2 - Kant e l’esigenza primaria dell’educazione

2. Kant e l’esigenza primaria dell’educazione

2.1 La pedagogia kantiana

Immanuel Kant   L’AUTORE | è conosciuto principalmente come il fondatore della filosofia critica o criticismo, una corrente filosofica che si propone di affrontare criticamente il problema della conoscenza e della ragione umana, operando una sintesi tra l’empirismo di Locke e il razionalismo di Cartesio, arrivando a definire la conoscenza come frutto sia dell’esperienza sia della ragione. Il filosofo tedesco si occupò occasionalmente anche di educazione. Egli trattò argomenti di natura educativa in vari scritti (nell’Antropologia, nell’ultima parte della Critica della ragion pratica e nella Metafisica dei Costumi) e in qualità di professore di filosofia dell’università di Königsberg fu chiamato a tenere delle lezioni di pedagogia, che un suo allievo, Friedrich Theodor Rink, raccolse in un volume, dato alle stampe con il titolo di Über Pädagogik (Sulla pedagogia). Era il 1803 e Kant era oramai prossimo all’epilogo della sua lunga esistenza, interamente dedicata all’insegnamento, prima come precettore privato e poi come professore universitario.

L’opera Sulla pedagogia non ha le caratteristiche di un trattato sistematico e rigoroso, presenta una certa frammentarietà e risente della mediazione di Rink, che non sempre sembra cogliere l’essenza profonda dell’impostazione pedagogica del criticismo. A ogni modo, seguendo la suddivisione interna al testo possiamo cogliere alcuni dei motivi di fondo del pensiero pedagogico kantiano. L’opera presenta tre parti principali:

  • l’introduzione, dedicata a questioni di pedagogia generale;
  • l’educazione fisica o naturale, che riguarda la dimensione fisica e intellettuale dell’uomo;
  • l’educazione pratica o morale, che interessa l’uomo  noumenico o sovrasensibile e delinea il percorso che porta l’educando alla conquista della libertà morale.

L'AUTORE  Immanuel Kant

Kant nasce nel 1724 a Königsberg (allora nella Prussia Orientale, oggi exclave russa rinominata Kaliningrad) e a questa città è legata tutta la sua esistenza. Cresce in una famiglia di umili condizioni, dove viene educato secondo la religiosità del pietismo. Compie robusti studi umanistici presso il Collegium Federicianum di Königsberg, divenendo un buon latinista. Successivamente frequenta l’università della città natale per studiare teologia e qui si addottora nel 1747. Per qualche tempo svolge l’attività di precettore per vivere. Nel 1754 inizia la carriera universitaria presso l’ateneo cittadino e nel 1770 ottiene l’ordinariato.

Nel corso degli anni Settanta definisce la sua concezione filosofica, nota come ”criticismo” in quanto assegna alla filosofia il compito di stabilire le possibilità, le validità e i limiti della ragione umana nei diversi ambiti in cui è applicata. Impiega circa un decennio per formalizzare tale teoria che illustra nelle sue opere maggiori: la Critica della ragion pura (1781), in cui si parla dei fondamenti della conoscenza (metafisica); la Critica della ragion pratica (1788), che affronta i problemi della morale (etica); la Critica del giudizio (1790), che è dedicata alle questioni relative al sentimento e al gusto (estetica). Sono questi gli anni della grande notorietà, quando molti ammiratori arrivano da paesi lontani della Germania per conoscerlo e ascoltarlo. La situazione cambia quando a Federico II il Grande succede Federico Guglielmo II. Alcune trattazioni religiose di Kant sono censurate e il filosofo ne rimane molto amareggiato.

Gli ultimi anni di vita sono particolarmente penosi. Kant perde progressivamente lucidità e vigoria mentale. Ciononostante, l’anno prima della sua morte, nel 1803, viene dato alle stampe con la sua approvazione il trattato Sulla pedagogia, che raccoglie nel testo le lezioni di pedagogia tenute da Kant presso l’ateneo cittadino.

Muore nel 1804. Sulla sua tomba sono scolpite parole che racchiudono l’essenza del pensiero e dell’esistenza di questo grande pensatore: «Il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me».

per immagini

La cerchia di amici di Kant

Sono qui rappresentati personaggi della cerchia di amici di Kant a Königsberg, la città in cui trascorse tutta la sua esistenza e svolse la sua attività accademica: fra essi si possono riconoscere, oltre al mercante Johann Konrad Jacoby (primo a sinistra), il filosofo Johann Georg Hamann (il quarto al tavolo da sinistra) e (in primo piano, proteso in avanti) l’arcivescovo Ludwig Ernst von Borowski. Con Hamann (che era del tutto contrario alla fiducia illuminista nella ragione) Kant, per quanto suo amico, fu in contrasto in campo filosofico: per Kant la conoscenza è frutto dell’esperienza e della ragione ed è la filosofia che ha il compito di valutare le validità e i limiti della ragione umana.

