T1 - Platone, La ricerca dell’altra metà

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Platone

La ricerca dell’altra metà

In questo brano, il filosofo greco Platone (IV secolo a.C.) racconta di quando in un famoso banchetto (l’opera si intitola appunto Simposio) il commediografo Aristofane racconta il mito dell’ermafrodito con lo scopo di dare senso al sentimento che gli esseri umani provano quando si innamorano: l’amore nasce perché ci sentiamo incompleti e soli.

Questi ermafroditi erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i fianchi formavano un insieme molto arrotondato. Avevano quattro mani, quattro gambe, due volti su un collo perfettamente rotondo, ai due lati dell’unica testa. Avevano quattro orecchie, due organi per la generazione, e il resto come potet immaginare. Si muovevano camminando in posizione eretta, come noi, nel senso che volevano. E quando si mettevano a correre, facevano un po’ come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan le capriole: avendo otto arti su cui far leva, avanzavano rapidamente facendo la ruota. […] La loro forma e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perché omigliavano ai loro genitori. Per questo finivano con l’essere terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dei, tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli dei. Allora Zeus e gli altri dei si domandarono quale partito prendere. Erano infatti in grave imbarazzo: non potevano certo ucciderli tutti e distruggerne la specie con i fulmini come avevano fatto con i Giganti, perché questo avrebbe significato perdere completamente gli onori e le offerte che venivano loro dagli uomini; ma neppure potevano tollerare oltre la loro arroganza. Dopo aver laboriosamente riflettuto, Zeus ebbe un’idea.
“lo credo – disse – che abbiamo un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza dobbiamo renderli più deboli. Adesso – disse – io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. Essi si muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri.”
Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato uno, chiedeva ad Apollo di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte del taglio, in modo che gli uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che avevano dovuto subire, fossero più tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire il resto. Apollo voltava allora il viso e, raccogliendo d’ogni parte la pelle verso quello che oggi chiamiamo ventre, come si fa con i cordoni delle borse, faceva un nodo al centro del ventre non lasciando che un’apertura – quella che adesso chiamiamo ombelico. […]
Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all’altra. Si abbracciavano, si stringevano l’un l’altra, desiderando null’altro che di formare un solo essere. E così morivano di fame e d’inazione, perché ciascuna parte non voleva far nulla senza l’altra. E così la specie si stava estinguendo. Zeus trasportò dunque questi organi nel posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e fece in modo che gli uomini potessero generare accoppiandosi tra loro, l’uomo con la donna. Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia, se un uomo avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si sarebbe così riprodotta. […] Dunque ciascuno di noi è una frazione dell’essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un’altra che le è complementare, perché quell’unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. È per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare.

Rispondi

1. Come vengono descritti gli uomini in origine?
2. Quale soluzione trova Zeus per l’inazione degli esseri tagliati a metà?

 >> pagina 283 

|⇒ T2  Gustavo Pietropolli Charmet e Laura Turuani

L’amore narcisistico

In questo brano gli psicologi Pietropolli Charmet e Turuani si soffermano sulla relazione d’amore dei giovani d’oggi (quella che loro chiamano narcisistica, cioè legata al soddisfacimento di se stessi e non dell’altro). Nelle relazioni di oggi si perde romanticismo ma si guadagna in concretezza. Non sono gli individui che devono sottomettersi alla relazione, ma è la relazione di coppia che deve servire alla crescita degli individui.

Nella coppia che sta stipulando un patto d’amore su base narcisistica un tema presente è quello dell’esistenza reale del vincolo. È come se, a differenza dell’amore romantico, venendo a mancare l’alimentazione mistica, magica, idealizzante […] ci fosse nell’amore narcisistico la necessità di assicurarsi a vicenda che ciò che sta succedendo oggi è funzionale alla realizzazione del progetto futuro e non confligge affatto con la realizzazione sociale di ognuno dei due partner. Come se dovesse essere fugata ogni perplessità o dubbio relativo al fatto che la coppia faccia perdere tempo o distragga dagli investimenti necessari alla realizzazione del Sé, o che l’amore di coppia e la sua pratica possano essere in conflitto con le esigenze di sviluppo del Sé e dell’espressione sociale del Sé.

Rispondi

1. In che cosa consiste il «patto d’amore su base narcisistica»?
2. A quale fine viene stipulato tale patto?

I colori della Psicologia - volume 1
I colori della Psicologia - volume 1
Primo biennio del liceo delle Scienze umane