T1 - Giuseppe Calasanzio, Il programma di studio delle Scuole pie

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Giuseppe Calasanzio

Il programma di studio delle Scuole pie

L’entrata in scena delle Scuole pie nel panorama dell’istruzione europea del Seicento rappresenta una “rivoluzione importante” nel modo di concepire le “piccole scuole” e di erogare la formazione di base. Le chiavi di volta di queste nuove istituzioni stanno nell’articolazione dettagliata del piano di studi e nella cura della formazione religiosa. Il brano che si propone di seguito si riferisce solo alle prime due classi delle Scuole pie, ma consente di conoscere più da vicino le caratteristiche del programma formativo di queste istituzioni direttamente dalle parole del loro fondatore: Giuseppe Calasanzio.

Primo. Quanto alle lettere cominciando dalli figliolini più piccoli si tiene una scuola o classe nella quale estano solamente quelli che imparano la Santa croce et il compitar. Et perché il numero di questi figliolini suole essere di 60 o vero 70 et un maestro solo non basterebbe a recitare1 si gran numero, si tiene nel muro attaccata una carta con un alfabeto di lettere grandi assai, et il maestro con una bacchetta va toccando le lettere ad una ad una, più e più volte et così vengono li figliolini più volte recitati, et si conosce presto chi ha buon ingegno2. Et per quelli che cominciano a compitare tiene parimente nel muro un’altra carta con lettere parimente grandi del ba.be. etc. ab.eb. etc. et alcune parole facili, li quali come cominciano a compitare se mandano ad un’altra classe maggiore3.

Nella quale s’insegna a leggere scorrendo il Salterio, et in questa saranno dal continuo da 60 scolari. Et dura l’essercitio d’insegnar così in questa come in tutte l’altre classi due hore e mezza alla mattina et altre tante alla sera, et quando si comincia la scuola intrato il maestro con li scolari al segno della campanella comune, et fatta l’oratione che farsi suole tutte le classi, subito che entra il maestro, fa studiar tutti li scolari per un quarto d’hora, et poi comincia a recitarli tutti d’uno ad uno sei o otto righe per uno, segnando con un lapis dove finisce, acciò non reciti più volte una stessa lettione. Et se finiti di recitar tutti, avanza di tempo alcuno quarto di hora, prima che suoni la campanella, che dà segno per mandar la scuola, trattiene il maestro li scolari la mattina con farli compitar a mente alcune parole latine del Salterio, dimandando quante sillabe sono in quella parola, et come si computa, facendo emendar l’uno l’altro et alli più diligenti dà alcuni santucci (“santini”) di stampa. Et il dopo pranzo finito il recitare se gli insegna in voce alta il principio della dottrina christiana et le orationi necessarie; finite le scuole et fatta l’oratione che in tutte le classi suol farsi, si mandano a casa. Et ogni quarto mese si fa essamine generale in tutte le scuole, et quelli scolari, che si trova che hanno fatto profitto, passano alla classe superiore et così da questa classe del Salterio passano ad un’altra maggiore della settima4.

Rispondi

1. Leggi attentamente il testo e sottolinea tutte le parti che riguardano il metodo d’insegnamento, i testi e i materiali didattici adottati nelle Scuole pie.

2. «Facendo emendar l’uno l’altro et alli più diligenti dà alcuni santucci di stampa». Illustra il significato di questa frase ed esprimi la tua opinione al riguardo.

 >> pagina 222

|⇒ T2  Jean-Baptiste de La Salle

Il valore educativo del silenzio

Il concetto di silenzio di La Salle non è una semplice regola comportamentale mutuata dal mondo monastico, ma corrisponde a una norma di vita, alla quale maestro e alunni debbono attenersi per garantire un clima di lavoro sereno e proficuo, non inficiato da sfuriate improvvise e impeti di collera dettati dall’irrequietezza dei ragazzi.

Il silenzio è uno dei principali mezzi per stabilire e conservare l’ordine nelle scuole. Per questo motivo ogni maestro lo esigerà rigorosamente nella sua classe, non permettendo ad alcuno di parlare senza autorizzazione.

A questo scopo cercherà di persuadere gli alunni ad osservare il silenzio non per timore della sua presenza, ma perché Dio li vede ed è Lui che lo richiede loro.

