Pagine di realtà - Un’idea di patria
Educazione CIVICA – Pagine di realtà
Un’idea di patria
“Durante le guerre napoleoniche, un arciduca e generale austriaco aveva esortato i soldati, in un proclama, a combattere per la Patria. La corte imperiale censurò quel proclama, considerandolo sovversivo. La Patria era un pericoloso concetto rivoluzionario, affermato dalla Francia; i soldati austriaci dovevano combattere per la Casa d’Asburgo, per il loro signore. Invero, Maria Teresa e Giuseppe II, i grandissimi sovrani innovatori, avevano sostituito al vecchio ideale famigliare-dinastico quello dello Stato di cui il monarca non è il padrone bensì il primo servitore, ma la grande stagione dell’Illuminismo riformatore era passata, e l’imperatore Francesco, che combatteva contro Napoleone, era un reazionario e, in quanto tale, antipatriottico.
La Patria presuppone cittadini, non sudditi o servi; il tricolore italiano deriva, almeno in parte, da quello della Rivoluzione francese, delle tre grandi parole di libertà, uguaglianza e fraternità. La carica libertaria dell’idea di Patria e di nazione sbandierata dalla Rivoluzione francese fu assai presto pervertita, a cominciare dalla stessa Francia rivoluzionaria che, proclamandone l’universalità, pretese di esserne l’incarnazione.
L’amor di Patria è presto degenerato in aggressiva negazione delle Patrie altrui; il principio di nazionalità si è spesso scisso dai movimenti liberali cui era inizialmente unito, e si è degradato in nazionalismo, che ha infiammato le masse, scatenato violenze – che ai nostri giorni rinascono con criminosa imbecillità – e favorito la mobilitazione totalitaria dei popoli e i regimi dittatoriali.
Strumentalizzato o vilipeso, involontariamente ridicolizzato dalla retorica patriottarda o irriso con petulanza ideologica, il giusto senso di Patria è minacciato dalla sua abietta caricatura nazionalista e dalla puberale regressione particolaristica a presunte radici etniche, dal micronazionalismo di campanile incapace di vedere il paese vicino e il mondo. L’idea corretta di nazione ha un respiro universale, e l’idea di una peculiarità in cui si realizza, come in molte altre, l’umanità. Herder, il grande scrittore illuminista e preromantico tedesco, vedeva l’umanità come un grande albero, di cui le nazioni erano i rami, le foglie, i fiori e i frutti, ognuno con la sua necessaria e feconda diversità, ma anche necessario agli altri, come ogni voce in un coro ben intonato. La particolarità – ha scritto Predrag Matvejević,1 opponendosi al delirio del nazionalismo etnico – non è ancora un valore; è la premessa del valore, che si realizza nel superamento di ogni immediatezza e di ogni idolatrico feticismo dell’identità. L’Italia di Mazzini è una Patria, l’amore per la quale è inseparabile da quello per l’Europa e per l’umanità.
Il nazionalismo e il municipalismo sono egualmente antipatriottici perché sono entrambi particolaristici, ringhiosamente chiusi e ottusi, incapaci di pensare e sentire all’ingrande, in termini universali. L’autentico patriottismo sa trascendersi: Miłosz, il grande poeta polacco, ricorda il dovere di difendere la propria nazione quando essa è minacciata, ma di impedire che questo valore venga assolutizzato e diventi dominante, facendo scordare quelli più alti, universali-umani.
Anche la famiglia è un valore se, nella sua piccola cerchia, apre l’individuo al senso grande del comune destino degli uomini; se invece si chiude in una livida e linda grettezza egoistica, non è più la culla ma la repressione dell’universale-umano, un pannolino igienico che non ci si toglie mai e che impedisce di crescere e di amare.
[…]
Dante diceva che a furia di bere l’acqua dell’Arno aveva appreso ad amare fortemente Firenze, ma aggiungeva che la nostra Patria è il mondo, come il mare per i pesci. Quelle due acque, il fiume casalingo e l’Oceano universale, si integrano a vicenda; la Patria è questo legame fra la particolarità del luogo natio e l’orizzonte del mondo.
Noventa2 scrive le sue grandi poesie in dialetto non certo per rifiutare l’italiano, ma perché quel linguaggio, in quel momento, è il suo spontaneo modo di essere. Le autorità locali che usano artificiosamente il dialetto in modo reattivo, per far dispetto alla fascia tricolore, oltraggiano non il tricolore, ma il dialetto degradato a pacchiano e bizzoso folclore.
La Patria non si identifica necessariamente con una nazione. Sono esistiti ed esistono Stati plurinazionali, che garantiscono le diversità in cui gli individui e le diverse comunità si riconoscono e trovano una dimora abituale nella vita, una realtà in cui sentirsi a casa nel mondo.
La lingua tedesca contrappone all’aggressivo Vaterland la Heimat, la Patria intesa quale casa natale – quella casa natale, diceva l’immaginoso marxista Ernst Bloch, in cui nessuno è ancora veramente stato, perché la vera Patria, la vera casa natale della vita è un mondo liberato dall’ingiustizia e dall’oppressione, che non esiste ancora.
La Patria non è un’azienda. Come una famiglia deve essere amministrata con saggia oculatezza, per il bene di tutti, ma il suo senso e il suo fine non sono quelli di un’azienda. Dire «azienda Italia» è come definire l’amore un esercizio di ginnastica; è una gaffe che, per fortuna di chi la commette, viene lasciata correre perché, diceva ancora Noventa «la povara Italia sè tanto distrata». Slataper, i fratelli Cervi o i caduti di malga Porzus3 non sono morti per un’azienda. Sono morti per l’Italia – forse, verrebbe da dire guardandosi intorno, per un’Italia civile che, diceva Marin,4 “è solo una nostra esigenza”.”
(Claudio Magris, Un’idea di patria (senza retorica), in “Corriere della Sera”, 2 giugno 2002)
LEGGI E COMPRENDI
1 Secondo Claudio Magris, perché nazionalismo e municipalismo sono egualmente antipatriottici?
2 È possibile, nella concezione di patria proposta dall’autore, l’esistenza di Stati plurinazionali?
Rifletti, scrivi, sostieni
3 Il termine “sovranità” costituisce un concetto chiave della democrazia politica, non a caso evidenziato dall’art. 1 della nostra Costituzione. Personalità importanti della società italiana auspicano oggi una sempre più stretta collaborazione e integrazione del nostro Stato con l’Unione Europea, ma questa posizione è giudicata da alcuni esponenti politici come una restrizione – quando non una cessione – della nostra sovranità a un’istituzione sovranazionale. Qual è la tua opinione a riguardo? Ritieni che questo processo sia auspicabile e necessario, o che sia da combattere? Discutine in classe.
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento