacrime delle cose e le cose mortali toccano la mente», v. 462). Per rendere questa immagine inedita, lo scrittore Vittorio Sermonti traduceva la prima parte del verso: «piange la storia»; prima di lui il latinista Augusto Rostagni: «la storia è lacrime».

Un importante aspetto dell’originalità di Virgilio rispetto al modello omerico è anche nel motivo encomiastico teso a glorificare un’intera famiglia, la gens Iulia. Enea, infatti, è figlio della dea Venere e di Anchise: in tal modo, l’intera famiglia imperiale cui appartenevano Giulio Cesare e il nipote adottivo Ottaviano Augusto è ricondotta a un antenato divino.

Lo sguardo di Virgilio sulla storia, tuttavia, non si limita alla celebrazione dell’esistente: l’Eneide è un poema che narra di guerre, ma esprime soprattutto un grande desiderio di pace, caratteristico dell’indole dell’autore e di un’intera età, il periodo storico successivo alle guerre civili che avevano afflitto la società romana prima della presa del potere di Ottaviano.

PASSATO E PRESENTE

Virgilio a Napoli

Il valore eccezionale della poesia dell’Eneide e delle altre opere determinò una fama precoce del loro autore, destinato a diventare un classico studiato a scuola già in epoca imperiale. Nel Medioevo, a favorire la venerazione per il poeta fu anche la lettura cristiana che si dava della sua opera: il riferimento, nella quarta Bucolica, a un bambino divino che avrebbe salvato il mondo fu letto come una prefigurazione profetica della nascita di Gesù.

Il nome di Virgilio, in realtà, sarebbe andato incontro a una fortuna ancora più complessa nella città di Napoli, luogo della sua sepoltura. Già nel I secolo d.C. sulla tomba del poeta accorrevano visitatori come se si trattasse di un tempio, al punto da generare nel Medioevo la credenza popolare che il bene della città dipendesse dalla protezione accordata da Virgilio, visto sempre più come un profeta e persino come un mago. Il luogo stesso della sepoltura, infatti, invitava a speculazioni sulle doti eccezionali del poeta. Nei pressi della tomba si trova una galleria lunga circa 700 metri, la cosiddetta grotta di Posillipo, che collega due quartieri di Napoli, Mergellina e Fuorigrotta. Secondo una credenza popolare, essa sarebbe stata realizzata da Virgilio in una sola notte grazie alle sue conoscenze di magia.

Queste e altre leggende legate al mito di Virgilio dopo l’antichità sono state raccolte da un grande studioso dell’Ottocento, Domenico Comparetti, autore del libro Virgilio nel Medioevo (1872). Una di queste, per esempio, voleva che il giardino situato sul Monte Vergine, ricco di erbe mediche, fosse anticamente appartenuto proprio a Virgilio; un’altra, già antica, attribuiva l’imprendibilità della città partenopea alla presenza delle ossa di Virgilio e di quelle dei due santi protettori, Agrippino e Gennaro. La fama dei poteri taumaturgici (cioè miracolosi) del poeta si era diffusa anche a Pozzuoli, dove si diceva che Virgilio avesse fatto costruire delle terme a uso pubblico, utili alla cura di ogni malattia. Da questo punto di vista, sono particolarmente interessanti le notizie riferite da Corrado di Querfurt, cancelliere dell’imperatore Enrico VI, in una lettera del 1194 che tratta delle impressioni del suo viaggio in Italia. Per rimediare al pericolo rappresentato dal Vesuvio – scrive Corrado – il poeta latino avrebbe posto contro il vulcano una statua di bronzo rappresentante un uomo con l’arco teso pronto a scoccare una freccia. Quando un contadino fece partire la saetta, questa colpì l’orlo del cratere e determinò il risveglio del vulcano prima sopito proprio grazie allo stratagemma escogitato da Virgilio.

Le ferite dell’eroe

Questo affresco oggi è conservato nel Museo archeologico nazionale di Napoli, ma proviene da un triclinium (sala da pranzo) di un’abitazione di Pompei dove fu dipinto per ricordare a tutti gli ospiti le gloriose origini della storia di Roma. L’Enea che ammiriamo non è un eroe invulnerabile: quest’opera, tratta da un episodio dell’ultimo libro dell’Eneide, descrive un uomo ferito, profondamente legato agli affetti che lo sostengono – come il figlio Ascanio, che piange accanto a lui – e aiutato dalla madre Venere, che in questo episodio porge al medico le erbe per guarirlo, a compiere il destino di Roma.

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3. LA STRUTTURA

L’Eneide è un poema scritto in esametri e diviso in dodici libri. Virgilio volle dimostrare il suo rispetto verso il modello omerico dividendo l’opera in due blocchi di sei libri ciascuno, il primo ispirato all’Odissea, il secondo all’Iliade.

La metà odissiaca (libri I-VI) tratta soprattutto il tema del viaggio compiuto dai Troiani per raggiungere l’Italia: non diversamente da Odisseo, Enea deve affrontare una lunga serie di peregrinazioni e di pericoli, come quelli rappresentati dalle Arpie, dalle tempeste, dalla discesa agli Inferi. Riconduce all’Odissea anche la ripresa dello schema fortunato dei racconti ad Alcinoo (libri IX-XII dell’Odissea), ovvero di quella lunga interruzione alle vicende nel corso della quale il protagonista racconta le sue peripezie passate nel corso di un banchetto, attraverso un flashback. Nell’Eneide si verifica lo stesso nei libri II e III, allorché Enea, sollecitato da Didone, riferisce le sue avventure degli ultimi sette anni a partire dalla notte della caduta di Troia fino allo sbarco in terra libica.

Mentre Odisseo, però, conduceva un viaggio di ritorno in patria, Enea è alla ricerca di una nuova patria, con tutte le implicazioni psicologiche e sentimentali che la condizione dell’esule comporta. L’Odissea si configura come il poema del ritorno, con il suo incanto e le sue gioie, l’Eneide come il poema della fuga, con la speranza di una nuova terra, che spesso nasconde però anche disperazione e incertezza.

La metà iliadica (libri VII-XII), invece, è ispirata all’Iliade per il prevalere della materia bellica, annunciata già nel VI libro dalla Sibilla cumana (la sacerdotessa che conduce Enea agli Inferi), quando predice bella, horrida bella («guerre, guerre orrende»). Così, la descrizione dello scudo di Enea nel libro VIII richiama quella dello scudo di Achille nel libro XVIII dell’Iliade.

Le guerre della seconda metà dell’Eneide vedono combattere i Troiani guidati da Enea da un lato, i Rutuli con il re Turno dall’altro. La differenza è nell’obiettivo: il poema omerico cantava l’assedio dei Greci desiderosi di impadronirsi di Troia, poi destinata alla distruzione; l’Eneide è invece il poema che canta le guerre affrontate da chi, come Enea e i Troiani, vuole fondare una nuova patria.

La dolce fiamma - volume C
La dolce fiamma - volume C
Epica