T3 - Marguerite Yourcenar, L’imperatore pacifico (da Memorie di Adriano)

T3

Marguerite Yourcenar

L’imperatore pacifico

  • Tratto da Memorie di Adriano
  • Titolo originale Mémoires d'Hadrien, 1951
  • Lingua originale francese
  • romanzo

Marguerite de Crayencour, nota con lo pseudonimo Yourcenar, anagramma del suo cognome, nasce a Bruxelles nel 1903 da una famiglia di antica nobiltà. Studia con tutori privati e impara diverse lingue, tra cui l’italiano, specializzandosi in latino e greco. Pubblica in gioventù poesie e brevi prose prima del suo primo romanzo Alexis o il trattato della lotta vana (1929). Appassionata di viaggi, visita l’Europa e si trasferisce negli Stati Uniti nel 1939. Nel 1951 ottiene notorietà internazionale con Memorie di Adriano, frutto di un pluridecennale lavoro di scrittura e ricerca. Segue, nel 1968, L’opera al nero, biografia immaginaria di un alchimista del Cinquecento. Apprezzata per l’erudizione e l’eleganza della sua scrittura, nel 1980 è la prima donna a essere eletta all’Académie Française. Muore negli Stati Uniti nel 1987.

Memorie di Adriano è un romanzo che ha la forma di una lunga lettera di Publio Elio Adriano (76-138 d.C., imperatore dal 117) a Marco Aurelio (121-180 d.C.), suo nipote adottivo e futuro imperatore. Anziano e ammalato, il protagonista sente avvicinarsi la morte e riflette sulla sua intensa vita. In questo brano Adriano racconta le sue prime mosse di sovrano di un impero vasto e irrequieto.

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Audiolettura

La mia vita era rientrata nell’ordine, non l’impero. Il mondo che avevo ereditato
somigliava a un uomo nel fiore degli anni, ancora robusto, nel quale però
l’occhio del medico scorge indizi impercettibili di logorio, come chi è appena
uscito dagli spasimi d’una malattia grave. S’intavolarono nuovi negoziati di

5      pace, ormai alla luce del sole: feci diffondere per ogni dove la voce che Traiano1     
stesso me ne avesse affidato l’incarico prima di morire. Cancellai con un
tratto di penna le annessioni pericolose: non soltanto la Mesopotamia,2 dove
in ogni caso non avremmo potuto restare, ma anche l’Armenia,3 troppo eccentrica4
e lontana, che serbai solo al rango di Stato vassallo.5 Due o tre difficoltà,

10    un po’ spinose, che avrebbero fatto durare per anni una conferenza
della pace, se i principali interessati avessero avuto interesse a tirarla per le
lunghe, furono appianate grazie all’abilità del mercante Opramoas,6 il quale
godeva la fiducia dei satrapi.7 Cercai
d’infondere, nell’avviare i negoziati,

15    quell’ardore che altri riserva al campo
di battaglia: forzai la pace. Il mio
competitore, d’altro canto, la anelava
quanto me: i Parti8 non aspiravano
ad altro che a riaprire le loro strade

20    ai grossi traffici tra l’India e noi. Pochi
mesi dopo la grande crisi, ebbi la
gioia di veder formarsi nuovamente la
fila delle carovane in riva all’Oronte;9
le  oasi si ripopolavano di mercanti che

25    commentavano le notizie alla luce dei
bivacchi, e che ogni mattina, insieme alle loro merci, starei per dire caricavano,
per trasportarle in paesi sconosciuti, parole, pensieri, costumi intimamente
nostri, che poco a poco avrebbero dilagato nel mondo in modo più sicuro
che non le legioni in marcia. La circolazione dell’oro, il passaggio delle idee,

30    sottile come quello del sangue nelle arterie, riprendevano nel grande corpo del
mondo: ricominciava a battere il polso della terra.

A sua volta, la febbre della ribellione cadeva. In Egitto, era stata così violenta
che era stato necessario reclutare in fretta una milizia tra i contadini,
in attesa delle nostre truppe di rinforzo. Incaricai immediatamente Marcio

35    Turbo10 di ristabilire l’ordine in quelle contrade ed egli lo fece con saggia
fermezza. Ma non mi bastava l’ordine per le strade; volevo, se possibile,
ristabilirlo negli animi, o meglio, regnare per la prima volta. Un soggiorno
d’una settimana a Pelusa11 fu interamente dedicato a equilibrare i rapporti
tra Greci e Giudei,12 in uno stato d’incompatibilità perenne. Non vidi nulla

40    di quel che avrei desiderato vedere: né le sponde del Nilo, né il Museo di
Alessandria,13 né le statue del tempio; trovai a malapena il modo di consacrare
una notte alle gradevoli orge di Canopo.14 Sei giornate interminabili
trascorsero in quella specie di tino bollente del tribunale, a malapena
protetto dal caldo da lunghi tendaggi di canne che frusciavano al vento.

45    La notte, zanzare enormi ronzavano intorno alle lampade. Tentai di dimostrare
ai Greci che non sempre erano i più saggi, ai Giudei che non erano
affatto i più puri. Le canzoni satiriche con le quali quegli elleni15 di bassa
lega tormentavano gli avversari erano stupide né più né meno come le grottesche
imprecazioni degli Ebrei. Quelle razze che vivevano porta a porta da

50    secoli non avevano avuto mai né il desiderio di conoscersi, né la dignità di
sopportarsi a vicenda. I difensori che, stremati, a tarda ora abbandonavano
il campo, all’alba mi ritrovavano al mio banco, ancora intento a districare
il groviglio di sudicerie16 delle false testimonianze; i cadaveri pugnalati
che mi venivano offerti come prove a carico, erano spesso quelli di malati

55    morti nei loro letti e sottratti agli imbalsamatori. Ma ogni ora di tregua era
una vittoria, anche se precaria come tutte; ogni dissidio sanato creava un
precedente, un pegno per l’avvenire. M’importava assai poco che l’accordo
ottenuto fosse esteriore, imposto, probabilmente temporaneo; sapevo che
il bene e il male sono una questione d’abitudine, che il temporaneo si prolunga,

60    che le cose esterne penetrano all’interno, e che la maschera, a lungo
andare, diventa il volto. Dato che l’odio, la malafede, il delirio hanno effetti
durevoli non vedevo perché non ne avrebbero avuti anche la franchezza, la
giustizia, la benevolenza. A che valeva l’ordine alle frontiere se non riuscivo
a convincere quel rigattiere17 ebreo e quel macellaio greco a vivere l’uno a

65    fianco dell’altro tranquillamente?

La pace era il mio traguardo, ma non il mio idolo; e persino la parola “ideale”
mi spiace perché troppo lontana dal reale. Avevo pensato di spingere sino
all’estremo il mio rifiuto delle conquiste, abbandonando la Dacia,18 e l’avrei
fatto se avessi potuto capovolgere bruscamente la politica del mio predecessore

70    senza turbamenti; ma era meglio fare il miglior uso possibile di quei profitti
anteriori al mio regno e già entrati nella storia. Il bravissimo Giulio Basso,19
primo governatore di quella provincia recentemente organizzata, era molto
sfibrato, e anch’io ero stato sul punto di soccombere durante l’anno trascorso
alle frontiere sarmate,20 sopraffatto da quell’impresa senza gloria che consiste

75    nel pacificare instancabilmente un paese che si crede sottomesso. Gli ordinai,
a Roma, esequie21 trionfali, quali si usano soltanto per gli imperatori; questo
omaggio a un subalterno fedele, morto d’un sacrificio oscuro,22 fu la mia ultima
e discreta protesta contro la politica di conquiste: non serviva più che la
denunciassi clamorosamente, dal momento che ero padrone di farla cessare di

80    punto in bianco. Purtroppo, s’imponeva una repressione militare in Mauretania,23
dove gli agenti di Lusio Quieto24 fomentavano25 disordini; la mia presenza
non era, però, immediatamente necessaria. Lo stesso accadeva in Bretagna,26
ove i Caledoni27 avevano profittato del ritiro di truppe avvenuto in occasione
della guerra d’Asia28 per decimare le guarnigioni insufficienti lasciate alle

85    frontiere. Giulio Severo29 s’incaricò dei problemi più urgenti creati da quei
torbidi,30 in attesa che la sistemazione degli affari di Roma mi consentisse di
intraprendere quel viaggio lontano. Ma mi stava più a cuore portare a termine
personalmente la guerra sarmata ch’era in sospeso, e, questa volta, impiegarvi
truppe quante ne servivano per farla finita con le scorrerie dei barbari. Dato

90    che anche in questo caso, come in tutti gli altri, mi rifiutavo di sottomettermi
a un sistema. Accettavo la guerra come un mezzo per giungere alla pace, se i
negoziati non potevano bastare, come fa il medico, che si risolve a cauterizzare31
un tumore dopo aver sperimentato i semplici.32 Tutto è così complicato
negli affari degli uomini, che anche il mio regno, così pacifico, avrebbe avuto i

95    suoi periodi di guerra così come la vita d’un grande capitano, si voglia o no, ha
i suoi intervalli di pace.


Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano, trad. di L. Storoni Mazzolani, Einaudi, Torino 1988

 >> pagina 465 

Come continua

L’autobiografia fittizia procede: Adriano, ormai imperatore, ottiene vittorie e subisce sconfitte, effettua viaggi e si dedica a studi, incontra il grande amore della sua vita. La narrazione di quest’uomo in punto di morte trasmette al lettore la commovente impressione di una straziante ma rassegnata nostalgia.

A tu per tu con il testo

Siete mai stati amici di un imperatore romano? O di un papa del Rinascimento? O dello zar di Russia? Con la letteratura possiamo entrare in contatto con i grandi della storia, e siamo in grado di ascoltarne le ragioni, di considerarne perplessità e certezze e di accogliere, come confidenti, le loro confessioni. Veniamo, così, proiettati nel passato in compagnia di figure che, apparentemente inaccessibili e lontane, ci rivelano, pagina dopo pagina, le luci e le ombre della loro sfaccettata personalità. Dietro il ritratto ufficiale, formulato dagli studiosi, si affaccia allora l’uomo, con le sue forze e le sue debolezze: come vive il suo potere? Come gestisce il peso della responsabilità per i suoi sudditi? Come giudica le proprie azioni e quelle di amici e nemici? Con acutezza psicologica, l’autrice s’inoltra nella mente di Adriano e ci fa partecipare alle scelte politiche e umane dell’imperatore rivelando, a noi che leggiamo, la sua straordinaria modernità.

 >> pagina 466

Analisi

Adriano ha quarantun anni: adulto e consapevole, la sua irrequieta giovinezza è ormai alle spalle e la sua strada è saldamente tracciata. Nel pieno della maturità, egli è l’uomo più potente del mondo e nulla sembra più turbarlo: è dunque pronto a trasferire all’impero lo stesso ordine che regna nella sua vita (r. 1). Il racconto si sofferma inizialmente sulla politica estera, nella cui gestione Adriano si contrappone al suo predecessore Traiano, che intraprese numerose campagne di conquista. Il nuovo imperatore ferma invece le guerre e addirittura cancella le annessioni pericolose (r. 7), cioè i territori che, recentemente acquisiti, richiedevano uno sforzo troppo grande per essere governati. Egli si presenta al mondo come un uomo di pace: investe lo stesso ardore (r. 15) riservato alle battaglie per intavolare negoziati (r. 14) e trattative, riconoscendo l’abilità dei diplomatici, come Opramoas (r. 12).

Uomo di studi vasti e profondi, l’imperatore ha capito che, per mantenere l’ordine ai vasti confini dell’impero, l’influenza culturale è più efficace delle legioni in marcia (r. 29). La sospensione delle ostilità permette infatti la ripresa dei commerci e, con la circolazione della ricchezza, anche il passaggio delle idee (r. 29): il dilagare di parole, pensieri, costumi (r. 27) dei Romani, molto più dell’aggressione e della violenza, favorirà l’amicizia dei vicini per un impero che, sfibrato dalle guerre, può ora finalmente, con la pacificazione, ricominciare a prosperare.

Nel secondo paragrafo il racconto si sposta sulla politica interna e sull’amministrazione dei diversi popoli sottoposti alla sua giurisdizione. Governare è un costante esercizio di pazienza e mediazione: certo, la violenza può fungere da pronto rimedio alle ribellioni e ai conflitti, ma i soldati del generale Marcio Turbo (rr. 34-35) possono solo mantenere l’ordine per le strade (r. 36), mentre il sapiente imperatore vuole, con accortezza e con saggezza, ristabilire l’ordine negli animi (r. 37) dei suoi sudditi.

Per questo Adriano, dalle formidabili doti dialettiche, passa per esempio una lunga settimana in Egitto per appianare, in un tribunale così caldo da sembrare un tino bollente (r. 43), i conflitti tra Greci ed Ebrei, interni all’impero. Sacrificando al bene dello Stato la sua passione per il sapere, rinuncia a visitare il Museo di Alessandria (rr. 40-41) per conciliare, con la legge e con gli accordi, gli antichi pregiudizi che oppongono le due popolazioni, e dimostrare così ai Greci che non sempre erano i più saggi (r. 46) e agli Ebrei che non erano affatto […] i più puri (rr. 46-47). Fiducioso dei loro positivi effetti, l’imperatore usa la franchezza, la giustizia, la benevolenza (rr. 62-63) con la saggezza di un filosofo, persuaso che la reciproca tolleranza dei popoli dell’impero valga molto di più dell’ordine alle frontiere (r. 63).

