I BISOGNI E GLI INTERESSI DELL’EDUCANDO NEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO
Nel corso del Settecento si affermano teorie ed esperienze educative che tengono sempre più in considerazione i bisogni e gli interessi dei soggetti da educare. Ma cosa intendiamo esattamente quando parliamo di bisogni e interessi dell’educando?
Bisogni e motivazioni
Il bisogno coincide con la percezione di una mancanza, che abbiamo necessità di colmare per perseguire il nostro benessere. Ci sono diversi tipi di bisogni. Lo psicologo statunitense Abraham Maslow ha elaborato una scala dei bisogni, che va da quelli più elementari (legati alla sfera della sopravvivenza) a quelli più complessi (che attengono all’ambito sociale), come l’amore e l’autorealizzazione. Secondo questo schema l’affermazione dell’individuo passa attraverso la realizzazione progressiva di questi bisogni. I primi bisogni che un bambino apprende, infatti, sono quelli elementari, che gli permettono di soddisfare la fame, il sonno, la sete e così via. Poi subentrano i bisogni di ordine sociale, che possono essere appresi per imitazione o indotti anche da fattori esterni come nel caso dei mass media, che spingono a comportamenti consumistici.
Ora, la spinta al soddisfacimento dei bisogni deriva, oltre che da pulsioni innate, dalla motivazione, intesa come ciò che attiva e dirige il soggetto verso una determinata meta. Le motivazioni che inducono all’apprendimento possono essere estrinseche, se dipendono da obiettivi esterni al soggetto, oppure intrinseche, se il soggetto agisce per il piacere stesso di imparare, per la gratificazione e lo stimolo che trae da quell’attività di apprendimento.
Nelle pratiche educative del passato si privilegiavano le motivazioni estrinseche, per cui si faceva ampio ricorso a stimoli esterni come quello classico dei premi e delle punizioni, per incentivare l’alunno ad applicarsi. Tuttavia, la ricerca nel campo delle scienze umane ha mostrato come le conoscenze acquisite secondo questa prassi tendano a dissolversi facilmente una volta conseguito il risultato immediato (per esempio una lode, un buon voto). Ecco, allora, che subentra il discorso delle motivazioni intrinseche, che fanno leva su quell’innata curiosità che spinge ogni individuo, durante tutto l’arco della vita, a esplorare il mondo circostante. Un bambino posto davanti a un’esperienza nuova dimostra generalmente interesse e si attiva per trovare soluzioni ai problemi presentati, perché individua quella situazione come importante per acquisire nuove competenze.
La pedagogia del contratto
Un percorso di apprendimento che parte dagli interessi del soggetto risulta dunque certamente più stimolante per l’alunno rispetto a uno “calato dall’alto”. In questa direzione si muove la cosiddetta pedagogia del contratto: una strategia educativa basata su un vero e proprio “contratto formativo”, che presuppone un processo di negoziazione e scambio tra i soggetti coinvolti nel processo educativo.
In ambito scolastico implica l’incontro tra studente e insegnante, per cui il docente offre un “prodotto” atto a incontrare i bisogni e gli interessi degli allievi e gli studenti, dalla loro, accettano di assolvere a dei precisi impegni riconoscendo la “validità del prodotto”. Questa modalità di apprendimento richiede:
- la co-costruzione delle conoscenze, attraverso percorsi formativi fatti di ipotesi, scambio e condivisione di pensieri, idee, proposte, obiettivi;
- il monitoraggio e la valutazione in itinere dei risultati conseguiti.
In ambito familiare i protagonisti della “negoziazione” sono i genitori e i figli che stabiliscono una modalità comunicativa impostata sulla riflessione e sul dialogo anziché sulle regole, per costruire un percorso di crescita condiviso.