l’Antico Egitto

LA SCULTURA EGIZIA

tra serenità e compostezza

La magia e la religione influenzano anche la scultura: statue e rilievi sono considerati sostituti delle persone che raffigurano, ecco perché sono posti come offerte nei templi o fanno parte del corredo funerario.

COMPAGNI PER L’ETeRNITà

Poiché il defunto condurrà una nuova vita anche nell’aldilà, vengono deposte insieme a lui statuette di servitori, dette ushabti. Chi muore ha diritto a ben 401 aiutanti: uno per ogni giorno dell’anno, più un supervisore ogni dieci servitori.

Gli  Ushabti di Sennedjem, giunti a noi nella loro scatola, hanno la classica impostazione a forma di mummia, con le braccia incrociate sul petto, e indossano un’ampia collana e la tradizionale parrucca divisa in tre grandi ciocche. I geroglifici e i dettagli, dipinti in nero e rosso, emergono dallo sfondo bianco.

un lavoro infinito

Nelle tombe vengono anche lasciati modellini di vari lavoratori, che forniranno al defunto tutto ciò che gli occorrerà, come la piccola  Serva che prepara il pane. La donna, inginocchiata, ha le mani poggiate su un rotolo di impasto che sta lavorando per preparare una forma di pane. Indossa una corta parrucca, fermata da un semplice nastro.

 pagina 48 

Le statue dei defunti

Poiché la sopravvivenza del corpo è condizione essenziale per continuare la vita anche dopo la morte, spesso nel corredo compaiono anche sculture che rappresentano il defunto stesso, per poter sostituire la mummia nel caso si deteriori.

Il nano  Seneb con la famiglia raffigura un ricco dignitario di corte nella posizione dello scriba, seduto a gambe incrociate, con la moglie che lo abbraccia con tenerezza, accennando a un sorriso.

I figli, ai loro piedi, sono rappresentati nudi, nell’atto di succhiarsi il dito. La loro posizione dona equilibrio e compiutezza al gruppo.

La rappresentazione dei sovrani

Le statue ufficiali hanno una funzione celebrativa: il faraone viene raffigurato per ricordare le sue vittorie o per esaltare il suo ruolo di divinità e di intermediario con gli altri dèi.

La scultura in questo caso non è un ritratto fedele, ma una raffigurazione che deve trasmettere l’idea di un sovrano stabile e potente.

La  Statua di Thutmosi III rappresenta il faraone in posizione eretta, con una gamba più avanti dell’altra.

Il volto è giovane e idealizzato, cioè trasfigurato rispetto alla realtà per renderlo perfetto; la sua espressione si limita a un leggero sorriso: un’immagine che ispira fiducia e serenità e allude alla natura divina del faraone. La testa è coperta dal nemes, un copricapo rigido a righe che scende in maniera simmetrica fino alle spalle. Sulla fronte ha l’urèo, il cobra sacro che, insieme alla lunga e stretta barba posticcia che gli scende dal mento, è il simbolo del potere assoluto.

Storie della Storia dell’arte - volume B
Storie della Storia dell’arte - volume B
Dalle origini a oggi