Saggi e discorsi letterari e civili

Saggi e discorsi letterari e civili

Il luogo comune che descrive Leopardi come estraneo e distaccato rispetto ai problemi politici e culturali del suo tempo è contraddetto dalla composizione di una serie di scritti ideati proprio per intervenire nel dibattito intellettuale dei primi decenni dell’Ottocento. Sono molte le testimonianze letterarie che documentano la passione ardente, etica e civile, che anima la sua personalità, al punto da spingerlo perfino, nei primi anni Trenta, a elaborare il progetto, poi abortito, di una pubblicazione giornalistica, “Lo Spettatore fiorentino”.

Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

Già nel luglio 1816, il diciottenne Leopardi aveva scritto e inviato una Lettera ai sigg. compilatori della “Biblioteca italiana”, con cui replicava all’invito rivolto agli italiani da Madame de Staël sulle pagine della stessa rivista a uscire dal provincialismo delle tradizioni culturali patrie e interessarsi agli sviluppi della letteratura europea. La lettera non era stata pubblicata; né migliore fortuna tocca al Discorso, composto nel 1818, sempre in difesa del Classicismo e in polemica con i molti letterati settentrionali (tra cui, in particolare, Ludovico di Breme) che avevano abbracciato la causa romantica. L’opera uscirà, postuma, nel 1906.

Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani

Scritta probabilmente nella primavera del 1824, quest’opera rappresenta una spietata diagnosi della situazione culturale italiana: l’autore lamenta un generale decadimento dei costumi e della società. Amaro e sconsolato è il resoconto sugli italiani, che egli considera un popolo senza morale, corrotto dall’ipocrisia e dal cinismo, indifferente e privo di passioni civili. Anche questo discorso sarà pubblicato postumo nel 1906.

Crestomazia italiana della prosa e Crestomazia italiana poetica

Pubblicate per l’editore milanese Stella rispettivamente nel 1827 e 1828, le due opere (il termine “crestomazia” è derivato dal greco e significa “antologia”, “raccolta di brani scelti”) rappresentano il risultato dell’attività di Leopardi lettore e critico. Di grande interesse è la scelta dei materiali poetici antologizzati, concentrata soprattutto sul Settecento, la cui produzione lirica influenza profondamente la scrittura leopardiana.

T5

Contro il realismo romantico

Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

In questo passo Leopardi contrappone la spontaneità della poesia antica nell’imitare la natura all’artificiosa riproduzione veristica che caratterizza la letteratura romantica. Secondo il poeta, l’arte non consiste nel descrivere le cose concrete così come sono, perfino negli aspetti più volgari ed esteriori, ma nel rappresentare gli stati d’animo e i sentimenti nella loro istintiva purezza.

Dalla qual cosa1 apparisce2 quanto s’ingannino i romantici pensando d’accrescer
pregio alla poesia con rendere la imitazione oltre ogni modo facile, e sottrarla
da ogni legge, e sostituire meglio che possono il vero in luogo del simile al vero,3
sì che vengono a scemare e quasi annullare il maraviglioso, e per conseguenza il
5      dilettoso dell’imitazione, il quale è tanto essenziale che tolto via, si può dire che
il diletto poetico parte si riduca alla metà, parte al niente. E in oltre imitando la
poesia massime4 romantica infinite cose che in natura non solamente non dilettano
anzi molestano, né possono dilettare altrimenti che imitate,5 il metterci
queste cose avanti agli occhi non tanto imitate quanto vere, non è né bizzarria,
10    né gusto singolare, né stranezza di opinioni, né fierezza né altro, ma pura e
pretta6 ignoranza, e grossezza di cervello.7 Credono i romantici che l’eccellenza
della imitazione si debba stimare solamente secondoch’ella8 è vicina al vero,
tanto che cercando lo stesso vero, si scordano quasi d’imitare, perché il vero non
può essere imitazione di se medesimo. Ma l’imitare semplicemente al vivo, e
15    del resto comeché sia,9 non è pur cosa facile ma triviale: imita ciascuno di noi
tutto giorno,10 imita il volgo principalmente, imitano le bertucce,11 imitava quel
buffone di Fedro quanto si può dire al naturale il grugnito del porco.12 Ma che
maraviglia deriva da questa sorta13 d’imitazioni? e quindi che diletto? Se la sentenza
dei romantici fosse vera, andrebbe fatto molto più conto delle balie che
20    dei poeti, e un fantoccio vestito d’abiti effettivi con parrucca, viso di cera, occhi
di vetro, varrebbe assai più che una statua del Canova o una figura di Raffaello.
[…] Ed io vedo, per esempio, che appresso i poeti antichi s’incontrano molto di
rado quei troncamenti e quelle interruzioni e sospensioni che i moderni fanno a
gara di seminarle da per tutto, empiendo le pagine di lineette o di punti; perché
25    stimavano che il vero nella poesia non si dovesse introdurre ma imitare, e che
l’imitare in guisa14 troppo facile, e uscire dalle leggi ordinarie della poesia non
accrescesse il diletto ma lo scemasse. Talmente che paragonando la poesia loro
a quella statua o figura dipinta ch’io dicea15 poco sopra, la poesia romantica, la
quale imita il calpestio de’ cavalli col trap trap trap, e il suono de’ campanelli col
30    tin tin tin,16 e così discorrendo, si può molto acconciamente17 rassomigliare a
quel fantoccio, o volete a un burattino che ha la mobilità da vantaggio. Che se
l’evidenza sola va cercata nelle imitazioni, perché non dismettiamo18 del tutto
questa materia disadattissima delle parole e dei versi, e non ci appigliamo a
quella scrittura di certi barbari ch’esprime i concetti dell’animo con figure in
35    vece di caratteri? anzi perché ciaschedun poeta in cambio di scrivere non inventa
qualche bella macchina la quale mediante diversi ingegni metta fuori di mano
in mano19 vedute e figure di qualsivoglia specie, e imiti il suono col suono, e
in breve, rappresentando ordinatamente quello che sarà piaciuto all’inventore,
non operi soltanto nella immaginativa ma eziandio20 ne’ sensi del non più lettore
40    ma spettatore e uditore e che so io?

 >> pagina 47 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Questo brano è utile per comprendere uno dei principali rimproveri mossi da Leopardi ai Romantici: secondo il poeta, essi ritengono che lo scopo della letteratura sia l’imitazione fredda e asettica della realtà sensibile, ma in questo modo spengono la spontaneità dell’immaginazione, schiacciandola sotto il peso della meccanica riproduzione del vero.

Leopardi non è certo contrario all’imitazione della natura: anzi, proprio attraverso questo processo si può suscitare nel lettore quella meraviglia e quel diletto, che costituiscono una insostituibile fonte di conforto e consolazione. Ma imitare la natura significa, spiega il poeta, imitare il simile al vero (r. 3), cioè il verosimile, non il vero basso e triviale della meschina quotidianità (il calpestio de’ cavalli col trap trap trap, e il suono de’ campanelli col tin tin tin, rr. 29-30). Invece i Romantici, che hanno smarrito il contatto autentico e spontaneo con la natura, sotterrata dalla civiltà e dal progresso, sopperiscono artificiosamente a tale distanza con una grossolana rappresentazione del mondo: duplicando anche le minime manifestazioni della realtà, essi hanno fatto in modo di scemare e quasi annullare il maraviglioso (r. 4) pur di ricercare una sedicente oggettività. Inoltre, il tentativo di destare il «sentimentale» riesce «manifestamente voluto», ostentato e dunque lontano dalla «celeste naturalezza», ossia da quella condizione privilegiata che nasce dalla vicinanza con la natura e da cui la grande poesia (come quella antica di autori come Omero e Virgilio) scaturisce in modo quasi istintivo.

A prima vista, l’assunto leopardiano può apparire contraddittorio: la polemica contro il Romanticismo si basa su quello stesso rifiuto dell’imitazione pedante che i Romantici addebitavano agli avversari fautori del Classicismo, e su un’aperta esigenza di primitiva, quasi fanciullesca spontaneità che gli stessi Romantici rivendicavano in opposizione all’immobile accademismo classicheggiante. In realtà, proprio quest’apparente anomalia costituisce la cifra originale della poetica leopardiana: classica nel vagheggiare un mondo naturale vitale e ricco di belle invenzioni, romantica nel suscitare liricamente le illusioni dell’immaginazione e della fantasia.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

Con quali argomenti Leopardi respinge la poetica realistica romantica?


A un certo punto del discorso, Leopardi chiama in causa l’opera artistica di Canova e di Raffaello. A quale proposito?


Nella parte finale del brano, il poeta descrive polemicamente alcune caratteristiche formali della poesia romantica. Quali?

Analizzare

Il testo presenta una serie di interrogative dirette. Qual è lo scopo retorico di tali domande?

Interpretare

Le pagine dei moderni sono piene di lineette o di punti (r. 24): a che cosa si riferisce Leopardi?

scrivere per...

esprimere

6 Leopardi nutriva grande ammirazione per l’antichità classica, greca e latina, ritenuta migliore del mondo a lui contemporaneo. Oggi qual è il rapporto con il mondo dell’antichità? È un modello ancora attuale e affascinante? Potremmo ancora affermare con il filosofo medievale Bernardo di Chartres che siamo «nani sulle spalle dei giganti»? Conosci libri, film, programmi televisivi o altro che ne parlino? Parlane in un testo argomentativo di circa 40 righe.

Il magnifico viaggio - Giacomo Leopardi
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