3.1 Il protagonismo degli Stati nelle riforme
| Il movimento illuminista nella penisola italiana dà impulso a numerose riforme. A partire dalla seconda metà del Settecento, gli Stati italiani, sotto l’influsso di intellettuali ispirati alle correnti francesi, promuovono un’azione di rinnovamento sul versante giuridico, amministrativo, sociale, economico e culturale.A livello amministrativo si attua una politica di accentramento, che porta a una progressiva burocratizzazione degli organi centrali e periferici degli Stati. Sul piano della giustizia, si procede al riordino delle magistrature e all’assorbimento dei poteri dei tribunali non statali, inoltre si registrano passi in avanti verso quel processo di umanizzazione della giustizia, che conosce una prima testimonianza di rilievo con l’emanazione del Codice Leopoldino del 1768, voluto da Pietro Leopoldo di Lorena per il Granducato di Toscana. Sul fronte economico sono attuate politiche di liberalizzazione del mercato, con l’abolizione delle tasse interne ai singoli Stati, e si mettono a punto sistemi di esenzione centralizzati, come nel caso della Lombardia asburgica e del Regno di Napoli. Parallelamente si agisce anche sul versante della lotta ai privilegi fiscali del clero e della nobiltà. Questi due ceti diventano i bersagli di molte riforme, che intendono da un lato favorire l’ascesa della borghesia a discapito dell’aristocrazia, e dall’altro affermare il controllo dello Stato sulla vita e organizzazione della Chiesa (giurisdizionalismo). Su quest’ultimo versante, gli Stati italiani non solo conducono una battaglia serrata contro le antiche prerogative fiscali, giuridiche e immunitarie della Chiesa (diritto d’asilo, decime, ▶ manomorta, censura sui libri, tribunali dell’Inquisizione), ma aderiscono anche alla linea antigesuitica portata avanti dai grandi Stati europei, ordinando la fuoriuscita dell’ordine dai propri confini spesso molto prima della soppressione pontificia del 1773. È questo il caso del Regno di Napoli e del Ducato di Parma e Piacenza, che espellono i gesuiti dal loro territorio, rispettivamente, nel 1767 e nel 1768.
Per quanto riguarda il terreno dell’istruzione si registrano due fenomeni significativi: da un lato si sfalda il tradizionale sodalizio tra Stato e Chiesa nella gestione dell’istruzione e gli Stati avocano a sé l’intera materia dell’istruzione pubblica, dall'altro gli Stati puntano a una amministrazione centralizzata dell’intero sistema scolastico (dalle elementari alle università), realizzata attraverso strutture amministrative ad hoc, denominate Magistrato degli Studi (come nel Ducato dei Savoia, nel Ducato di Parma e Piacenza e in Lombardia) o Deputazione degli Studi (come nel Granducato di Toscana). I centri italiani che meglio interpretano questo nuovo clima sono il Regno di Napoli e la Lombardia asburgica.