Palestra di scrittura

prova G 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 ma nel 1968 più della metà degli studenti doveva lavorare per poter continuare gli studi. Alcuni trovavano supplenze nelle scuole, altri facevano i commessi o le baby-sitter, oppure lavoravano nei bar e nei ristoranti. Per loro era spesso impossibile frequentare le lezioni con una certa continuità e in assenza di altri tipi di insegnamento erano costretti a studiare a casa sui libri di testo. Non bisogna meravigliarsi se il numero degli studenti lavoratori che non superavano gli esami orali era particolarmente alto. Essere bocciati non significava dover lasciare l università, visto che non esisteva un limite di tempo entro cui uno studente doveva laurearsi; interveniva comunque un processo di demoralizzazione, e molti erano coloro che si ritiravano. Nel 1966 l 81 per cento di quanti avevano un diploma di scuola media superiore entrava nell università, e solo il 44 per cento riusciva a laurearsi. Il sistema educativo operava così una forma di selezione di tipo classista: l università era sì aperta a tutti, ma le probabilità che gli studenti più poveri riuscissero a ottenere la laurea erano esigue. Anche con la laurea non c era la sicurezza del posto di lavoro. L Italia aveva sempre avuto un numero eccessivo di diplomati, ma verso la fine degli anni 60 e nel corso dei 70 la situazione andò peggiorando. Molte aspirazioni, risvegliate dalle riforme compiute a metà degli anni 60, rimasero insoddisfatte. I figli del ceto medio urbano in espansione sperimentarono una serie di cocenti disillusioni. Le scuole erano sovraffollate e gli insegnanti malamente preparati, i corsi universitari erano ormai una sorta di corsa a ostacoli prolungata, mentre la società, nel suo insieme, restava incapace di garantire posti di lavoro di livello elevato a tutti coloro che terminavano gli studi. Queste erano le basi materiali per la rivolta, ma ve n erano altre, di tipo ideologico, di significato forse ancor più importante. Molti studenti della seconda metà degli anni 60 condividevano assai poco i valori dominanti nell Italia del «miracolo economico : l individualismo, il potere totalizzante della tecnologia, l esaltazione della famiglia; la stessa corsa ai consumi veniva giudicata da parecchi giovani come un fenomeno tutt altro che positivo. La possibilità di suonare e ascoltare musica rock, di vestire in modo diverso, di muoversi e viaggiare liberamente, era naturalmente gradita, ma non pochi erano spaventati dall ossessionante consumismo degli anni 60. Aldo Marchetti, uno dei primi studenti espulsi dall Università Cattolica di Milano, ricorda come per lui il «Sessantotto cominciò quando ascoltò il preside del suo liceo fare un ottimistico ritratto del futuro che attendeva i suoi alunni il ruolo che essi avrebbero avuto nella classe dirigente dell Italia contemporanea, in banca, nelle direzioni amministrative, in campo scientifico un quadro in aperto contrasto col senso di pessimismo e di frustrazione che il giovane Marchetti avvertiva confusamente dentro di sé. Questa generazione di studenti liceali leggeva Camus, Sartre, Pavese, Baudelaire; i loro eroi, se mai ne avevano, erano i ribelli non gli integrati. Questo senso di rifiuto trovò un fertile terreno di crescita nelle minoranze che contestavano le due ortodossie dominanti in Italia, quella cattolica e quella comunista. Il pontificato di Giovanni XXIII aveva prodotto nella Chiesa italiana un nuovo fermento di idee e di iniziative. L attenzione era rivolta, assai più che in passato, alla necessità di una maggiore giustizia sociale e alla formazione di comunità di base fondate su un forte senso di collettività e solidarietà. Nel 1967 don Lorenzo Milani, un prete cattolico del dissenso, pubblicò un libro straordinario, Lettera a una professoressa, in cui gli studenti della scuola di Barbiana di Vicchio nel Mugello, in provincia di Firenze, documentavano i pregiudizi di classe del sistema educativo e il trionfo dell individualismo nella nuova Italia: «Guai a chi vi tocca l Individuo. Il libero Sviluppo della Personalità è il vostro credo supremo. Della società e dei suoi bisogni non ve ne importa nulla Anche sugli 397

Palestra di scrittura
Palestra di scrittura