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Firenze, la strage di via dei Georgofili

Un attacco di stampo mafioso

Il 27 maggio del 1993, nelle prime ore della notte, una bomba posizionata dentro un furgone esplode nel cuore del centro storico di Firenze, dietro le Gallerie degli Uffizi. Sono cinque le persone che perdono la vita, molti sono i feriti e gli edifici danneggiati dalla violenta esplosione.

L’attentato viene fin da subito attribuito alla mafia. Una mafia nuova, o meglio, con nuove strategie del terrore, volte a colpire ciò che appartiene a tutti e che difficilmente potrà essere risarcito.

Lo scoppio della bomba fa crollare la sede dell’Accademia dei Georgofili, storica istituzione fiorentina dedicata allo studio dell’agricoltura, e danneggia gravemente anche il Corridoio Vasariano, il lungo passaggio sopraelevato che collega Palazzo Vecchio con Palazzo Pitti. Il danno al Corridoio è sia alla sua struttura sia ad alcune opere d’arte che sono lì conservate.

il dipinto simbolo della strage

Tra le opere danneggiate, viene considerata irrimediabilmente perduta  Giocatori di carte del pittore caravaggesco Bartolomeo Manfredi (Ostiano, Cremona, 1582 - Roma, 1622): la tela, appesa di fronte alla finestra della torre dei Georgofili, è stata infatti fortemente rovinata dalla deflagrazione della bomba.

Messa in sicurezza nei depositi, l’opera viene recuperata solo 24 anni dopo, grazie a un crowdfunding (raccolta fondi) denominato “Cultura contro il terrore”. Come per un puzzle, i restauratori hanno rimesso insieme le tessere rimaste della superficie pittorica; le parti mancanti del dipinto, non integrate, assumono oggi un altissimo valore simbolico: esse testimoniano la volontà di opporsi, attraverso la cultura, alla brutalità di ogni atto terroristico.

Il restauro grazie ALLA TECNOLOGIA

L’opera di Manfredi raffigurava un gruppo di giovani uomini seduti intorno a un tavolo all’interno di una locanda, intenti a giocare a carte.

Durante le operazioni di recupero, avvenute tra le macerie subito dopo l’attentato, erano stati raccolti 615 frammenti della tela, apparentemente inutilizzabili. Grazie alla tecnologia digitale applicata al restauro, ne sono stati ricollocati circa 400, riportando completamente alla luce il volto di un giocatore, di cui erano rimasti solo il naso e la bocca.

I frammenti sono stati dapprima digitalizzati con lo scanner, poi suddivisi per dimensioni e colori, e infine catalogati: per esempio, il frammento A24 è stato identificato come appartenente alla bocca di uno dei personaggi, l’A29 a una guancia, e così via.

Dopodiché, attraverso il computer, si è riposizionato ciascun frammento, mentre la restauratrice Daniela Lippi ha ricollocato realmente i frammenti sulla tela, a cominciare – racconta – dal sei di fiori raffigurato sul tavolo.

DISCUTIAMONE IN CLASSE

  • È meglio ricostruire le immagini o lasciare il “danno” a vista? Trovi sia giusto integrare le opere là dove ci sono delle lacune e riportarle alle condizioni di origine, anche se si tratta di una falsificazione? O credi che sia meglio lasciare visibili i danni per raccontare la storia dell’opera?

Storie della Storia dell’arte - volume B
Storie della Storia dell’arte - volume B
Dalle origini a oggi