Pagine di realtà - Un’idea di patria

Educazione CIVICA – Pagine di realtà

Un’idea di patria

Che cosa significa oggi la parola “patria”? Quali sono i valori che associamo a questo concetto, per il quale vive, combatte e muore Jacopo Ortis? Qualche anno fa, mentre gli Stati nazionali iniziavano il processo di integrazione europea – un processo tuttora difficile e complesso –, uno dei maggiori intellettuali italiani, Claudio Magris (n. 1939), pubblicava sul “Corriere della Sera” un articolo ancora oggi di estrema attualità, rivendicando il senso di un’idea di patria inclusivo e lontano da ogni strumentalizzazione nazionalistica.

“Durante le guerre napoleoniche, un arciduca e generale austriaco aveva esortato i soldati, in un proclama, a combattere per la Patria. La corte imperiale censurò quel proclama, considerandolo sovversivo. La Patria era un pericoloso concetto rivoluzionario, affermato dalla Francia; i soldati austriaci dovevano combattere per la Casa d’Asburgo, per il loro signore. Invero, Maria Teresa e Giuseppe II, i grandissimi sovrani innovatori, avevano sostituito al vecchio ideale famigliare-dinastico quello dello Stato di cui il monarca non è il padrone bensì il primo servitore, ma la grande stagione dell’Illuminismo riformatore era passata, e l’imperatore Francesco, che combatteva contro Napoleone, era un reazionario e, in quanto tale, antipatriottico.

La Patria presuppone cittadini, non sudditi o servi; il tricolore italiano deriva, almeno in parte, da quello della Rivoluzione francese, delle tre grandi parole di libertà, uguaglianza e fraternità. La carica libertaria dell’idea di Patria e di nazione sbandierata dalla Rivoluzione francese fu assai presto pervertita, a cominciare dalla stessa Francia rivoluzionaria che, proclamandone l’universalità, pretese di esserne l’incarnazione.

L’amor di Patria è presto degenerato in aggressiva negazione delle Patrie altrui; il principio di nazionalità si è spesso scisso dai movimenti liberali cui era inizialmente unito, e si è degradato in nazionalismo, che ha infiammato le masse, scatenato violenze – che ai nostri giorni rinascono con criminosa imbecillità – e favorito la mobilitazione totalitaria dei popoli e i regimi dittatoriali.

Strumentalizzato o vilipeso, involontariamente ridicolizzato dalla retorica patriottarda o irriso con petulanza ideologica, il giusto senso di Patria è minacciato dalla sua abietta caricatura nazionalista e dalla puberale regressione particolaristica a presunte radici etniche, dal micronazionalismo di campanile incapace di vedere il paese vicino e il mondo. L’idea corretta di nazione ha un respiro universale, e l’idea di una peculiarità in cui si realizza, come in molte altre, l’umanità. Herder, il grande scrittore illuminista e preromantico tedesco, vedeva l’umanità come un grande albero, di cui le nazioni erano i rami, le foglie, i fiori e i frutti, ognuno con la sua necessaria e feconda diversità, ma anche necessario agli altri, come ogni voce in un coro ben intonato. La particolarità – ha scritto Predrag Matvejević,1 opponendosi al delirio del nazionalismo etnico – non è ancora un valore; è la premessa del valore, che si realizza nel superamento di ogni immediatezza e di ogni idolatrico feticismo dell’identità. L’Italia di Mazzini è una Patria, l’amore per la quale è inseparabile da quello per l’Europa e per l’umanità.

Il nazionalismo e il municipalismo sono egualmente antipatriottici perché sono entrambi particolaristici, ringhiosamente chiusi e ottusi, incapaci di pensare e sentire all’ingrande, in termini universali. L’autentico patriottismo sa trascendersi: Miłosz, il grande poeta polacco, ricorda il dovere di difendere la propria nazione quando essa è minacciata, ma di impedire che questo valore venga assolutizzato e diventi dominante, facendo scordare quelli più alti, universali-umani.

Anche la famiglia è un valore se, nella sua piccola cerchia, apre l’individuo al senso grande del comune destino degli uomini; se invece si chiude in una livida e linda grettezza egoistica, non è più la culla ma la repressione dell’universale-umano, un pannolino igienico che non ci si toglie mai e che impedisce di crescere e di amare.

[…]

Dante diceva che a furia di bere l’acqua dell’Arno aveva appreso ad amare fortemente Firenze, ma aggiungeva che la nostra Patria è il mondo, come il mare per i pesci. Quelle due acque, il fiume casalingo e l’Oceano universale, si integrano a vicenda; la Patria è questo legame fra la particolarità del luogo natio e l’orizzonte del mondo.

Noventa2 scrive le sue grandi poesie in dialetto non certo per rifiutare l’italiano, ma perché quel linguaggio, in quel momento, è il suo spontaneo modo di essere. Le autorità locali che usano artificiosamente il dialetto in modo reattivo, per far dispetto alla fascia tricolore, oltraggiano non il tricolore, ma il dialetto degradato a pacchiano e bizzoso folclore.

La Patria non si identifica necessariamente con una nazione. Sono esistiti ed esistono Stati plurinazionali, che garantiscono le diversità in cui gli individui e le diverse comunità si riconoscono e trovano una dimora abituale nella vita, una realtà in cui sentirsi a casa nel mondo.

La lingua tedesca contrappone all’aggressivo Vaterland la Heimat, la Patria intesa quale casa natale – quella casa natale, diceva l’immaginoso marxista Ernst Bloch, in cui nessuno è ancora veramente stato, perché la vera Patria, la vera casa natale della vita è un mondo liberato dall’ingiustizia e dall’oppressione, che non esiste ancora.

La Patria non è un’azienda. Come una famiglia deve essere amministrata con saggia oculatezza, per il bene di tutti, ma il suo senso e il suo fine non sono quelli di un’azienda. Dire «azienda Italia» è come definire l’amore un esercizio di ginnastica; è una gaffe che, per fortuna di chi la commette, viene lasciata correre perché, diceva ancora Noventa «la povara Italia sè tanto distrata». Slataper, i fratelli Cervi o i caduti di malga Porzus3 non sono morti per un’azienda. Sono morti per l’Italia – forse, verrebbe da dire guardandosi intorno, per un’Italia civile che, diceva Marin,4 “è solo una nostra esigenza”.”


(Claudio Magris, Un’idea di patria (senza retorica), in “Corriere della Sera”, 2 giugno 2002)

LEGGI E COMPRENDI

1 Secondo Claudio Magris, perché nazionalismo e municipalismo sono egualmente antipatriottici?


2 È possibile, nella concezione di patria proposta dall’autore, l’esistenza di Stati plurinazionali?

Rifletti, scrivi, sostieni

3 Il termine “sovranità” costituisce un concetto chiave della democrazia politica, non a caso evidenziato dall’art. 1 della nostra Costituzione. Personalità importanti della società italiana auspicano oggi una sempre più stretta collaborazione e integrazione del nostro Stato con l’Unione Europea, ma questa posizione è giudicata da alcuni esponenti politici come una restrizione – quando non una cessione – della nostra sovranità a un’istituzione sovranazionale. Qual è la tua opinione a riguardo? Ritieni che questo processo sia auspicabile e necessario, o che sia da combattere? Discutine in classe.

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento