«Pur troppo!», disse Federigo, «tale è la misera e terribile nostra condizione.
Dobbiamo esigere rigorosamente dagli altri quello che Dio sa se noi saremmo
pronti a dare: dobbiamo giudicare, correggere, riprendere; e Dio sa quel che faremmo
40 noi nel caso stesso, quel che abbiam fatto in casi somiglianti! Ma guai s’io
dovessi prender la mia debolezza per misura del dovere altrui, per norma del mio
insegnamento! Eppure è certo che, insieme con le dottrine, io devo dare agli altri
l’esempio, non rendermi simile al dottor della legge, che carica gli altri di pesi che
non posson portare, e che lui non toccherebbe con un dito. Ebbene, figliuolo e
45 fratello; poiché gli errori di quelli che presiedono, sono spesso più noti agli altri
che a loro; se voi sapete ch’io abbia, per pusillanimità, per qualunque rispetto,5
trascurato qualche mio obbligo, ditemelo francamente, fatemi ravvedere; affinché,
dov’è mancato l’esempio, supplisca almeno la confessione. Rimproveratemi liberamente
le mie debolezze; e allora le parole acquisteranno più valore nella mia
50 bocca, perché sentirete più vivamente, che non son mie, ma di Chi può dare a voi
e a me la forza necessaria per far ciò che prescrivono».
«Oh che sant’uomo! ma che tormento!», pensava don Abbondio: «anche sopra
di sé: purché frughi, rimesti, critichi, inquisisca; anche sopra di sé». Disse poi ad
alta voce: «Oh, monsignore! che mi fa celia?6 Chi non conosce il petto forte, lo
55 zelo imperterrito7 di vossignoria illustrissima?». E tra sé soggiunse: «anche
troppo».
«Io non vi chiedevo una lode, che mi fa tremare», disse Federigo, «perché Dio
conosce i miei mancamenti, e quello che ne conosco anch’io, basta a confondermi.
Ma avrei voluto, vorrei che ci confondessimo insieme davanti a Lui, per confidare
60 insieme. Vorrei, per amor vostro, che intendeste quanto la vostra condotta sia
stata opposta, quanto sia opposto il vostro linguaggio alla legge che pur predicate,
e secondo la quale sarete giudicato».
«Tutto casca addosso a me», disse don Abbondio: «ma queste persone che son
venute a rapportare, non le hanno poi detto d’essersi introdotte in casa mia, a tradimento,
65 per sorprendermi, e per fare un matrimonio contro le regole».
«Me l’hanno detto, figliuolo: ma questo m’accora, questo m’atterra,8 che voi
desideriate ancora di scusarvi; che pensiate di scusarvi, accusando; che prendiate
materia d’accusa da ciò che dovrebb’esser parte della vostra confessione. Chi gli
ha messi, non dico nella necessità, ma nella tentazione di far ciò che hanno fatto?
70 Avrebbero essi cercata quella via irregolare, se la legittima non fosse loro stata
chiusa? pensato a insidiare il pastore, se fossero stati accolti nelle sue braccia,
aiutati, consigliati da lui? a sorprenderlo, se non si fosse nascosto? E a questi voi
date carico?9 e vi sdegnate perché, dopo tante sventure, che dico? nel mezzo della
sventura, abbian detto una parola di sfogo al loro, al vostro pastore? Che il ricorso
75 dell’oppresso, la querela dell’afflitto siano odiosi al mondo, il mondo è tale;10 ma
noi! E che pro sarebbe stato per voi, se avessero taciuto? Vi tornava conto che la
loro causa andasse intera al giudizio di Dio?11 Non è per voi una nuova ragione
d’amar queste persone (e già tante ragioni n’avete), che v’abbian dato occasione di
sentir la voce sincera del vostro vescovo, che v’abbian dato un mezzo di conoscer
80 meglio, e di scontare in parte il gran debito che avete con loro? Ah! se v’avessero
provocato, offeso, tormentato, vi direi (e dovrei io dirvelo?) d’amarli, appunto per
questo. Amateli perché hanno patito, perché patiscono, perché son vostri, perché
son deboli, perché avete bisogno d’un perdono, a ottenervi il quale, pensate di
qual forza possa essere la loro preghiera».