T6 ANALISI ATTIVA - Davanti San Guido

T6

Davanti San Guido

Rime nuove, 72

Il componimento è ispirato da un viaggio in treno compiuto da Carducci nell’estate del 1874 da Civitavecchia a Livorno: la vista dei luoghi dell’infanzia suscita in lui il desiderio di rievocare la felicità della giovinezza, ormai perduta con l’avvicinarsi della vecchiaia. La stesura del testo avviene in due momenti differenti: al dicembre del 1874 risalgono le prime venti quartine (edite nell’edizione delle Poesie del 1878 con il titolo I cipressi di San Guido); i versi restanti vengono scritti nell’agosto del 1886 e pubblicati l’anno dopo in Rime nuove.


METRO Quartine di endecasillabi a rime alternate (ABAB).

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti

van da San Guido in duplice filar,

quasi in corsa giganti giovinetti

mi balzarono incontro e mi guardâr.


5      Mi riconobbero, e – Ben torni omai –

bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino –

Perché non scendi? perché non ristai?

Fresca è la sera e a te noto il cammino.


Oh sièditi a le nostre ombre odorate

10    ove soffia dal mare il maestrale:

ira non ti serbiam de le sassate

tue d’una volta: oh, non facean già male!


Nidi portiamo ancor di rusignoli:

deh perché fuggi rapido così?

15    Le passere la sera intreccian voli

a noi d’intorno ancora. Oh resta qui! –


– Bei cipressetti, cipressetti miei,

fedeli amici d’un tempo migliore,

oh di che cuor con voi mi resterei –

20    Guardando io rispondeva – oh di che cuore!


Ma, cipressetti miei, lasciatem’ire:

or non è più quel tempo e quell’età.

Se voi sapeste!… via, non fo per dire,

ma oggi sono una celebrità.

25    E so legger di greco e di latino,

e scrivo e scrivo, e ho molte altre virtù:

non son più, cipressetti, un  birichino,

e sassi in specie non ne tiro più.


E massime a le piante. – Un mormorio

30    pe’ dubitanti vertici ondeggiò,

e il dì cadente con un ghigno pio

tra i verdi cupi roseo brillò.


Intesi allora che i cipressi e il sole

una gentil pietade avean di me,

35    e presto il mormorio si fe’ parole:

– Ben lo sappiamo: un pover uomo tu se’.


Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse

che rapisce de gli uomini i sospir,

come dentro al tuo petto eterne risse

40    ardon che tu né sai né puoi lenir.


A le querce ed a noi qui puoi contare

l’umana tua tristezza e il vostro duol.

Vedi come pacato e azzurro è il mare,

come ridente a lui discende il sol!


45    E come questo occaso è pien di voli,

com’è allegro de’ passeri il garrire!

A notte canteranno i rusignoli:

rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;


i rei fantasmi che da’ fondi neri

50    de i cuor vostri battuti dal pensier

guizzan come da i vostri cimiteri

putride fiamme innanzi al passegger.


Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,

che de le grandi querce a l’ombra stan

55    ammusando i cavalli e intorno intorno

tutto è silenzio ne l’ardente pian,

ti canteremo noi cipressi i cori

che vanno eterni fra la terra e il cielo:

da quegli olmi le ninfe usciran fuori

60    te ventilando co ’l lor bianco velo;


e Pan l’eterno che su l’erme alture

a quell’ora e ne i pian solingo va

il dissidio, o mortal, de le tue cure

ne la diva armonia sommergerà. –


65    Ed io – Lontano, oltre Apennin, m’aspetta

la Tittì – rispondea –; lasciatem’ire.

È la Tittì come una passeretta,

ma non ha penne per il suo vestire.


E mangia altro che bacche di cipresso;

70    né io sono per anche un manzoniano

che tiri quattro paghe per il lesso.

Addio cipressi! addio, dolce mio piano! –


– Che vuoi che diciam dunque al cimitero

dove la nonna tua sepolta sta? –

75    E fuggìano, e pareano un corteo nero

che brontolando in fretta in fretta va.


Di cima al poggio allor, dal cimitero,

giù de’ cipressi per la verde via,

alta, solenne, vestita di nero

80    parvemi riveder nonna Lucia:


la signora Lucia, da la cui bocca,

tra l’ondeggiar de i candidi capelli,

la favella toscana, ch’è sì sciocca

nel manzonismo de gli stenterelli,

85    canora discendea, co ’l mesto accento

de la Versilia che nel cuor mi sta,

come da un sirventese del trecento,

piena di forza e di soavità.


O nonna, o nonna! deh com’era bella

90    quand’ero bimbo! ditemela ancor,

ditela a quest’uom savio la novella

di lei che cerca il suo perduto amor!


– Sette paia di scarpe ho consumate

di tutto ferro per te ritrovare:

95    sette verghe di ferro ho logorate

per appoggiarmi nel fatale andare:


sette fiasche di lacrime ho colmate,

sette lunghi anni, di lacrime amare:

tu dormi a le mie grida disperate,

100 e il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. –


Deh come bella, o nonna, e come vera

è la novella ancor! Proprio così.

E quello che cercai mattina e sera

tanti e tanti anni in vano, è forse qui,


105 sotto questi cipressi, ove non spero,

ove non penso di posarmi più:

forse, nonna, è nel vostro cimitero

tra quegli altri cipressi ermo là su.


Ansimando fuggìa la vaporiera

110 mentr’io così piangeva entro il mio cuore;

e di polledri una leggiadra schiera

annitrendo correa lieta al rumore.


Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo

rosso e turchino, non si scomodò:

115 tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo

e a brucar serio e lento seguitò.

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ANALISI ATTIVA

I contenuti tematici

L’ispirazione della poesia nasce da una situazione autobiografica. Durante un viaggio in treno, Carducci rivede dopo tanto tempo i luoghi che hanno fatto da teatro alla sua spensierata giovinezza, nel cuore della Maremma toscana. Preso dalla commozione, egli sente l’esigenza, ora che sta diventando vecchio, di riprendere il dialogo immaginario con gli amati cipressi, compagni di una stagione della vita felice e irripetibile, che tentano di convincerlo a rimanere con loro per ammirare, come da bambino, i voli degli uccelli al tramonto, l’azzurro del mare, i cavalli all’ombra delle querce. Tuttavia, proprio il tornare indietro nel tempo suscita nel poeta la triste consapevolezza che quella fuga sull’onda piacevole dei ricordi è un’effimera illusione: il passato non si ripresenterà ed egli ora non può più trattenersi in quei luoghi, perché lo attendono le preoccupazioni della vita reale, le esigenze della sua famiglia, una figlia bisognosa di assistenza.

1. Qual è l’atteggiamento dei cipressi nei confronti del poeta?

2. Quale immagine del giovane poeta emerge dalle parole dei cipressi?

Ora, in un tempo che sembra costringerlo ai bilanci di un’intera vita, l’autore può affermare con autoironia di essere un poeta celebrato, ancora capace di passioni autentiche, pronto a lanciare sassi (v. 28) contro gli avversari di sempre; al tempo stesso, però, sente di dover ammettere il proprio fallimento di uomo, che cede alla commossa autocommiserazione poiché si vede avviato al tramonto, dimentico della genuinità magnanima della giovinezza, pover uomo (v. 36) costretto a vivere tra le preoccupazioni di un’esistenza artificiosa, quando la felicità da sempre agognata era lì, a portata di mano, nella semplicità della campagna.

3. Qual è il significato dell’espressione Se voi sapeste… (v. 23)? Che cosa indicano, in particolare, i puntini di sospensione?


4. Quale autoritratto di sé adulto delinea il poeta?

La meditazione del poeta tratteggia dunque una sorta di disincantata riflessione sul senso della vita. Perdute l’innocenza e la speranza della felicità, Carducci arriva a comprendere la triste verità nascosta dietro la favola ascoltata da bambino dalla voce di nonna Lucia: la storia della fanciulla che cerca invano l’amore perduto gli si rivela come il simbolo della sua stessa vita, spesa a dar forma ai vani fantasmi di desideri irraggiungibili. Non gli rimane che rassegnarsi alla sola tranquillità che gli sarà concesso provare: quella della morte, quando finalmente pacificato riposerà sotto l’ombra dei cipressi, in quello stesso cimitero in cui è sepolta la nonna.

