Palestra di scrittura

prova D 35 40 45 50 55 60 65 70 75 leggere o profonde, ma che al di là di queste oscillazioni semantiche dovrebbero sempre essere gentili e umane, tenere e accoglienti. Le parole cambiano il loro significato nella misura in cui cambiano gli stati d animo e le emozioni con cui le ascoltiamo, e cambiano nella misura in cui si crea, o non si crea, una sintonia emozionale, in particolare con le persone che abbiano ardente bisogno di aiuto. Certo, dovremmo sempre guardarci dal dire parole che non siano state prima filtrate dal cuore, che le renda capaci di divenire portatrici di speranza. Ma, ogni volta, il linguaggio delle parole si intreccia al linguaggio silenzioso del corpo vivente, dei volti e degli sguardi, del sorriso e delle lacrime, che ne sono (non dimentichiamolo mai) la scintillante espressione. Alle parole, al silenzio delle parole, non è possibile non assegnare una grande responsabilità nell influenzare i modi di essere emozionali, ma anche i modi di agire, delle persone alle quali ci rivolgiamo. Noi siamo di continuo responsabili delle parole che diciamo, e di quelle che dovremmo dire e non diciamo, così come siamo responsabili dei nostri gesti, e dei nostri gesti mancati, che non siano tenuti presenti nelle loro conseguenze. La responsabilità si nasconde in ogni azione, in ogni decisione e in ogni scelta, nostre e altrui. Siamo chiamati a rispondere al grido silenzioso di una persona che non ha nemmeno la forza, o il coraggio, di chiedere aiuto, e in questo non ci sono differenze fra la richiesta silenziosa di aiuto che un paziente rivolge ad un medico, e quella che ci rivolge un mendicante. Ma quante volte in una giornata ciascuno di noi è chiamato a rispondere a domande di aiuto, senza che ne avvertiamo l importanza o l urgenza? La premessa alla comprensione e alla conoscenza di questo bisogno di aiuto, al quale dovremmo sempre saper rispondere, è l attenzione, mirabilmente descritta da Simone Weil, nelle sue radicali fondazioni psicologiche e umane. Certo, è necessario che non ci si abbia mai a stancare di risalire dalla percezione immediata dei modi di essere e di comportarsi degli altri alla intuizione della loro vita interiore, dei loro stati d animo, delle loro fragilità, delle loro angosce, della loro tristezza e delle loro nostalgie; nella consapevolezza che le radici profonde di queste esperienze umane sono nascoste e si dischiudono solo se i nostri occhi sanno emozionarsi, e sanno guardare a quello che avviene in noi e fuori di noi. Se questo avvenisse, saremmo davvero in grado di riconoscere quanta sensibilità e quanta delicatezza, quanta mitezza e quanta tenerezza, quante attese e quante speranze ferite, anelanti a essere sanate, sono presenti nelle persone che stanno male, e sono fragili, e soffrono nell anima e nel corpo. Non lasciamoci distrarre, e non lasciamoci ingannare, dai fantasmi del pregiudizio, così ostinato e così inesauribile, che ci inducono a considerare le esperienze di fragilità, in particolare, come espressione di malattia, e non come forma di vita mediatrice di valori e degna di ascolto, di rispetto, di dialogo infinito e di attenzione, che fanno misteriosamente rifiorire la speranza anche nei deserti del dolore. Come non ribadire in ogni caso l importanza di armonizzare il linguaggio delle parole col linguaggio del silenzio e del corpo vivente, e di fare ogni sforzo nel conciliare emozioni e ragione, riflessione e intuizione, uscendo dalle cittadelle assediate del nostro io, e aprendole all incontro infinito con chi sta male e con chi sta bene, ma nella nostalgia di parole e di gesti che accrescano i confini della speranza: parola silenziosa dalla quale vorrei rinascesse infine l immagine di una psichiatria che sia apertura all altro, e sempre riconosca la dignità alta e inalienabile della sofferenza umana. 383

Palestra di scrittura
Palestra di scrittura