T1 - Marie-Jean-Antoine-Nicolas Caritat de Condorcet, L’istruzione pubblica universale

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Marie-Jean-Antoine-Nicolas Caritat de Condorcet

L’istruzione pubblica universale

Il brano è tratto dall’incipit del Rapporto e progetto di decreto generale dell’istruzione pubblica. In esso Condorcet postula i principi generali del suo progetto, sottolineando come solo in un regime di istruzione pubblica, in cui lo Stato si fa carico della formazione di tutti i cittadini, ogni soggetto ha la possibilità di esercitare realmente i propri diritti politici e di sviluppare le sue possibilità, stabilendo i presupposti per il proprio benessere, per quello dello Stato stesso e dell’umanità tutta.

Signori, offrire a tutti gli individui della specie umana i mezzi per provvedere ai loro bisogni, per assicurarsi il benessere, per conoscere ed esercitar i loro diritti, per intendere e adempiere i loro doveri; assicurare a ciascuno la facilità di perfezionare le sue industrie, di rendersi capace delle funzioni sociali, alle quali ha diritto d’essere chiamato, di sviluppare tutta la portata dei talenti, che ha ricevuto dalla natura; e con ciò stabilire tra i cittadini una uguaglianza di fatto e di rendere effettiva l’uguaglianza politica riconosciuta dalla legge.

Tale dev’essere il primo scopo di una istruzione nazionale; e sotto questo punto di vista, essa rappresenta per la pubblica autorità un dovere di giustizia1.

Dirigere l’insegnamento in maniera che la perfezione delle arti aumenti il benessere di tutti i cittadini e l’agiatezza di coloro che le coltivano; fare in modo che un più grande numero di cittadini divenga capace di svolgere bene le funzioni necessarie alla società e che i progressi sempre crescenti dei lumi aprano una fonte inestinguibile di soccorsi nei nostri bisogni, di rimedi ai nostri mali, di mezzi per la felicità individuale e per la comune prosperità; coltivare, infine, in ogni generazione, le facoltà fisiche, intellettuali e morali, e con ciò contribuire a questo perfezionamento generale e graduale del genere umano, ultimo scopo verso il quale ogni istituzione sociale dev’essere diretta.

Tale dev’essere ancora l’oggetto dell’istruzione; e ciò rappresenta per il pubblico potere un dovere imposto dal comune interesse della società e da quello dell’intera umanità2. […]

Così l’istruzione deve essere universale, deve estendersi cioè a tutti i cittadini. Essa deve essere distribuita con tutta l’uguaglianza che permettono i limiti necessari del bilancio, la distribuzione degli uomini sul territorio e il tempo più o meno lungo che i fanciulli vi possono dedicare. Essa deve, nei suoi diversi gradi, abbracciare l’intero sistema delle umane conoscenze, e assicurare agli uomini, in tutte le età della vita, la facilità di conservare le loro conoscenze o di acquistarne di nuove.

Infine nessun potere pubblico deve avere l’autorità e la facoltà di impedire lo sviluppo di nuove verità, l’insegnamento delle teorie contrarie alla sua politica particolare o ai suoi interessi momentanei3.

Tali sono stati i principi che ci hanno guidato nel nostro lavoro.

Rispondi

1. Perché per Condorcet l’istruzione pubblica è un «dovere di giustizia»?

2. In che senso secondo Condorcet l’istruzione pubblica riguarda l’interesse della società e dell’intera umanità?

3. Qual è la posizione che si deve tenere secondo Condorcet rispetto alla libera circolazione delle idee?

 >> pagina 283

|⇒ T2  Johann Bernhard Basedow

Le grandi scuole e le piccole scuole

Nella Relazione ai filantropi e ai potenti Basedow, dopo aver illustrato i vantaggi dell’istruzione pubblica, si sofferma su due tipologie di scuola che pone alla base del sistema scolastico da egli concepito: le grandi scuole, per i figli del popolo, e le piccole scuole per i ceti più elevati. Il pedagogista tedesco illustra le peculiarità di ciascuna istituzione, argomentando contestualmente le ragioni per le quali ritiene indispensabile l’istituzione di due canali formativi distinti in base al ceto sociale.

Occorrono due tipi di scuole: il primo per coloro che certamente non continueranno gli studi o non hanno ancora stabilito di continuarli, l’altro per coloro che dedicheranno alla scienza tutta la loro vita o la loro giovinezza fino all’età matura. Il primo di questi tipi si può distinguere, secondo il mio giudizio, in due sezioni: la prima destinata ai fanciulli del ceto sociale più considerevole e più abbisognevole di cure, alla quale darei il nome di grandi scuole, onde evitare il significato spregiativo di scuole comuni; la seconda destinata ai figli dei cittadini più illustri, fra i quali comprendo, con una certa libertà degna di scusa, anche i figli dei nobili, che chiamo cittadini nel senso generale di componenti dello Stato1. […]

Ai fini di un organico ordinamento degli studi è necessario che fra le grandi e le piccole scuole ci siano le seguenti differenze:

1) nelle grandi scuole si deve cominciare dagli elementi più semplici della conoscenza umana e procedere con ordine naturale in modo che alla fine del corso siano state insegnate tutte le cognizioni di cui non può fare a meno la numerosissima classe sociale dei contadini e degli operai di una nazione civile e prosperosa;

2) le grandi e le piccole scuole possono essere distinte, senza gravi difficoltà per lo Sato, poiché c’è grande differenza di costumi e di condizioni tra le classi sociali alle quali le une e le altre sono destinate. I fanciulli delle classi più elevate debbono e possono cominciare più presto l’istruzione e debbono imparare in pochi anni più degli altri, dovendo raggiungere una condizione più alta. Le piccole scuole, senza far torto ai genitori, devono esser a pagamento, mentre le grandi scuole saranno a totale carico dello Stato. Inoltre gli alunni delle grandi scuole, tenendo conto del fine della loro istruzione, durante il periodo scolastico debbono impiegare per lo meno la metà del loro tempo al lavoro manuale, affinché non diventino incapaci di quell’attività che non è tanto necessaria a coloro che adopereranno più il cervello che le mani, a prescindere dalle considerazioni igieniche. Per tutti questi motivi le piccole scuole saranno distinte dalle grandi ancorché le basi del sapere debbono essere poste in maniera identica2.

Rispondi

1. A chi sono indirizzate, rispettivamente, le grandi scuole e le piccole scuole all’interno del sistema educativo elaborato da Basedow?

2. Che posto assegna il pedagogista tedesco al lavoro manuale nel programma delle grandi scuole?

3. Cosa stabilisce rispetto alla gratuità o meno delle due tipologie di scuola descritte?

 >> pagina 284

|⇒ T3  Gaetano Filangieri

Il rapporto tra l’istruzione pubblica e la felicità e la virtù dei popoli

Filangieri nel passo che segue illustra il nesso tra la felicità e la virtù di un popolo e l’istruzione pubblica. In una condizione di ignoranza, secondo l’intellettuale napoletano, un popolo è schiavo degli appetiti più biechi e si trova in uno stato di minorità, che conduce inevitabilmente verso il male e l’infelicità. Diventa fondamentale, allora, garantire un’istruzione pubblica che sia in grado di accompagnare il progresso di un popolo, mantenendolo entro i binari della verità e della prosperità.

L’ignoranza produce l’imperfezione delle leggi e la loro imperfezione cagiona i vizi de’ popoli. Gli errori corrompono l’opinione cioè corrompono ciò ch’è più forte del Sovrano e delle leggi. L’ignoranza nasconde il bene ed il male; l’errore confonde l’uno coll’altro; la prima rende il popolo insensibile al bene, che gli si vuol fare, il secondo glielo fa abborrire; l’uno scoraggisce [sic] la mano benefattrice, l’altro la combatte e la perseguita, e l’una e l’altro impediscono il bene e perpetuano il male1.

In una società nascente il popolo può essere virtuoso ed ignorante. Ci vuol poco a far le sue leggi, ci vuol poco a renderle accette. L’evidenza le suggerisce, la superstizione le santifica. Ma giunto a quel periodo dello stato civile, nel quale i rapporti si moltiplicano quasi all’infinito; nel quale non più la superstizione, ma la cognizione di questi rapporti ben combinati può solo renderle accette; in questo stato, io dico, della società, la virtù ha bisogno dell’istruzione pubblica perché questa è necessaria per dettare le buone leggi ed è necessaria per farle apprezzare e valere2.

In un popolo virtuoso la conservazione della sua virtù suppone dunque l’acquisto delle cognizioni e de’ lumi, che sono necessari per sostenerla. In un popolo corrotto il passaggio del vizio alla virtù suppone dunque il passaggio dall’ignoranza all’istruzione, dall’errore alla verità.

[…] In un popolo nascente la forza fisica della società è proporzionata alla sua forza morale. La debolezza della prima non richiede un gran vigore nella seconda per esser regolata e diretta. Ma se col crescere degli anni, le forze fisiche della virilità non sono accompagnate e dirette dalle forze morali di quest’età, il popolo diverrà come il malvagio di Hobbes, un fanciullo robusto, che privo di esperienza, di previdenza, di giudizio e di ragione, guidato dagli appetiti e da’ capricci dell’infanzia, convertirà in istrumenti di sciagure, d’infelicità e sovente di morte, quelle istesse forze, che dirette dalla ragione e dalla sapienza pubblica, avrebbero procurato e sostenuta la sua felicità. Un popolo può dunque godere di una certa prosperità in mezzo all’ignoranza, finché è fanciullo, ma egli non può né conservarla nella virilità, né riacquistarla, quando l’ha perduta, senza quelle cognizioni e que’ lumi, che l’istruzione pubblica somministra ed espande3.

Rispondi

1. Quali effetti produce secondo Gaetano Filangieri l’ignoranza?

2. Perché in una società nascente, secondo l’autore, un popolo può essere virtuoso anche se ignorante?

3. Che cosa intende Filangieri quanto paragona un popolo “evoluto” ma ignorante al fanciullo malvagio di Hobbes?

I colori della Pedagogia - volume 2
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