L’immagine conclusiva, infine, chiude con un vago sapore ironico il bilancio dell’esistenza del poeta: un tempo egli avrebbe potuto essere come i tanti allegri puledri che corrono lieti e fiduciosi per salutare nitrendo il rumore del treno, allegoria dell’aspirazione giovanile al successo e delle seducenti promesse del futuro. Adesso egli è invece più simile all’asin bigio (v. 113) che, sordo alle illusioni e ai richiami ingannevoli della locomotiva a vapore, rimane a rosicchiare un cardo, una pianta dai bei fiori ma piena di spine, e si accontenta del necessario, indifferente al succedersi degli eventi.

5. Come vengono definite, dai cipressi, le inquietudini che attraversano l’animo del poeta? A che cosa sono paragonate?


6. Perché, secondo te, Carducci inserisce una fiaba popolare nel suo componimento?


7. Quali età della vita e atteggiamenti verso di essa rappresentano, rispettivamente, i puledri e l’asino bigio?

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Il tono lirico (e a tratti patetico) della poesia è interrotto in due diversi momenti da riferimenti alle battaglie letterarie, a cui Carducci non sa rinunciare neanche quando la sua poesia si distende su un registro sentimentale.

Le frecciate sono indirizzate a Manzoni, ma soprattutto ai suoi epigoni, chiamati in causa una prima volta ai vv. 70-71 per la loro abilità nell’arricchirsi sfruttando le mode letterarie, contro le quali si batte invece l’autore, disposto – secondo un suo tipico “autoritratto” – a rinunciare agli agi pur di difendere il proprio anticonformismo e la propria libertà artistica. Qualche verso più avanti, la polemica da morale diventa linguistica: mentre la favella toscana (v. 83) di nonna Lucia risuonava melodiosa come un canto, quella dei manzoniani (il manzonismo de gli stenterelli, v. 84) risulta falsa e convenzionale, adatta più che alla letteratura alla comica parlata dialettale di maschere sguaiate come Stenterello.

8. In quali versi si fa riferimento alle difficili condizioni economiche del poeta?

Le scelte stilistiche

Il succedersi continuo dei motivi presenti nella poesia trova riscontro, a livello espressivo, nell’alternarsi dei registri stilistici, che le conferiscono di volta in volta un tono ora elegiaco, ora dimesso e familiare, ora satirico. Vale la pena segnalare qualche esempio, nella parte iniziale del dialogo tra i cipressi e il poeta. Già al principio del discorso dei primi, dal v. 5 al v. 16, a fianco di espressioni liriche e sentimentali (Fresca è la sera e a te noto il cammino, v. 8; Nidi portiamo ancor di rusignoli, v. 13; Le passere la sera intreccian voli, v. 15), compaiono forme più colorite e prosaiche, non prive di umorismo (come quando si fa cenno alle sassate giovanili, vv. 11-12), e domande ed esclamazioni di timbro realistico e quotidiano (deh perché fuggi rapido così?, v. 14; Oh resta qui, v. 16). La risposta del poeta rimane sullo stesso binario dell’intima colloquialità, come si vede nell’iterazione del termine cipressetti (due volte al v. 17, poi ancora ai vv. 21 e 27) e dall’anafora delle congiunzioni avversative e coordinative (ma, vv. 21 e 24; e, vv. 25, 26 e 28).

Più avanti, mentre i cipressi descrivono i luoghi dell’adolescenza del poeta, rilanciando immagini ricche di suggestioni liriche (vv. 43-47), l’interlocutore risponde ancora abbassando il livello comunicativo su un piano immediato: il riferimento agli impegni domestici (m’aspetta / la Tittì, vv. 65-66), alla difficoltà del vivere (la figlia non ha penne per il suo vestire, v. 68) e alla bassezza delle polemiche letterarie (né io sono per anche un manzoniano, v. 70) comunica con efficacia il senso di un’esistenza amara e sofferta.

9. Individua nel testo i riferimenti mitologici che contribuiscono all’innalzamento del tono.


10. Al v. 32 l’espressione verdi cupi indica le fronde degli alberi. Di quale figura retorica si tratta?

  • a Metafora. 
  • b Similitudine.
  • c Metonimia.
  • d Asindeto.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento