Storie della STORIA DELL’ARTE

L’età contemporanea

In libreria si respira un po’ di agitazione. Zelda è in fermento per la presentazione di un libro che ha organizzato con l’aiuto dei ragazzi.

«Mia, Leo, per favore non sparite, ho bisogno di voi. Non ho chiuso occhio tutta la notte per paura che qualcosa non funzioni…».

«Ma dai, Zelda, mancano ancora ore alla presentazione!», minimizza Leo.

«Non scherziamo, Leo!», lo rimprovera Zelda. «Chi ha tempo non aspetti tempo, dice il proverbio! Aiuta Mia a sistemare quella pila di libri sugli scaffali, per favore… che disastro! Veloci, ragazzi!».

«Dove? Qui vicino a questo quadro da film horror?», dice Leo indicando la riproduzione appesa accanto allo scaffale.

«Ma che cosa dici?», Zelda sgrana gli occhi. «Quest’opera è RITRATTO DI GEORGE DYER IN UNO SPECCHIO di Francis Bacon, un artista irlandese del Novecento che deformava le figure dei suoi quadri al limite della riconoscibilità. Guardate qui, il corpo del protagonista si sta quasi “sciogliendo” sulla poltrona. Mette una certa angoscia, questo te lo concedo Leo! Ma osservate le pennellate larghe ed energiche!».


Perché Bacon dipingeva così?


«Per raccontare il senso di paura e di fragilità dell’uomo nel difficile momento successivo alla Seconda guerra mondiale, che con le sue tante, troppe atrocità, aveva lasciato un grande senso di smarrimento. Quel conflitto aveva mostrato a quali vette di disumanità si può arrivare, e aveva messo in crisi ogni certezza. Persino la scienza era stata usata per mettere a punto la bomba atomica e uccidere migliaia di persone!».


Lo sappiamo… abbiamo studiato la Seconda guerra mondiale. E abbiamo visto anche delle immagini terrificanti!


«Terrificante è proprio la parola giusta! E come vedi anche l’opera di Bacon lo è. Ma non si trattò solo di quel drammatico evento. Alla fine della Seconda guerra mondiale l’Europa si trovò in macerie. Fu allora che gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica cominciarono a scontrarsi tra loro per esercitare la propria influenza sugli altri Paesi, originando la cosiddetta Guerra fredda, una guerra non combattuta sul campo, ma fatta di spionaggio e di terrore. Pensate che il Muro di Berlino, costruito nel 1961 per dividere la capitale tedesca e allo stesso tempo l’Europa in due aree di influenza, restò in piedi per quasi trent’anni».

«Beh, non è che il terrore sia terminato... Basti pensare agli attacchi terroristici che ci sono ancora o alle tante guerre recenti», interviene Mia.

Tutto vero, ma pensiamo positivo, no? In fondo nel secolo scorso sono stati inventati la televisione e… i social network. Come faremmo oggi senza?


Zelda finalmente si rilassa: «Hai ragione, Leo! La medaglia ha sempre due facce, ricordiamocelo! Gli anni Cinquanta, infatti, furono un momento di ripresa, in cui si cominciò a diffondere il benessere. Si parlò di boom economico, che ebbe però anche effetti disastrosi come il consumismo sfrenato. Non immaginate quanto i nuovi prodotti commerciali e la pubblicità abbiano influito anche sul mondo dell’arte…».

«è verissimo, Zelda. E qui mi pare proprio evidente!», dice Leo mostrando l’immagine di GREEN COCA-COLA BOTTLES trovata in uno dei tanti libri di Zelda.

«Ma guarda che cosa hai scovato! Quell’opera è di Andy Warhol ed è perfetta per spiegarvi quanto vi stavo dicendo… Warhol è stato uno degli artisti più rappresentativi della Pop Art americana, una corrente che amava giocare coi simboli del consumo di massa, anche per criticarli e metterli in discussione. Per esempio, Warhol riproduceva in serie le immagini di oggetti che entravano ogni giorno nelle case degli americani, come queste bottiglie della Coca-Cola. All’apparenza le sue opere sono semplici, ma in realtà vogliono far riflettere su come la comunicazione di massa e la pubblicità influenzino e condizionino il pensiero di tutti noi».

«Forte questo Andy Warhol! Perché non ci parli di qualche altro artista del Novecento?»

«Beh… potrei parlarvi di Lucio Fontana! Lo avete mai sentito nominare?», chiede Zelda. «Spesso chi non conosce l’arte tende a sminuire le sue opere, perché sembrano dei semplici tagli della tela», dice mostrando CONCETTO SPAZIALE. ATTESA da uno dei suoi cataloghi. «Invece le sue tele squarciate sono lo specchio di una riflessione profonda e moderna, sull’arte, in un tempo di grandi scoperte e di nuove tecnologie. Le Avanguardie di inizio Novecento avevano messo in discussione tutti i punti fermi della pittura: la prospettiva, la rappresentazione della figura umana... vi ricordate? Però fino ad ora nessuno aveva pensato di attribuire alla tela una funzione diversa da quella di supporto dell’opera. è Fontana il primo: le sue tele squarciate ci permettono di andare oltre, di penetrare fisicamente lo spazio pittorico, di “sentire” che c’è qualcosa al di là di ciò che vediamo. L’ARTE INFORMALE è proprio questo, vuol dire rappresentare un pensiero, non qualcosa di reale. Fontana lasciava appesa una tela per settimane prima di realizzare un taglio... forse per questo chiama le sue opere Attese: l’operazione mentale che precede è più complessa del gesto finale, pensateci!».


Lo dirò a mio padre quando lo sentirò ripetere che quel taglio avrebbe potuto farlo lui!


Leo sfila il catalogo dalle mani di Zelda e inizia a sfogliarlo, finché si ferma di colpo, sbalordito: «BALLERINA SEDUTA di Jeff Koons. Certo questi artisti contemporanei non sanno più che cosa inventarsi! Guarda qui: che diamine vorrà dire quest’opera? E chi è Jeff Koons?»

«It’s me!… Sono io!», risponde una voce maschile dall’accento americano.

I tre si voltano di scatto. Sembra che l’artista raffigurato nella foto sia saltato fuori direttamente dal libro: Mia e Leo lo guardano a bocca aperta, mentre Zelda, emozionata come una bambina, corre verso il suo ospite. Come avrà fatto a portare un artista di fama internazionale nel suo negozio è un vero mistero.

La libreria si affolla di persone. Jeff Koons sorride e stringe mani, ma continua a lanciare occhiate in direzione dei due ragazzi. Finché, a un certo punto, prende il microfono dalle mani di Zelda, che sta chiedendo al pubblico di fare silenzio. Si rivolge a Mia e Leo e, chiedendo a Zelda di tradurre, dice:

«Questo ragazzino poco fa ha fatto una domanda interessante. Anzi, ha fatto LA domanda. Voglio usarla per dire una cosa a tutti. L’arte ha una missione: comunicare. Vuol entrare in contatto con voi che la guardate. Il significato di un’opera è sempre nei vostri occhi».

Storie della Storia dell’arte - volume B
Storie della Storia dell’arte - volume B
Dalle origini a oggi