T4 ANALISI ATTIVA - L’incontro con Parini

T4

L’incontro con Parini

Ultime lettere di Jacopo Ortis, Parte seconda

Quando fuggì esule, dopo il trattato di Campoformio, a Milano Foscolo incontrò Parini. Nel brano che riportiamo egli immagina che anche Jacopo, durante una delle sue peregrinazioni, incontri il «vecchio venerando» una sera presso i tigli di Porta Orientale. Si tratta di un momento molto importante del romanzo: l’incontro di Jacopo con Parini segna infatti la conclusione del percorso ideologico del protagonista, ormai irrimediabilmente dominato dal senso di delusione storica; non a caso comincia a presentarsi alla sua mente l’idea del suicidio.

Milano, 4 Dicembre
[…] Jer sera dunque io passeggiava con quel vecchio venerando1 nel sobborgo
orientale della città sotto un boschetto di tigli. Egli si sosteneva da una parte sul
mio braccio, dall’altra sul suo bastone: e talora guardava gli storpj suoi piedi, e
poi senza dire parola volgevasi a me, quasi si dolesse di quella sua infermità, e mi
5      ringraziasse della pazienza con la quale io lo accompagnava. S’assise sopra uno di
que’ sedili2 ed io con lui: il suo servo ci stava poco discosto. Il Parini è il personaggio
più dignitoso e più eloquente ch’io m’abbia mai conosciuto; e d’altronde un
profondo, generoso, meditato dolore a chi non dà somma eloquenza? Mi parlò a
lungo della sua patria, e fremeva e per le antiche tirannidi e per la nuova licenza.3
10    Le lettere prostituite;4 tutte le passioni languenti e degenerate in una indolente
vilissima corruzione: non più la sacra ospitalità, non la benevolenza, non più l’amore
figliale – e poi mi tesseva gli annali recenti,5 e i delitti6 di tanti uomiciattoli
ch’io degnerei di nominare, se le loro scelleraggini mostrassero il vigore d’animo,
non dirò di Silla e di Catilina,7 ma di quegli animosi masnadieri8 che affrontano
15    il misfatto quantunque e’ si vedano presso il patibolo9 – ma ladroncelli, tremanti,
▶ saccenti – più onesto insomma è tacerne. – A quelle parole io m’in- fiammava
di un sovrumano furore, e sorgeva gridando: Ché non si tenta? morremo? ma
frutterà dal nostro sangue10 il vendicatore. – Egli mi guardò attonito: gli occhi
miei in quel dubbio chiarore11 scintillavano spaventosi, e il mio dimesso e pallido
20    aspetto si rialzò con aria minaccevole – io taceva, ma si sentiva ancora un fremito
rumoreggiare cupamente dentro il mio petto. E ripresi: Non avremo salute12 mai?
ah se gli uomini si conducessero sempre al fianco la morte,13 non servirebbero sì
vilmente. – Il Parini non apria bocca; ma stringendomi il braccio, mi guardava
ogni ora più fisso. Poi mi trasse, come accennandomi perch’io tornassi a sedermi:
25    E pensi, tu, proruppe, che s’io discernessi un barlume di libertà, mi perderei ad
onta14 della mia inferma vecchiaja in questi vani lamenti? o giovine degno di patria
più grata! se non puoi spegnere quel tuo ardore fatale,15 ché non lo volgi ad
altre passioni?
Allora io guardai nel passato – allora io mi voltava avidamente al futuro, ma io
30    errava sempre nel vano e le mie braccia tornavano deluse senza pur mai stringere
nulla;16 e conobbi tutta tutta la disperazione del mio stato. Narrai a quel generoso
Italiano la storia delle mie passioni, e gli dipinsi Teresa come uno di que’ genj
celesti17 i quali par che discendano a illuminare la stanza tenebrosa di questa vita.
E alle mie parole e al mio pianto, il vecchio pietoso più volte sospirò dal cuore
35    profondo. – No, io gli dissi, non veggo più che il sepolcro: sono figlio di madre
affettuosa e benefica; spesse volte mi sembrò di vederla calcare tremando le mie
pedate18 e seguirmi fino a sommo il monte,19 donde io stava per diruparmi,20 e
mentre era quasi con tutto il corpo abbandonato nell’aria – essa afferravami per
la falda21 delle vesti, e mi ritraeva, ed io volgendomi non udiva più che il suo
40    pianto. Pure s’ella – spiasse22 tutti gli occulti miei guai,23 implorerebbe ella stessa
dal Cielo il termine degli ansiosi miei giorni. Ma l’unica fiamma vitale che anima
ancora questo travagliato mio corpo, è la speranza di tentare la libertà della patria.
– Egli sorrise mestamente; e poiché s’accorse che la mia voce infiochiva,24 e i miei
sguardi si abbassavano immoti sul suolo, ricominciò: – Forse questo tuo furore di
