Il magnifico viaggio - volume 5

Quello di servo non è dunque un mestiere, un lavoro, ma una sorta di identità profonda. Sei come il gatto che ritorna anche se portato via dentro il sacco (rr. 81-82), gli dice scherzosamente don Predu. Efix non vuole saperne di porsi in un letto, che pure gli viene offerto, ma preferisce rimanere sulla stuoia, come un fedele cane da guardia: Mi lasci qui, donna Noemi mia [ ] Questo è il mio posto (rr. 62-63). E, poco più avanti, al medico: Tanto devo morire: mi lasci morire da servo (r. 102). Quasi sembra non voler morire per non incomodare le dame Pintor: egli si aggrappava alla vita solo perché aveva paura di deporre il suo peso in casa delle sue padrone (rr. 135-136). e quello di espiare L umanizzazione della natura L atteggiamento di Efix, il suo desiderio di mortificazione, non si spiega però soltanto sul piano sociale. Sembra infatti che ci sia in lui una volontà di soffrire che va ben oltre il suo ruolo di subalternità nei confronti delle padrone . La verità è che l uomo intende espiare una colpa che non ha mai confessato, cioè l uccisione, seppure preterintenzionale, del suo antico padrone don Zame. un fatto avvenuto molti anni prima, e che è stato all origine della successiva vita di penitenza del povero Efix. L uomo è stato sempre docile al suo destino, che sente fatalisticamente come fisso e immutabile, proprio come una canna al vento (rr. 12-13). come se la colpa di tanti anni prima un conto non aggiustato, che bisognava aggiustare (r. 173) lo trattenesse in vita, nella casa delle padrone . Per questo a un certo punto chiede del sacerdote. La scena della confessione non viene rappresentata né descritta, ma, dopo un ellissi, apprendiamo che il sacramento è stato amministrato (Dopo la confessione non parlò più, non si lamentò più, r. 181). Ora che si è tolto quel peso dalla coscienza, l anziano servo può finalmente morire in pace, non prima però di aver riepilogato in una frase sentenziosa la morale religiosa a cui ha improntato tutta la propria esistenza. Guardando il Crocifisso del rosario di madreperla dono di nozze di don Predu a Noemi, dice alla donna: Siamo nati per soffrire come Lui; bisogna piangere e tacere (r. 296). quello che lui ha fatto per tutta la vita. La sua morte avviene proprio nel giorno del matrimonio, quasi fosse un offerta sacrificale (il sacrificio di sé) utile a riparare un antico torto e a permettere una nuova fase di felicità alla famiglia Pintor. Le scelte stilistiche Finito il lungo girovagare di Efix, l ultima parte della sua vita si svolge nell immobilità del giaciglio che si è scelto per morire, all interno di casa Pintor. Tuttavia, allo spazio chiuso della cucina che lo ospita e che non viene neppure ripulita (come era consuetudine fare in occasione di una festa nuziale) per non disturbare il servo moribondo, si contrappone, nei sogni di Efix, lo spazio aperto della natura. Già prima del suo ritorno alla casa delle padrone il paesaggio veniva rappresentato in maniera liricizzante e visionaria: Verso sera il cielo si schiariva, tutto l argento delle miniere del mondo s ammucchiava a blocchi, a cataste sull orizzonte; operai invisibili lo lavoravano, costruivano case, edifizi, intere città, e subito dopo le distruggevano e rovine e rovine biancheggiavano allora nel crepuscolo, coperte di erbe dorate, di cespugli rosei; passavano torme di cavalli grigi e neri, un punto giallo brillava dietro un castello smantellato e pareva il fuoco di un eremita o di un bandito rifugiatosi lassù: era la luna che spuntava (rr. 21-27). Del resto, come è stato scritto, Efix «vive in fantastica dimestichezza con i folletti, i giganti della montagna, i santi del cielo, i morti, vivi e veri per lui come le persone del presente (Orsola Nemi). La stessa modalità di raffigurazione della natura in una chiave animata e antropomorfizzata segna poi la fantasticheria del delirio di Efix morente: Le canne frusciavano, piegandosi fino a lui per toccarlo, per lambirlo con le foglie che avevano qualche cosa di vivo, come dita, come lingue. E gli parlavano, e una gli pungeva l orecchio perché sentisse meglio (rr. 196-198). , questa, una costante della narrativa di Grazia Deledda, che coglie negli elementi naturali, tutti percorsi da fremiti e presentimenti, la suggestiva presenza di entità misteriose: segno del superamento di una rappresentazione puramente veristica dell ambiente, nella direzione invece di aperture decisamente simbolistiche e decadenti. Per questo si è parlato, a proposito dell opera deleddiana, di un naturalismo spirituale , in cui predomina, sugli elementi oggettivi, il senso dell occulto e dell arcano. 650 / IL SECONDO OTTOCENTO

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento