Palestra di scrittura

Verso la prima prova d esame 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 312 mondo abbia accettato di farsene carico significa che la pena di morte è diventata nel nostro tempo una questione di civiltà riguardante l umanità tutta intera. Non si può sottovalutare il significato di questa svolta nel dibattito che da due secoli e mezzo è iniziato sulla liceità della pena capitale. Dal punto di vista delle conseguenze pratiche, una svolta non è. invece una tappa di una tendenza, di un plurisecolare cammino che ha come destinazione il bando integrale della pena di morte dalla legislazione e dalla pratica di tutte le nazioni. I promotori della dichiarazione aspiravano a qualcosa di più di un indicazione morale a favore di politiche abolizioniste. Ma l intreccio degli interessi contrastanti ha indotto a, per così dire, accontentarsi d un risultato pratico minore. In secondo luogo, la risoluzione non ha valore giuridico cogente nemmeno per gli Stati che l hanno approvata. una dichiarazione morale che aspira a crescere nel tempo e ad espandersi fino ad abbracciare la coscienza di tutta l umanità. Nel frattempo, nella prospettiva della maturazione di una più risoluta volontà abolizionista, il documento delle Nazioni Unite si limita a proporre la moratoria, cioè la sospensione delle esecuzioni, in attesa di tempi più propizi. In secondo luogo, a dimostrazione del lungo percorso ancora da compiere, ci sono i numeri. La risoluzione è stata approvata con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti. Negli anni successivi, l adesione è aumentata di poche unità, e di recente, la Chiesa cattolica con un rescritto dell agosto 2018 ha superato l ambigua e possibilista sua posizione precedente, riformulando il passo del suo Catechismo (§ 226, dove si richiamava l insegnamento tradizionale che ammetteva «in casi di estrema gravità, la pena di morte ). Oggi si è pronunciata (non senza il dissenso dei tradizionalisti) nel senso dell inammissibilità senza eccezioni. Ma la maggioranza è ancora lontana anche solo dall avvicinarsi all unanimità. Tra i voti contrari ci sono quelli di Cina, Stati Uniti d America, Iraq, Iran, Pakistan, Arabia Saudita, Malesia, Vietnam. Il rapporto annuale di Amnesty International per il 2017 segnala dati incoraggianti soprattutto nell Africa subsahariana che contribuiscono a un bilancio globale a favore del decremento nell uso della pena di morte. Sono registrate almeno 993 esecuzioni in 23 stati, il 4 per cento in meno rispetto alle 1032 esecuzioni del 2016 e il 39 per cento in meno rispetto alle 1634 del 2015, il più alto numero dal 1989. Sono state emesse almeno 2591 condanne a morte in 53 Stati, rispetto al numero record di 3117 nel 2016. Amnesty International calcola che almeno 21.919 prigionieri siano in attesa di esecuzione nel mondo. Questi dati non comprendono le condanne a morte e le esecuzioni in Cina, oltre che in Malesia e Vietnam, che si ritiene siano state migliaia, ma i cui numeri sono considerati segreto di Stato. Per questo ogni stima è accompagnata da un almeno , poiché la pubblicità in questa materia è carente ed esiste quando la pena di morte viene utilizzata nel suo valore intimidatorio, non per esempio quando la sua motivazione è la lotta contro gli oppositori politici. Accanto a questi dati incerti, ve ne sono altri certi e preoccupanti: pena di morte applicata a reati connessi alla circolazione della droga; Stati che intendono reintrodurla dopo averla abolita o averne sospesa l esecuzione; sorgere di situazioni emergenziali nelle quali si affaccia l invocazione della soppressione di colpevoli di reati come lo stupro o l attentato alla sicurezza, invocazione dalla quale i governi forti che vanno diffondendosi in tutto il mondo sono particolarmente attratti, e alla seduzione della quale soprattutto le società dominate dall insicurezza, dalla paura, dall odio verso le minoranze sono particolarmente sensibili.

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