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2.2 I compiti dell’educazione

Nell’introduzione a Sulla pedagogia sono affrontate questioni di pedagogia generale. Kant non sposa l’ottimismo rousseauiano: egli subisce profondamente il fascino del pensatore svizzero, ma se ne distacca, ponendo la necessità di una conciliazione tra l’autorità dell’educatore e la libertà dell’educando. Per il filosofo tedesco questo presupposto sta alla base di ogni intervento educativo, che si trova a dover lottare tra le istanze della ragion pratica o volontà (che spinge ad azioni disinteressate e morali) e le inclinazioni sensibili (che spingono ad agire per fini estrinseci e utilitaristici), per la conquista della libertà morale.

Secondo Kant l’uomo per natura non è né buono né cattivo: buoni non si nasce, ma si diventa, quando la propria ragione s’innalza all’idea di dovere e di legge morale. Tale passaggio si può compiere solo attraverso il processo educativo, che consente di maturare la conoscenza critica, la quale insieme all’esperienza permette di superare gli istinti dei sensi e di alimentare la libertà morale. Ma Kant assegna un altro compito importante all’educazione, quello cioè di educare i fanciulli a uno stato migliore e superiore dell’umanità, in una prospettiva di progresso della specie umana nella perfezione morale.

Le prime cure

Nel trattare delle prime cure da riservare al bambino, Kant sposa molte tesi di Rousseau. Egli, per esempio, raccomanda l’allattamento materno e l’abolizione delle fasce e si pronuncia contro qualsiasi forma di costrizione delle membra: dalle “dande” (strisce utilizzate per sostenere il bambino quando inizia a camminare) al “carruccio” (girello), fino ai busti correttivi. Esorta ad assecondare lo sviluppo naturale del fanciullo, attenendosi al principio dell’indurimento fisico, limitandosi a evitare ogni forma di mollezza, senza incorrere negli eccessi di una educazione rigidamente spartana.

La disciplina
Dopo l’iniziale allevamento, però, per Kant deve subentrare la disciplina, che non consiste nell’obbedienza servile dell’alunno, ma si traduce nello strumento attraverso il quale l’educando, facendo sentire la sua volontà in dialettica con quella dell’educatore, giunge a conquistare la legge morale e dunque la sua autonomia. L’istintualità originaria dell’uomo ha bisogno di una guida esterna, che assegni delle regole, in grado di consentire al soggetto di fare buon uso della sua libertà in età matura.

Per procedere in questa direzione, Kant ritiene utile far ricorso alla pedagogia dell’esempio e della persuasione, per stimolare quel sentimento dell’onore che è molto sviluppato nei fanciulli e nei ragazzi e che permette di ottenere progressi maggiori dei tradizionali metodi coercitivi. Kant non si pronuncia solo contro ogni genere di punizione, ma scoraggia anche dall’utilizzo dei premi e dal ricorso alla strategia dell’emulazione, che considera pregiudizievoli rispetto alla libertà e all’indipendenza di volere dell’educando.

Se Kant, per un verso, assegna alla disciplina una funzione preventiva rispetto agli istinti, per un altro attribuisce all’istruzione un compito costruttivo, ovvero quello di insegnare al soggetto a pensare. A questo riguardo, egli sostiene che la funzione istruttiva spetti principalmente alla scuola pubblica, che ritiene vada preferita a quella privata, non solo per gli indubbi vantaggi sul piano conoscitivo, ma anche per quelli inerenti alla formazione del carattere dell’educando, che dal confronto con il prossimo trae maggiori stimoli per apprendere e per esercitare la propria libertà nel rispetto di quella altrui.

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2.3 L’educazione fisica

Nella seconda sezione del trattato Sulla pedagogia Kant si occupa dell’educazione fisica, parla cioè dell’educazione naturale, che non riguarda solo la parte corporea ma anche le facoltà intellettuali e la ragione del soggetto. Il filosofo tedesco si sofferma sull’importanza dell’esercizio fisico, sottolineando come questo vada stimolato non solo attraverso il gioco, ma anche attraverso attività proposte dal maestro, indirizzate ad affinare le abilità dell’allievo e a preparare il fanciullo al lavoro. A questo proposito, infatti, afferma:

È sommamente importante che i bambini imparino a lavorare. Prima di poter pervenire a godere ciò che è necessario alla sua vita, gli occorre molta preparazione diretta a questo fine. […] L’uomo deve esser occupato in modo che, tutto assorto nel fine che ha davanti agli occhi, dimentichi se stesso, e il lavoro. Il ragazzo perciò deve venire abituato a lavorare. E dove dovrebbe venir coltivata questa disposizione al lavoro, se non nella scuola? […] È evidentemente dannoso abituare il fanciullo a considerar tutto come un trastullo; egli deve aver le sue ore di ricreazione, ma anche quelle di lavoro. Se egli non intende ancora a che serva questo obbligo, più tardi però si renderà conto della utilità immensa di esso: ed è follia educativa quella secondo la quale si vorrebbe far apprendere tutto giocando ai fanciulli, che debbono invece essere avviati per tempo alle occupazioni serie, poiché debbono pure entrare nella vita.

