Notizia intorno a Didimo Chierico e gli altri scritti

Notizia intorno a Didimo Chierico e gli altri scritti

Notizia intorno a Didimo Chierico

Nel 1813 Foscolo pubblica un’opera dello scrittore inglese Laurence Sterne (1713-1768), il Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l’Italia (1768). La traduzione del testo viene attribuita a un personaggio d’invenzione, un certo Didimo Chierico, che acquista nell’opera una fisionomia autonoma. In un’appendice intitolata appunto Notizia intorno a Didimo Chierico, se ne fornisce un ritratto e si racconta come sarebbe entrato in contatto con l’autore. Foscolo riferisce che nel 1805, quando, militare, era di stanza a Calais, Didimo gli avrebbe consegnato le pagine della traduzione: si tratta di un espediente spesso usato in letteratura, quello del “manoscritto inesistente”, adottato tra gli altri da Cervantes e Manzoni, anche se qui non è il testo a essere inventato, ma piuttosto il traduttore stesso.

Didimo Chierico assume un rilievo speciale: è, sì, una figura di fantasia (il nome Didimo, che in greco significa “gemello”, è quello di un grammatico di età augustea, mentre l’appellativo Chierico è quello dei chierici vaganti, gli intellettuali del Medioevo), ma diventa una sorta di autoritratto ideale, del tutto opposto al precedente alter ego costituito da Jacopo Ortis.

Il modello del nuovo ritratto di sé è fornito a Foscolo dalla figura dello stesso Sterne, elegante, distaccata, ironica: un brillante abate settecentesco, raffinato e pungente, saggio e galante, quanto di più lontano dalla febbrile e disperata amarezza di Jacopo. I due personaggi sono uniti, tuttavia, dalla dimensione del disinganno, anche se Ortis, una volta scoperto il vero volto della realtà, ne resta fatalmente condannato, mentre Didimo, avendo capito come va il mondo, ha deciso di sorriderne.

Al termine della Notizia che lo riguarda, Foscolo fa dire a Didimo Chierico che non vorrà «né più leggere né più scrivere». Il suo atteggiamento distaccato lo induce a rinchiudersi in un freddo scetticismo. Non crede più in niente, nemmeno nei valori della letteratura e della poesia, e intende lasciare di sé unicamente un breve epitaffio.

Ipercalisse e Ragguaglio

Foscolo si serve nuovamente di Didimo Chierico e gli attribuisce un’altra opera che, composta già quasi per intero nel 1810, viene pubblicata durante il soggiorno in Svizzera, fra il 1815 e il 1816. È l’Hypercalypseos liber singularis (Libro unico dell’Ipercalisse), un testo che riprende la tradizione della satira latina, e proprio in latino è scritto, con intenti provocatori.

Lo stile si ispira a quello dei profeti biblici – Ipercalisse allude chiaramente ad Apocalisse – e il bersaglio della polemica è l’ambiente asfittico, invidioso e malevolo dei letterati nella Milano napoleonica, che Didimo chiama, con evidente disprezzo, «Babilonia minima». Nell’opera trovano posto i livori e i risentimenti che Foscolo aveva accumulato nei suoi difficili contatti con le cerchie intellettuali contro cui si accanisce anche in un’altra prosa satirica, il Ragguaglio d’un’adunanza dell’Accademia de’ Pitagorici (1810). Sono scritti minori, ma svelano un altro aspetto del loro autore, quello umoristico, frivolo e mondano, che fa parte anch’esso di una figura letteraria poliedrica com’è quella di Foscolo.

Le tragedie

L’interesse di Foscolo per il teatro tragico, rinverdito nella seconda metà del Settecento dall’opera di Alfieri, è testimoniato da 3 tragedie in endecasillabi sciolti scritte in periodi diversi della sua carriera letteraria.

Composto nel 1795 è il Tieste, che si basa sul mito di Atreo, il re di Argo la cui moglie Erope viene sedotta dal fratello di lui, Tieste, con il quale concepisce un figlio: Atreo si vendicherà uccidendo il bambino e offrendogliene le carni in un banchetto. Il mito è ripreso da Foscolo in chiave attualizzante, con riferimento alle condizioni politiche italiane: Atreo rappresenta la spietatezza della tirannia, Tieste il giovane appassionato che anela alla libertà.

Nel 1810 Foscolo inizia a scrivere la tragedia Aiace, modellata sull’omonima opera di Sofocle: il protagonista è un eroe libero e nobile (Aiace), nemico dell’autoritarismo e ribelle a ogni tirannia (incarnata da Agamennone, nel quale i contemporanei videro una raffigurazione di Napoleone).

Terminata e rappresentata a Bologna nel 1813 è, infine, la Ricciarda, storia di un amore sincero impedito da un principe assassino, sullo sfondo di un Medioevo cupo e sanguinario.

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Lettere e saggi

Un posto importante fra gli scritti in prosa spetta anche alle lettere: quelle private, personali, che compongono il ricchissimo epistolario, e quelle destinate alla pubblicazione, come le Lettere scritte dall’Inghilterra (riunite fra il 1817 e il 1818) o Gazzettino del bel mondo, cronache, impressioni e giudizi sulla letteratura e sul costume, scritti durante il soggiorno inglese e a cui Foscolo ha voluto dare una forma epistolare.

