Le storie di Galatea - Remo il balilla

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Galatea

Galatea

Le storie

Remo il balilla

Italia, anni Trenta del Novecento

A lui chiamarsi Remo mica piace tanto. I suoi genitori potevano chiamarlo Romolo, come il fondatore di Roma! Remo era il gemello di Romolo, ma tra i due era quello cattivo, e debole anche, perché finiva morto.

Il suo libro di scuola parla della storia di Romolo. È bello il sussidiario, che il maestro fa leggere agli alunni perché imparino le cose che servono nella vita. Non c’è solo la leggenda di Romolo, che è storia antica, ma anche la storia del Duce, il cavalier Benito Mussolini, che è storia contemporanea. Il Duce governa l’Italia, e il maestro e il libro dicono che Romolo e Mussolini sono uguali: fondatori di un impero destinato a durare millenni.

A Remo piace la scuola, perché il maestro sa tutte le risposte: per forza, ripete quelle che ha dato il Duce, che non sbaglia mai. E poi si va al sabato fascista, con la divisa da balilla, e si fanno esercizi di ginnastica, e i più coraggiosi saltano anche nel cerchio di fuoco. È così che cresceranno belli e forti e da grandi potranno andare in guerra a combattere, per conquistare anche loro un impero.

Mamma e papà, invece, non sono tanto contenti della sua divisa, e nemmeno che lui ripeta a memoria le cose lette sul sussidiario e creda che il Duce abbia sempre ragione. Il babbo non dice niente, mentre alla mamma vengono gli occhi rossi, come se stesse per piangere. Così, un giorno, Remo le ha chiesto perché non gli piace quando si mette la divisa. Lei ha sospirato: «Perché tuo zio Remo lo hanno ucciso quelli con addosso quella divisa lì».

Gli ha spiegato chi era lo zio Remo, e perché lui porta il suo nome. Era un socialista, e un giorno i fascisti sono arrivati a casa, lo hanno trascinato fuori e lo hanno pestato.

«Perché era un bandito?» ha chiesto Remo.

«No, perché non la pensava come loro.»

Remo ora, quando il maestro parla del Duce, si distrae. Pensa allo zio, e che non è giusto che si venga ammazzati solo perché si hanno idee diverse. Non ha il coraggio di interrompere il maestro quando dice che Mussolini non sbaglia mai. Ma adesso ha il sospetto che non sia poi così vero. E in fondo di chiamarsi Remo, come lo zio, e non Romolo, non gli dispiace più.

Che cosa c’è di vero

Remo è un personaggio inventato, ma la sua storia è quella di tanti bambini che andavano a scuola negli anni Trenta, quando in Italia si era ormai affermata la dittatura di Mussolini e del Partito fascista, e studiavano sull’unico libro di testo approvato dal regime. Come sai dal capitolo 6, tra il 1921 e il 1922 i fascisti andavano casa per casa a minacciare e picchiare gli oppositori politici (come lo zio di Remo), riducendoli persino in fin di vita. Poi, una volta preso il potere, presentarono le vittime dei pestaggi come delinquenti e nemici della patria, mentre la loro unica colpa era stata quella di opporsi all’ascesa di Mussolini.

I tuoi pensieri

A tutti capita di sbagliare. Quando succede, come bisogna comportarsi?

entra nel capitolo 7

Perché te l’ho raccontato

Come leggerai nel capitolo, il regime fascista usava la scuola e le associazioni giovanili, come quella dei balilla, per trasmettere i suoi valori ai bambini. Gli insegnanti dovevano giurare fedeltà al regime e insegnare ciò che diceva la propaganda: il Duce, come si faceva chiamare Mussolini, era paragonato ai grandi eroi della storia romana e presentato come il fondatore di un nuovo impero. I fascisti pensavano così di far crescere una generazione di italiani che non avrebbe mai messo in discussione le idee del fascismo.

Il regime fascista in Italia

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Ti racconto la Storia - volume 3
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Dal Novecento a oggi