I. Kant, La pedagogia, La Nuova Italia, Firenze 1959, pp. 42-43.

Sul piano della formazione intellettuale Kant distingue tra facoltà inferiori (sensibilità, immaginazione, memoria, attenzione) e superiori (intelletto, ragione e giudizio). Raccomanda di coltivarle parallelamente, subordinando però le prime alle seconde. A livello metodologico consiglia di applicare il metodo socratico, che favorisce la continua sollecitazione dell’intelletto attraverso domande, mentre suggerisce il ricorso al metodo meccanico-catechistico solo per i contenuti di tipo nozionistico.

Per quanto riguarda il curriculum, Kant sostiene che sia meglio apprendere le lingue attraverso l’uso e il lessico attraverso la lettura degli autori, che mediante esercizi di memoria. Ritiene che la grammatica debba precedere lo studio delle lingue e scoraggia la lettura dei romanzi, in quanto li considera dannosi perché indeboliscono la memoria e favoriscono la distrazione nei fanciulli. Afferma che la formazione intellettuale può iniziare dallo studio della geografia illustrata con immagini, mentre consiglia di introdurre in un secondo tempo lo studio della storia, che giudica utile a educare il retto giudizio. Incoraggia lo studio della matematica come la scienza che meglio di ogni altra può unire nel bambino il sapere al potere e caldeggia l’insegnamento scientifico che permette di passare dalle “credenze” al sapere esatto.

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2.4 La formazione morale

Per Kant la moralità esprime al meglio la condizione dell’umanità e, dunque, la formazione morale, intesa come formazione del carattere che deve portare ad agire secondo i principi pratici della ragione, rappresenta il fine primo dell’educazione.

Il processo educativo, infatti, per il filosofo tedesco ha come obiettivo principale quello di formare al dovere di non tradire la dignità umana rappresentata dal soggetto. Il singolo deve acquisire la consapevolezza che le buone azioni non vanno compiute per fregiarsi di un comportamento meritorio, ma perché doverose nei riguardi di quell’ideale umano della ragione, che ci rende consapevoli della nostra insufficienza.

In questa direzione, per Kant l’educazione religiosa rientra nella formazione morale dell’individuo, perché la religione può essere presentata come imperativo divino e alimentare il sentimento di dovere del soggetto. Diversamente da Rousseau ritiene che l’educazione religiosa debba iniziare per tempo, perché il fanciullo si trova a doversi confrontare costantemente con una società dominata da pratiche e rappresentazioni religiose, rispetto alle quali deve sapersi orientare.

Egli suggerisce di applicare una «didattica della moralità pura», fatta di casi comuni tratti dalla vita concreta, al fine di permettere al ragazzo di acquisire in tutta serenità l’abitudine all’azione condotta con coscienza scrupolosa:

L’educazione consiste nello stabilire in tutto i giusti principi e farli intendere e accettare dagli educandi. Questi debbono imparare a sostituire, all’odio per le persone, l’orrore per tutto ciò che è spregevole e assurdo; al timore degli uomini e dei castighi divini, il timore della propria coscienza; all’opinione altrui, la stima di sé e la dignità interiore; al valore delle parole e degli affetti, il valore intrinseco delle azioni e della condotta, al sentimento, la ragione; infine sappiano sostituire la serenità di spirito e una pietà [con]fidente, alla devozione paurosa, tetra e opprimente. Soprattutto, però, bisogna preservare i giovani dalla troppa considerazione dei beni di fortuna.

I. Kant, La pedagogia, cit., pp. 69-70.

La concezione pedagogica di Kant si compie in questo passaggio dall’uomo di natura all’uomo razionale, dall’uomo sensibile alla personalità morale, in cui il soggetto realizza una metamorfosi da ciò che è (naturalità) a ciò che deve essere (umanità).

Il disegno educativo kantiano mira a un fine molto elevato, che si pone quasi sul piano dell’ideale e che appare per molti versi incapace di cogliere i reali bisogni del soggetto in formazione, in nome di un modello antropologico interamente proiettato verso il senso del dovere. La netta separazione, poi, tra mondo fisico e mondo morale impedisce di concepire la persona come un tutto unitario.

Malgrado questi limiti, a Kant va attribuito il merito di aver posto la necessità di superare l’idea di ragione astratta avanzata dagli illuministi e di aver messo in discussione il naturalismo rousseauiano, presentando il processo educativo come risultato della convergenza tra la libertà dell’educando e l’autorità dell’educatore.

FINESTRE INTERDISCIPLINARI – SCIENZE UMANE: Pedagogia & Psicologia

I BISOGNI E GLI INTERESSI DELL’EDUCANDO NEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO

Nel corso del Settecento si affermano teorie ed esperienze educative che tengono sempre più in considerazione i bisogni e gli interessi dei soggetti da educare. Ma cosa intendiamo esattamente quando parliamo di bisogni e interessi dell’educando?

Bisogni e motivazioni

Il bisogno coincide con la percezione di una mancanza, che abbiamo necessità di colmare per perseguire il nostro benessere. Ci sono diversi tipi di bisogni. Lo psicologo statunitense Abraham Maslow ha elaborato una scala dei bisogni, che va da quelli più elementari (legati alla sfera della sopravvivenza) a quelli più complessi (che attengono all’ambito sociale), come l’amore e l’autorealizzazione. Secondo questo schema l’affermazione dell’individuo passa attraverso la realizzazione progressiva di questi bisogni. I primi bisogni che un bambino apprende, infatti, sono quelli elementari, che gli permettono di soddisfare la fame, il sonno, la sete e così via. Poi subentrano i bisogni di ordine sociale, che possono essere appresi per imitazione o indotti anche da fattori esterni come nel caso dei mass media, che spingono a comportamenti consumistici.

Ora, la spinta al soddisfacimento dei bisogni deriva, oltre che da pulsioni innate, dalla motivazione, intesa come ciò che attiva e dirige il soggetto verso una determinata meta. Le motivazioni che inducono all’apprendimento possono essere estrinseche, se dipendono da obiettivi esterni al soggetto, oppure intrinseche, se il soggetto agisce per il piacere stesso di imparare, per la gratificazione e lo stimolo che trae da quell’attività di apprendimento.

Nelle pratiche educative del passato si privilegiavano le motivazioni estrinseche, per cui si faceva ampio ricorso a stimoli esterni come quello classico dei premi e delle punizioni, per incentivare l’alunno ad applicarsi. Tuttavia, la ricerca nel campo delle scienze umane ha mostrato come le conoscenze acquisite secondo questa prassi tendano a dissolversi facilmente una volta conseguito il risultato immediato (per esempio una lode, un buon voto). Ecco, allora, che subentra il discorso delle motivazioni intrinseche, che fanno leva su quell’innata curiosità che spinge ogni individuo, durante tutto l’arco della vita, a esplorare il mondo circostante. Un bambino posto davanti a un’esperienza nuova dimostra generalmente interesse e si attiva per trovare soluzioni ai problemi presentati, perché individua quella situazione come importante per acquisire nuove competenze.

La pedagogia del contratto

Un percorso di apprendimento che parte dagli interessi del soggetto risulta dunque certamente più stimolante per l’alunno rispetto a uno “calato dall’alto”. In questa direzione si muove la cosiddetta pedagogia del contratto: una strategia educativa basata su un vero e proprio “contratto formativo”, che presuppone un processo di negoziazione e scambio tra i soggetti coinvolti nel processo educativo.

In ambito scolastico implica l’incontro tra studente e insegnante, per cui il docente offre un “prodotto” atto a incontrare i bisogni e gli interessi degli allievi e gli studenti, dalla loro, accettano di assolvere a dei precisi impegni riconoscendo la “validità del prodotto”. Questa modalità di apprendimento richiede:

  • la co-costruzione delle conoscenze, attraverso percorsi formativi fatti di ipotesi, scambio e condivisione di pensieri, idee, proposte, obiettivi;
  • il monitoraggio e la valutazione in itinere dei risultati conseguiti.

In ambito familiare i protagonisti della “negoziazione” sono i genitori e i figli che stabiliscono una modalità comunicativa impostata sulla riflessione e sul dialogo anziché sulle regole, per costruire un percorso di crescita condiviso.

per lo studio

1. Quali compiti attribuisce Kant al processo educativo?

2. Che funzione assegna alla disciplina?

3. Qual è la sua idea di educazione fisica e di educazione morale?


  Per discutere INSIEME 

Per Kant l’educazione nasce dall’incontro tra la libertà dell’allievo e l’autorità dell’educatore. Condividi questa prospettiva? Illustra ai tuoi compagni qual è la tua idea di educazione.

I colori della Pedagogia - volume 2
I colori della Pedagogia - volume 2
L’educazione dal basso Medioevo al positivismo - Secondo biennio del liceo delle Scienze umane