Mentre Nausicaa fa ritorno a casa per proprio conto, Odisseo giunge al palazzo di Alcinoo, restando colpito dalla bellezza del luogo: ammira, per esempio, il giardino, dove gli alberi non cessano mai di dare frutti. Festosamente accolto dalla regina Arete, cui si rivolge supplice, ottiene l’aiuto che richiedeva, cioè un compagno con il quale tornare a Itaca (libro VII). Il giorno successivo si svolgono dei giochi in onore dell’ospite. Durante il banchetto serale, tuttavia, Odisseo si commuove ascoltando il canto dell’aedo Demodoco sul cavallo di Troia ed è invitato da Alcinoo a rivelare la sua vera identità e a raccontare il suo viaggio di ritorno da Troia (libro VIII). L’eroe racconta così, in un lungo flashback compreso tra i libri IX e XII, tutto ciò che gli è accaduto prima dell’arrivo a Scheria.
Dopo aver saccheggiato Ismaro, in Tracia, capitale del popolo dei Ciconi, Odisseo sbarca nella terra dei Lotofagi, i mangiatori di loto. Questi ultimi offrono agli stranieri il frutto che coltivano, il loto, che causa dimenticanza: Odisseo è così costretto a portare con la forza i compagni alle navi, dimentichi del desiderio di ritorno a casa. L’avventura successiva è quella presso i Ciclopi, esseri mostruosi con un solo occhio sulla fronte, che non coltivano piante e non hanno né leggi né un’organizzazione sociale: vivono ciascuno in una grotta lontana dalle altre e non praticano il commercio. Dopo l’approdo nel porto naturale di un’isola dell’arcipelago, Odisseo attende l’alba insieme ai compagni dormendo sulla riva del mare. Avuta prova del fatto che l’isola vicina è abitata, il giorno successivo fa rotta con la sua nave in direzione di quella, lasciando tutte le altre al sicuro. Giunto in prossimità della costa, nota in lontananza la grotta di un ciclope, Polifemo; ordina così ai compagni di rimanere sulla nave, mentre lui con i dodici più fidati si incammina verso la spelonca, portando con sé un otre di vino di Ismaro e cibo in gran quantità.