Nell’assegnare il posto agli alunni, ci si preoccuperà che siano messi in modo da esser sempre visti dai maestri1.

Il maestro eserciterà anche un continuo controllo su se stesso in modo da parlare di rado e a bassa voce, eccetto quando deve essere udito bene da tutti gli alunni.

Quando dovrà dare qualche avviso a tutta la classe, lo farà con tono di voce medio, come del resto farà in tutte le occasioni nelle quali si dovrà rivolgere a tutti gli alunni.

Non parlerà ad alcuni in particolare, né a tutti in generale, se non dopo avere ben ponderato e giudicato necessario quanto deve dire. Non lascerà che gli alunni gli parlino se non raramente, con tono sommesso e solo quando starà seduto in cattedra. Non permetterà agli alunni né di parlare, né di muoversi dal loro posto senza permesso quando ricevono qualche correzione.

Il maestro farà ben comprendere agli alunni che possono parlare a voce alta soltanto in tre momenti, e cioè durante la recita delle lezioni, del catechismo e delle preghiere.

Anche il maestro osserverà questa norma e non parlerà ad alta voce che in tre occasioni:

1) Durante la lettura, qualora dovesse intervenire per correggere, non essendovi alcun alunno capace di farlo;

2) Durante il catechismo;

3) Durante le riflessioni e l’esame di coscienza.

Al di fuori di queste circostanze, parlerà a voce alta solo quando lo riterrà strettamente necessario, e farà in modo che queste occasioni siano molto rare2.

Quando gli scolari camminano in classe, debbono farlo a capo scoperto, con le braccia incrociate, posatamente, senza trascinare i piedi sul pavimento o dar rumore con gli zoccoli, per non rompere il silenzio che deve regnare sempre nell’aula.

Sarà facile per il maestro far osservare il silenzio se avrà cura che gli alunni stiano sempre seduti al loro posto, con il busto eretto, con il viso rivolto in avanti e appena un po’ girato verso di lui; che tengano in mano il libro di testo e seguano la lettura; che tengano le mani e le braccia ben in vista; che non si tocchino l’uno l’altro con le mani o con i piedi; che non si scambino oggetti né sguardi o gesti di intesa; che stiano composti con le gambe e non si tolgano mai le scarpe o gli zoccoli; che quelli che scrivono non si sdraino sul banco e non assumano posizioni sconvenienti3.

Rispondi

1. In che cosa consiste l’impegno del maestro nel far rispettare il silenzio agli alunni?

2. A quali circostanze è limitato l’uso della voce alta da parte del maestro?

3. Che tipo di norme comportamentali sono prescritte agli alunni per garantire il silenzio in aula?

4. Ritieni che il silenzio abbia ancora un valore educativo importante nella scuola di oggi?

 >> pagina 223

|⇒ T3  Pierre Nicole

L’insegnamento del latino e la lingua materna

Nel trattato Dell’educazione di un principe Nicole fornisce indicazioni precise sugli studi, nelle quali condensa la filosofia educativa di Port-Royal. Uno dei passi più significativi riguarda il metodo da seguire nello studio del latino, rispetto al quale mette in risalto l’importanza dell’adozione della lingua materna.

La maggiore difficoltà nell’istruzione dei fanciulli si incontra nell’insegnamento del latino. È uno studio arido e lungo e, quantunque adeguato alla loro età, in quanto basato principalmente sulla memoria, essi, tuttavia, per l’impegno che richiede e la lunghezza, non ne sono molto entusiasti. Perciò assai di sovente avviene che i fanciulli nobili, più impazienti e meno diligenti degli altri, nella giovinezza imparano il latino in maniera così imperfetta da dimenticarlo in seguito…1

La necessità e la difficoltà insieme di questa lingua hanno fatto cercare a molti i mezzi per renderne più agevole ai fanciulli lo studio. Ciò ha dato origine a una grande varietà di metodi e ciascuno ha preteso che il proprio fosse il migliore. Alcuni hanno invece creduto che il miglior metodo fosse il non averne alcuno e mettere senz’altro i giovinetti a leggere libri, risparmiando loro tutte le spine della grammatica. Molti sono del parere che il latino andrebbe insegnato mediante l’uso, come le lingue volgari, obbligando perciò gli scolasti a parlare in latino. Montaigne assicura che questo fu il metodo seguito con lui e che, grazie a questo metodo, a sette otto anni egli parlava il latino con purezza e proprietà. I francesi, gli olandesi, i tedeschi e gli italiani hanno idolatrato un certo libro intitolato La porta delle lingue, Janua linguarum, libro che comprende tutte le parole latine in un discorso continuo e articolato ed hanno creduto che, imparato questo libro, i fanciulli conoscessero senz’altro in breve tempo il latino, senza bisogno di leggere altri libri2.

Per dire in breve quel che si deve pensare di tutti questi modi dell’insegnamento del latino ai fanciulli, è certo che sarebbe assai utile poterlo impartire mediante l’uso, come se fosse una lingua vivente, ma nella pratica cotesto metodo è pieno di tante difficoltà da sembrare impossibile, per lo meno riguardo alle persone di media condizione: e questo è il più grave dei difetti. In primo luogo bisognerebbe trovare dei maestri capaci di parlare perfettamente il latino, che è una qualità assai rara; peraltro, coloro che la possiedono non sono per questo idonei ad insegnare, mancando di altre qualità di molto più necessarie3.

Bisogna accontentarsi di scegliere tra i diversi metodi quelli più utili. Il senso comune mostra in primo luogo che non bisogna ricorrere a quelli nei quali le regole della grammatica sono espresse in latino, essendo ridicolo volere inculcare gli elementi di una lingua nello stesso idioma che si vuole insegnare e che si ignora4.

Rispondi

1. Ricordi quale autore e quale ordine religioso tra quelli studiati hanno incoraggiato e lodato la pratica del parlare latino a scuola?

2. Qual è l’opinione di Nicole rispetto all’uso del latino come lingua vivente?

3. Perché Nicole afferma che è «ridicolo volere inculcare gli elementi di una lingua nello stesso idioma che si vuole insegnare e che si ignora»?

 >> pagina 225

|⇒ T4  August Hermann Francke

Le origini del Paedagogium

L’istituzione più prestigiosa tra le Fondazioni di Francke è certamente il Paedagogium, fondato nel 1693 come internato per l’istruzione delle classi superiori. Questo istituto ottiene presto grande popolarità e diviene uno dei più rinomati della Germania. Il suo programma educativo, sin dalle origini, mostra un taglio particolare. Molto spazio è riservato alle discipline scientifiche e non si fa lezione soltanto in aula.

Il Paedagogium, come tutti gli altri istituti fondati a Glaucha presso Halle per il bene della gioventù, ha avuto un inizio modesto che però la bontà di Dio ha benedetto e fatto prosperare in maniera inaspettata […]. Questa benedizione che Dio ha dato all’insegnamento che qui veniva assolto con devota preghiera, con diligenza e fedeltà e con notevole profitto per i giovani, fece sì che ben presto parecchi genitori vollero affidare i loro figli alla nostra guida; ma crescendo il numero degli allievi, non fu più sufficiente assumere soltanto degli insegnanti e si dovette seriamente pensare ad una organizzazione vera e propria dell’intera iniziativa1.

I ragazzi vennero distribuiti in diverse classi a seconda dei progressi da loro raggiunti. Si istituirono quattro classi per la lingua latina e tre classi per l’insegnamento dell’ebraico, del greco, della teologia, geografia, storia, aritmetica e matematica. Inoltre si tenevano esercitazioni di calligrafia e di solfeggio e d’estate, con il bel tempo, gli allievi venivano condotti in campagna per dare loro nozioni di botanica. Venivano pure portati presso vari artigiani, affinché imparassero a conoscere gli strumenti del mestiere con la terminologia tedesca e latina; e perché non mancasse il moto fisico, si costruirono cinque torni al cui uso i ragazzi venivano addestrati da un maestro tornitore2.

Rispondi

1. Quali materie sono insegnate nel Paedagogium? Noti delle differenze rispetto ai curricula delle altre istituzioni di livello secondario fino a ora studiate?

2. Nel Paedagogium sono previste anche lezioni ed esperienze formative innovative? Spiega perché secondo Francke sono importanti ed esprimi un tuo parare a questo riguardo.

I colori della Pedagogia - volume 2
I colori della Pedagogia - volume 2
L’educazione dal basso Medioevo al positivismo - Secondo biennio del liceo delle Scienze umane