45    gloria potrebbe trarti a difficili imprese; ma – credimi; la fama degli eroi spetta un
quarto alla loro audacia; due quarti alla sorte; e l’altro quarto a’ loro delitti. Pur se
ti reputi bastevolmente25 fortunato e crudele per aspirare a questa gloria, pensi tu
che i tempi te ne porgano i mezzi? I gemiti di tutte le età,26 e questo giogo27 della
nostra patria non ti hanno per anco28 insegnato che non si dee aspettare libertà
50    dallo straniero? Chiunque s’intrica29 nelle faccende di un paese conquistato30 non
ritrae31 che il pubblico danno, e la propria infamia.32 Quando e doveri e diritti
stanno su la punta della spada, il forte scrive le leggi col sangue e pretende il sacrificio
della virtù. E allora? avrai tu la fama e il valore di Annibale che profugo
cercava per l’universo un nemico al popolo Romano?33 – Né ti sarà dato di essere
55    giusto impunemente. Un giovine dritto e bollente di cuore,34 ma povero di ricchezze,
ed incauto d’ingegno quale sei tu, sarà sempre o l’ordigno35 del fazioso, o
la vittima del potente. E dove36 tu nelle pubbliche cose possa preservarti incontaminato
dalla comune bruttura,37 oh! tu sarai altamente laudato; ma spento poscia
dal pugnale notturno della calunnia;38 la tua prigione sarà abbandonata da’ tuoi
60    amici, e il tuo sepolcro degnato appena di un secreto sospiro. – Ma poniamo che
tu superando e la prepotenza degli stranieri e la malignità de’ tuoi concittadini e la
corruzione de’ tempi, potessi aspirare al tuo intento; di’? spargerai tutto il sangue
col quale conviene nutrire una nascente repubblica? arderai le tue case con le faci39
della guerra civile? unirai col terrore i partiti? spegnerai con la morte le opinioni?
65    adeguerai con le stragi le fortune?40 ma se tu cadi tra via,41 vediti esecrato42 dagli
uni come demagogo, dagli altri come tiranno. Gli amori della moltitudine sono
brevi ed infausti;43 giudica, più che dall’intento, dalla fortuna;44 chiama virtù il
delitto utile, e scelleraggine l’onestà che le pare dannosa; e per avere i suoi plausi,45
conviene o atterrirla, o ingrassarla, e ingannarla sempre. E ciò sia. Potrai tu
70    allora inorgoglito dalla sterminata fortuna reprimere in te la libidine del supremo
potere che ti sarà fomentata e dal sentimento della tua superiorità, e della conoscenza
del comune avvilimento?46 I mortali47 sono naturalmente schiavi, naturalmente
tiranni, naturalmente ciechi. Intento tu allora a puntellare il tuo trono, di
filosofo saresti fatto tiranno;48 e per pochi anni di possanza e di tremore,49 avresti
75    perduta la tua pace, e confuso il tuo nome fra la immensa turba dei despoti. – Ti
avanza ancora un seggio fra’ capitani;50 il quale si afferra per mezzo di un ardire
feroce, di una avidità che rapisce per profondere, e spesso di una viltà per cui si
lambe la mano che t’aita a salire.51 Ma – o figliuolo! L’umanità geme al nascere di
un conquistatore; e non ha per conforto se non la speranza di sorridere su la sua
80    bara. – Tacque – ed io dopo lunghissimo silenzio esclamai: O Cocceo Nerva!52 tu
almeno sapevi morire incontaminato. – Il vecchio mi guardò – Se tu né speri, né
temi fuori di questo mondo – e mi stringeva la mano – ma io!53 – Alzò gli occhi
al Cielo, e quella severa sua fisionomia si raddolciva di soave conforto, come s’ei
lassù contemplasse tutte le tue speranze. – Intesi un calpestio che s’avanzava verso
85    di noi; e poi travidi54 gente fra’ tiglj; ci rizzammo;55 e l’accompagnai sino alle sue
stanze. […]
8 Febbraro, ore 3
Sono andato a dire addio al Parini. – Addio, mi disse, o giovine sfortunato. Tu
porterai da per tutto e sempre con te le tue generose passioni alle quali non potrai
soddisfare giammai. Tu sarai sempre infelice. Io non posso consolarti co’ miei
90    consiglj, perché neppure giovano alle sventure mie derivanti dal medesimo fonte.
Il freddo dell’età ha intorpidito le mie membra; ma il cuore – veglia ancora. Il solo
conforto ch’io possa darti è la mia pietà: e tu la porti tutta con te. Fra poco io non
vivrò più, ma se le mie ceneri serberanno alcun sentimento – se troverai qualche
sollievo querelandoti56 su la mia sepoltura, vieni. – Io proruppi in dirottissime
95    lagrime,57 e lo lasciai: ed uscì seguendomi con gli occhi mentr’io fuggiva per quel
lunghissimo corridojo, e intesi che ei tuttavia mi diceva con voce piangente – 
addio.

 >> pagina 79 

ANALISI ATTIVA

I contenuti tematici

Jacopo e Parini sono accomunati dalla condanna della corruzione dei tempi presenti derivante dalla dominazione straniera e dal profondo desiderio di giustizia. Tuttavia appaiono da subito evidenti alcune differenze tra i due interlocutori. Si tratta innanzitutto di differenze caratteriali. Jacopo è un giovane idealista, inquieto, irruento, un ribelle tutto proteso all’azione, un eroe solitario, dai tratti alfieriani, refrattario ai compromessi. Parini è un uomo anziano, saggio, pacato, dotato di una visione più disincantata della realtà, incline a una riflessione capace di ponderare i diversi aspetti delle questioni; il suo è il distacco del sapiente, che conosce l’ineluttabilità di certe tristi dinamiche umane.

Ci sono poi anche alcune differenze ideologiche: proprio in virtù dell’irruenza giovanile di cui si diceva, Jacopo vorrebbe mettere presto in atto i suoi propositi, e si duole dell’impossibilità di farlo. Parini, invece, demistifica la retorica dell’eroismo: La fama degli eroi spetta un quarto alla loro audacia; due quarti alla sorte; e l’altro quarto a’ loro delitti (rr. 45-46). Il suo cristianesimo lo porta ad aborrire la violenza, e dunque, tanto più in quanto memore del recente terrore giacobino, a condannare la scelta rivoluzionaria (che peraltro giudica sterile e velleitaria): di’? spargerai tutto il sangue col quale conviene nutrire una nascente repubblica? (rr. 62-63). Al tempo stesso, però, anche nel discorso di Parini confluiscono idee antitiranniche di matrice alfieriana: L’umanità geme al nascere di un conquistatore; e non ha per conforto se non la speranza di sorridere su la sua bara (rr. 78-80). Del resto – come si diceva – comune ai due interlocutori è il superiore intento politico-civile: l’affermazione dell’indiscusso valore della libertà.

 >> pagina 80 

1. Quali sono i valori di cui Parini deplora la scomparsa?


2. Individua gli exempla tratti dalla storia romana: qual è la loro funzione?


3. Analizza il lessico utilizzato da Jacopo e da Parini, evidenziando le differenze (riporta opportuni esempi tratti dal testo).


4. In quale punto del testo fa capolino l’idea del suicidio?


5. Spiega il significato della seguente frase di Parini: Quando e doveri e diritti stanno su la punta della spada, il forte scrive le leggi col sangue e pretende il sacrificio della virtù (rr. 51-53).


6. Individua nel testo le interrogative retoriche e le anafore e poi spiega qual è la funzione di tali figure.

Foscolo conobbe personalmente Parini fra il novembre del 1797 e l’agosto del 1798, anche se lo scrittore, rievocando l’incontro in una delle sue lezioni pavesi, anticiperà l’avvenimento al 1796, probabilmente per conferire all’autore del Giorno un ruolo più determinante nella propria formazione letteraria: particolare che mette in luce l’importanza attribuita da Foscolo a Parini e la stima che egli nutriva nei suoi confronti. Foscolo scrive qui e ne scriverà più tardi nei Sepolcri (vv. 53-77), dove traccia una commossa “orazione funebre” del poeta, la cui ignota sepoltura equivale a una mancata occasione per trasmettere i valori da lui insegnati. Tutto ciò contribuì in maniera determinante a costruire di questo autore un vero e proprio “mito”, destinato ad affermarsi e a diffondersi durante tutto il Risorgimento (insieme, per motivi analoghi, a quello dello stesso Foscolo).

Già nel brano dell’Ortis, Parini è, di fatto, un personaggio di invenzione letteraria: il suo essere claudicante sembra rimandare all’autoritratto che il poeta lombardo aveva tracciato di sé stesso nell’ode La caduta. Il Parini foscoliano non è più il fine letterato e raffinato poeta che emerge dalle testimonianze dei suoi contemporanei (non c’è nulla della sua ironia e della sua moderazione), bensì un autentico eroe della resistenza, un uomo «innalzato a campione dei più profondi ideali patriottici, di fieri sdegni contro le tirannidi e di animosa rivolta contro lo straniero» (Caretti).

7. Individua gli aggettivi che vengono usati per descrivere Parini.


8. Quale atteggiamento mostra Jacopo verso la difficoltà fisica di Parini?


9. Quali insegnamenti trasmette Parini a Jacopo rispetto alla libertà, alla giustizia e all’atteggiamento delle masse?


10. Che senso ha l’accenno di Parini alla propria sepoltura, al momento del commiato da Jacopo?


11. Scrivere per esporre Non è difficile scorgere – dietro l’immagine di chi, inorgoglito dalla sterminata fortuna (r. 70), aspira a un potere senza limiti – un’allusione a Napoleone. Facendo riferimento a quanto hai finora studiato, illustra in un testo di circa 30 righe il rapporto tra il poeta e il condottiero, sottolineando come e perché esso evolva nel tempo.


12. Scrivere per raccontare C’è, nella tua vita, una persona che consideri autorevole e con la quale trovi utile confrontarti sulle questioni importanti, per riceverne consiglio e orientamento? Parlane in un testo di circa 30 righe.

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento