Le storie di Galatea - A cena con Mandela

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IN CLASSE

Che cosa c’è di vero

L’aneddoto sulla cena del presidente del Sudafrica, Nelson Mandela (1918-2013), con il suo ex carceriere è stato raccontato da una delle guardie del corpo del presidente. Mandela, prima di essere eletto, era stato a lungo in prigione per la sua battaglia a favore dei diritti delle persone di origini africane, che nel paese erano discriminate dalla minoranza bianca al governo. Quando, nel 1994, divenne presidente, evitò ogni tipo di ritorsione, favorendo anzi una politica di conciliazione nazionale.

di

Galatea

Galatea

Le storie

A cena con Mandela

Sudafrica, 1994

«Siediti, mangia con me.»

Sorride bonario il presidente del Sudafrica, Nelson Mandela, indicando all’uomo bianco in giacca e cravatta la sedia accanto a lui. L’uomo è pallido, come se avesse appena visto un fantasma. Si siede, con le mani tremanti srotola il tovagliolo, lo posa sulle ginocchia e, senza nemmeno guardare il piatto, inizia a mangiare, meccanicamente.

Le guardie del corpo del presidente osservano la scena perplesse. È stato Mandela stesso a chiedere loro di invitare quell’uomo, dopo averlo visto seduto a uno dei tavoli del ristorante. Non lo conoscono, non lo hanno mai visto prima. È un signore di mezza età, robusto, dal collo taurino e l’espressione vagamente militaresca. Non sanno chi sia: non sembra né un diplomatico né un funzionario governativo.

Per tutta la durata della cena l’uomo non dice una parola. Mandela ogni tanto gli chiede qualcosa, lui si limita ad annuire con occhi spauriti e a ingoiare le portate che vengono servite. Le mani continuano a tremare. Alla fine, il presidente Mandela si alza e lo saluta educatamente. «Mettete tutto sul mio conto» dice ai camerieri, e si allontana.

Jack, una delle guardie, non si trattiene. Una volta sull’auto presidenziale, chiede: «Chi era quell’uomo? Era malato? Continuava a tremare…».

Mandela sorride. «No, sta benissimo. Era una delle guardie che mi hanno tenuto prigioniero e torturato per vent’anni, quando ero in carcere perché lottavo per i diritti del mio popolo. Più di una volta in prigione rifiutò di portarmi da bere e da mangiare, per piegarmi. Non tremava per una malattia, ma per paura. Ora che sono il presidente, temeva che lo avessi invitato al mio tavolo per vendicarmi.»

Jack lo guarda ammirato: «Ma lei gli ha offerto la cena!».

Mandela annuisce: «L’odio non porta da nessuna parte, Jack. Quando sono uscito di prigione ho giurato che quanto mi avevano fatto non mi avrebbe reso un uomo peggiore. Spero che anche lui lo capisca: la vendetta non ci rende mai migliori, e questo mondo ha invece bisogno di uomini migliori, perché c’è tanto che deve essere ancora migliorato».

Perché te l’ho raccontato

In questo capitolo seguiremo il cammino verso l’indipendenza di molte colonie africane e asiatiche nel secondo dopoguerra. Purtroppo nel Sudafrica indipendente la minoranza bianca instaurò una rigida segregazione razziale (apartheid) nei confronti della popolazione nera. Solo negli anni Novanta la mobilitazione interna e le pressioni internazionali fecero sì che queste leggi fossero abrogate e Nelson Mandela, simbolo del movimento antiapartheid, divenne presidente del paese.

entra nel capitolo 16

Dalla decolonizzazione ai nuovi scenari mondiali

Le tue emozioni

C’è qualcuno che vorresti invitare a cena per chiarire un’incomprensione e recuperare un’amicizia che si è incrinata?

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Ti racconto la Storia - volume 3
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Dal Novecento a oggi