La produzione critica foscoliana comprende fra l’altro saggi e articoli su Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, nonché alcuni interventi storico-teorici come la prolusione, ossia il discorso inaugurale, al corso universitario tenuto a Pavia, Dell’origine e dell’ufficio della letteratura (1809), e l’orazione Sull’origine e i limiti della giustizia (1825).

T16

Didimo, l’uomo senza illusioni

Notizia intorno a Didimo Chierico, 14

Tra i 16 paragrafi che descrivono il carattere di Didimo, questo mette in luce in particolare il suo rapporto con il mondo, improntato ormai a un calibrato e saggio equilibrio, raggiunto dopo le intemperanze della giovinezza.

Insomma pareva uomo che essendosi in gioventù lasciato governare dall’indole
sua naturale,1 s’accomodasse, ma senza fidarsene, alla prudenza mondana.2 E forse
aveva più amore che stima per gli uomini; però3 non era orgoglioso né umile.
Parea verecondo,4 perché non era né ricco né povero. Forse non era avido né ambizioso,
5      perciò parea libero. Quanto all’ingegno, non credo che la natura l’avesse
moltissimo prediletto, né poco. Ma l’aveva temprato in guisa da non potersi imbevere
degli altrui insegnamenti;5 e quel tanto che produceva da sé, aveva certa
novità che allettava, e la primitiva ruvidezza6 che offende. Quindi derivava in esso
per avventura7 quell’esprimere in modo tutto suo le cose comuni;8 e la propensione
10    di censurare9 i metodi delle nostre scuole. Inoltre sembravami,10 ch’egli sentisse
non so qual dissonanza11 nell’armonia delle cose del mondo: non però lo diceva.12
Dalla sua operetta greca13 si desume quanto meritatamente egli si vergognasse della
sua giovanile intolleranza. Ma pareva, quando io lo vidi, più disingannato che
rinsavito; e che senza dar noia agli altri, se ne andasse quietissimo e sicuro di sé
10    medesimo per la sua strada, e sostandosi spesso, quasi avesse più a cuore di non
deviare, che di toccare la meta. Queste a ogni modo sono tutte mie congetture.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Chi è, anzitutto, Didimo? Di sé egli dice di essersi un tempo lasciato governare dall’indole sua naturale (rr. 1-2), ma di obbedire oggi unicamente alla prudenza mondana (r. 2), che gli impone quella disciplina interiore indispensabile per attenuare, almeno in apparenza, le asperità del suo carattere e rendersi gradito alla società. Non odia gli uomini, ma non può nemmeno stimarli; è autentico, perché non è né ricco né povero (r. 4). E soprattutto riesce a mantenersi libero, perché né l’ambizione né l’avidità arrivano a possedere il suo animo e a ridurlo in schiavitù. Un esempio di aurea mediocritas oraziana? No, probabilmente si tratta di altro: un modello di equilibrio nell’equidistanza dai sistemi del potere come dalle brame comuni, che rendono ogni individuo prigioniero, e, allo stesso tempo, l’espressione di un’intelligenza che guarda con buon senso alle cose del mondo, sa rinunciare all’intransigenza degli ideali astratti e adattarsi alle necessità più concrete dell’esistenza.

Le scelte stilistiche

La prosa della Notizia intorno a Didimo Chierico è pacata e armonica. Precisa, leggera, penetrante, ha un andamento tipicamente illuministico, con in più una tendenza dubitativa (E forse, rr. 2-3; Parea, r. 3; non credo, r. 5; sembravami, r. 10; fino al finale sono tutte mie congetture, r. 16), mediante la quale Foscolo manifesta una cautela del tutto simile a quella della sua controfigura ritratta. Così – come del resto accade sempre nella produzione foscoliana – lo stile della Notizia è lo specchio dell’anima del protagonista: alla convulsa e spontanea irregolarità della scrittura di Ortis, riflesso della sua alterazione emotiva, qui subentra una forma paziente, sorvegliata e concisa, più adatta a esprimere lo sguardo distaccato che Didimo imprime su tutto ciò che lo circonda.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

Traccia un breve ritratto di Didimo.

Analizzare

Descrivi la sintassi del brano. Prevale la paratassi o l’ipotassi? Con quali mezzi Foscolo la sviluppa, e con quale funzione espressiva?


3 Pareva […] più disingannato che rinsavito (rr. 13-14). Individua le espressioni presenti nel brano che si riferiscono a Didimo “disingannato” e quelle che rimandano alla condizione di “rinsavito”.

Interpretare

Spiega il significato della frase non era avido né ambizioso, perciò parea libero (rr. 4-5).

scrivere per...

descrivere

Foscolo tratteggia un efficace ritratto psicologico di Didimo. Sul suo esempio, scrivi un testo espositivo di circa 20 righe in cui fornisci la descrizione psicologica e morale di un tuo amico.

Dibattito in classe

6 Didimo è dipinto come un uomo che dopo le intemperanze giovanili è diventato più quieto e prudente, anche se forse non del tutto. È questo un percorso tipico del passaggio dalla giovinezza alla maturità, ma è proprio inevitabile “nascere incendiari e morire pompieri”? Discutine in classe.

Il magnifico viaggio - volume 4
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Il primo Ottocento