Il narratore pensa ossessivamente al corpo e alla salute. L’immagine con cui si apre il brano è infatti di tipo medico: come un uomo adulto ancora robusto (r. 2), l’impero rivela però, all’occhio esperto, indizi impercettibili di logorio (r. 3). Il paragone ritorna quando, all’inizio del secondo paragrafo, si parla della febbre della ribellione (r. 32), con cui Adriano descrive i tumulti sedati in Egitto, e ritorna nell’ultima parte del brano, quando ragiona ancora sul tema della pace.

L’imperatore afferma che, benché sia il suo principale traguardo (r. 66), la pace non è il suo idolo (r. 66): da esperto politico, egli intende dire che, quando si ha a che fare con la realtà degli uomini, chi governa deve decidere in base alla situazione concreta, e non agli ideali astratti. Chiudendo circolarmente la sua argomentazione, egli spiega qual è a suo giudizio la funzione della guerra: accettata come mezzo per giungere alla pace (r. 91), può essere necessaria, quando i negoziati (r. 92) non sono sufficienti, come fa il medico (r. 92) che, dopo aver provato le erbe mediche tradizionali, si risolve a cauterizzare un tumore (rr. 92-93) altrimenti incurabile.

 >> pagina 467

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. Metti in ordine cronologico i seguenti avvenimenti, numerandoli progressivamente.

  • a) I commerci orientali riprendono floridi.
  • b) Traiano conquista la Mesopotamia e l’Armenia.
  • c) Ci sono tumulti e ribellioni in Mauretania e in Bretagna.
  • d) Adriano fa la pace con i Parti.
  • e) Adriano diventa imperatore.
  • f) Adriano vuole reprimere le scorrerie dei barbari in Sarmazia.
  • g) Adriano discute con Greci ed Ebrei per porre fine alla loro inimicizia.

2. Associa il nome del personaggio al suo ruolo.

  • a) Opramoas
  • b) Giulio Basso
  • c) Lusio Quieto
  • d) Marcio Turbo
  • e) Giulio Severo
  • 1) generale in Bretagna
  • 2) cospiratore contro Adriano
  • 3) governatore della Dacia
  • 4) negoziatore
  • 5) generale in Egitto

3. Adriano parla della sua attività di mediazione e di composizione dei conflitti interni. Che cosa significa la frase Ma ogni ora di tregua era una vittoria, anche se precaria come tutte; ogni dissidio sanato creava un precedente, un pegno per l’avvenire (rr. 55-57)?

Analizzare e interpretare

4.Il brano è ricco di similitudini e di metafore: attribuisci la figura retorica appropriata ai passi seguenti.


a) Il mondo che avevo ereditato somigliava a un uomo nel fiore degli anni (rr. 1-2)

 


b) ricominciava a battere il polso della terra (r. 31)

 


c) la febbre della ribellione cadeva (r. 32)

 


d) Accettavo la guerra […] come fa il medico, che si risolve a cauterizzare un tumore dopo aver sperimentato i semplici (rr. 92-93)

 


5. Dato che anche in questo caso, come in tutti gli altri, mi rifiutavo di sottomettermi a un sistema (rr. 89-91). Quali informazioni su di sé Adriano offre con questa frase?

Competenze linguistiche

6. Il narratore utilizza un certo numero di espressioni figurate. Associa, alle espressioni riportate, il loro significato e scrivi, con ciascuna di esse, una frase.

  • a) nel fiore degli anni (r. 2)
  • b) alla luce del sole (r. 5)
  • c) Due o tre difficoltà, un po’ spinose (rr. 9-10)
  • d) di punto in bianco (r. 80)

  • 1) apertamente, sotto gli occhi di tutti
  • 2) all’improvviso, senza nessuna avvisaglia
  • 3) nel vigore dell’età giovanile
  • 4) difficili da gestire

Scrivere correttamente

7. Dal passo riportato è stata eliminata la punteggiatura. Inseriscila nuovamente, utilizzando anche le opportune maiuscole:


cercai d’infondere nell’avviare i negoziati quell’ardore che altri riserva al campo di battaglia forzai la pace il mio competitore d’altro canto la anelava quanto me i parti non aspiravano ad altro che a riaprire le loro strade ai grossi traffici tra l’india e noi pochi mesi dopo la grande crisi ebbi la gioia di veder formarsi nuovamente la fila delle carovane in riva all’oront le oasi si ripopolavano di mercanti

Produrre

8. Scrivere per riassumere Sintetizza, in massimo 30 parole, i principi che guidano le azioni di adriano: rileggi, in particolare, l’ultimo paragrafo del brano.


9. Scrivere per raccontare C’è un personaggio storico che ammiri e che ti interessa particolarmente? In 70-80 parole racconta la sua vita e, in 40-60 parole, spiega perché secondo te è una figura da ricordare.

La dolce fiamma - volume A
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