Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), scrittore, poeta e drammaturgo, è stato uno dei più grandi autori della letteratura tedesca e una personalità centrale della cultura europea. Incantato dal mondo classico e dall’Italia, che visitò dal 1786 al 1788 lasciandone una vivida descrizione nel Viaggio in Italia, l’autore del Faust e dei Dolori del giovane Werther proprio durante il soggiorno a Palermo concepì l’idea di scrivere un dramma dedicato al personaggio di Nausicaa. La fanciulla incarnava, per certi aspetti, molte delle virtù femminili più care al poeta. In realtà il pezzo teatrale rimase incompiuto, ma i pochi frammenti rimasti testimoniano il valore universale della figura di Nausicaa, simbolo dell’animo femminile che si mostra compassionevole nei confronti di uno straniero in difficoltà.
Nel brano che segue è ricreato l’immaginario scambio di battute tra la principessa dei Feaci e la vecchia nutrice Eurimedusa. Si tratta di un’invenzione di Goethe, che rinuncia alla complicità della confessione resa da Nausicaa al gruppo di amiche nel testo omerico (Oh se un uomo così potesse chiamarsi mio sposo, / abitando fra noi, e gli piacesse restare. ▶ T4, p. 202, vv. 244-245) e preferisce la confidenza privata della giovane alla nutrice. Il sogno cui allude alla fine la ragazza, non esplicitato per l’incompiutezza della scena, doveva riguardare proprio l’arrivo di uno sposo straniero. La Nausicaa omerica, mossa da paura e attrazione al tempo stesso, così pura nella sua semplicità, diventa nel testo di Goethe un personaggio più inquieto e tormentato.