L’ARTE LONGOBARDA

I LONGOBARDI, ABILI ORAFI

ori e gioielli di un popolo guerriero

Arrivati in Italia come conquistatori nel 568, i Longobardi si dimostrano abilissimi nella lavorazione dei metalli, in particolare delle armi e delle oreficerie.

L’elmo di un re

Moltissimi sono gli oggetti di produzione longobarda che si sono conservati fino a oggi, provenienti per lo più dalle tombe. Si tratta di manufatti di piccolo formato (fibule, corone e gioielli), che mostrano la perfetta unione di elementi tipici del mondo antico occidentale con elementi barbarici (dal greco 

bárbaros, “straniero”), come la decorazione geometrica e il gusto per le forme astratte, cioè non ispirate alla realtà.

Capolavoro dell’oreficeria longobarda è senza dubbio la  Lamina di Agilulfo, che mostra in posizione centrale il sovrano, seduto in trono come un imperatore romano. Intorno a lui si dispongono, in maniera simmetrica, varie figure, tra cui due vittorie alate che portano un corno e un vessillo, ovvero una sorta di bandiera.

Realizzata con tecnica e materiali raffinatissimi (rame e oro), ma con un linguaggio piuttosto semplice e schematico, la lamina doveva essere la parte frontale di un elmo da parata.

UNA chioccia con i pulcini

La raffinata  Pitta di Teodolinda (pitta significa “gallina”) rappresenta una chioccia e sette pulcini intenti a beccare. Realizzata in argento dorato, rubini e zaffiri, è un piccolo capolavoro di oreficeria che doveva appartenere a Teodolinda, regina sposa di Agilulfo.

Quest’opera è ritenuta una straordinaria testimonianza dell’arte longobarda, che tende qui a un particolare naturalismo. Incerto è invece il significato dell’opera: data la conversione della regina al cristianesimo, potrebbe alludere alla Chiesa che protegge i fedeli, o forse era una forma di augurio di fecondità per la regina.

Storie della Storia dell’arte - volume B
Storie della Storia dell’arte - volume B
Dalle origini a oggi